Introduzione
Lo studio del potere mondiale è stato rovinato dagli storici eurocentrici che hanno distorto ed ignorato il ruolo dominante svolto dalla Cina nell’economia mondiale tra il 1100 ed il 1800. Il brillante studio storico sull’economia mondiale di quel periodo realizzato da John Hobson fornisce una grande varietà di dati empirici che portano avanti l’idea della superiorità economica e tecnologica della Cina rispetto alla civiltà occidentale per la maggior parte di un millennio, prima della sua conquista e declino nel XIX secolo.1
La rinascita della Cina come potenza economica mondiale pone questioni decisive su cosa si possa imparare dalla sua ascesa e caduta e sulle minacce esterne ed interne con cui deve fare i conti questa superpotenza economica emergente nell’immediato futuro.
Inizialmente, in questo articolo verranno delineati i contorni principali dell’ascesa storica della Cina alla supremazia economica rispetto all’Occidente prima del XIX secolo, seguendo da vicino il racconto di John Hobson in The Eastern Origins of Western Civilization. Poiché la maggior parte degli economisti storici occidentali (liberali, conservatori e marxisti) hanno descritto la Cina storica come una società stagnante, arretrata e provinciale, in una sorta di “dispotismo orientale”, alcune azioni correttive dettagliate sono considerate necessarie. É particolarmente importante sottolineare come la Cina, la maggiore potenza tecnologica mondiale tra il 1100 ed il 1800, ha reso possibile l’affermazione dell’Occidente. E’ stato solo prendendo in prestito ed assimilando le innovazioni cinesi che l’Occidente è stato in grado di effettuare la transizione verso moderne economie capitaliste ed imperialiste.
Nella seconda parte dell’articolo verranno analizzati e discussi i fattori e le circostanze che portarono al declino della Cina nel XIX secolo e alla sua successiva dominazione, sfruttamento e depredazione da parte degli Stati occidentali imperialisti, l’Inghilterra prima ed il resto d’Europa, il Giappone e gli Stati Uniti d’America poi.
Nella terza parte dell’articolo, verranno brevemente delineati i fattori che portarono all’emancipazione della Cina dal dominio coloniale e neo-coloniale e verrà analizzata la sua recente ascesa a seconda potenza economica globale.
Infine, verranno considerate le minacce passate e presenti all’ascesa della Cina a potenza economica globale, evidenziando le somiglianze tra il colonialismo britannico tra il XVIII ed il XIX secolo e le attuali strategie imperialiste statunitensi, concentrandosi sui punti di forza e di debolezza delle risposte cinesi passate ed attuali.
Cina: l’ascesa ed il consolidamento del potere globale (1100-1800)2
In uno stile comparativo sistematico, John Hobson fornisce una ricchezza di indicatori empirici che dimostrano la superiorità economica globale della Cina sull’Occidente, in particolare nei confronti dell’Inghilterra. Di seguito vengono riportati alcuni fatti impressionanti a favore di questa ipotesi3:
- fin dal 1078 la Cina era il maggior produttore mondiale d’acciaio con 125.000 tonnellate, mentre nel 1788 la Gran Bretagna ne produceva 76.000 tonnellate. La Cina era il leader mondiale nelle innovazioni tecniche nel settore manifatturiero tessile, sette secoli prima della “rivoluzione tessile” inglese del XVIII secolo;
- la Cina era la nazione leader nei commerci. I suoi commerci a lunga distanza raggiungevano la maggior parte dell’Asia, del Medio Oriente e dell’Europa. La “rivoluzione agricola” cinese e la sua produttività superarono l’Occidente fino al XVIII secolo;
- le sue innovazioni nella produzione della carta, di libri stampati, di armi da fuoco e di altri strumenti portò ad una superpotenza manifatturiera, le cui merci venivano trasportate per tutto il mondo attraverso il più avanzato sistema di navigazione;
- la Cina possedeva le più grandi navi commerciali al mondo. Nel 1588, le maggiori navi inglesi dislocavano 400 tonnellate mentre quelle cinesi ne dislocavano 3.000. Addirittura, fino alla fine del XVIII secolo i mercanti impiegati nelle navi da trasporto private erano 130.000, molte volte di più di quelli britannici. La Cina detenne questa posizione preminente nell’economia mondiale fino all’inizio del XIX secolo;
- i produttori britannici ed europei seguirono il modello cinese, assimilandone e prendendone in prestito la tecnologia più avanzata, desiderosi di penetrare il redditizio mercato cinese all’avanguardia;
- grazie al suo sistema bancario, ad una stabile economia, alla produzione e ai grandi guadagni in agricoltura, il reddito pro-capite cinese corrispondeva a quello della Gran Bretagna ancora nel 1750;
- la posizione dominante della Cina fu sfidata dall’ascesa dell’imperialismo britannico, che adottò le innovazioni della Cina e di altri paesi asiatici nel campo della tecnologia avanzata, del sistema di navigazione e del mercato, aggirando così i primi passaggi nell’ascesa a potenza mondiale2
L’imperialismo occidentale ed il declino della Cina
La conquista imperiale britannica ed occidentale dell’Oriente si è basata sulla natura militarista dello Stato imperiale, sulle sue relazioni economiche non reciproche con i paesi commerciali d’Oltreoceano e sull’ideologia imperiale occidentale che ha motivato e giustificato questa conquista.
A differenza della Cina, la rivoluzione industriale britannica e la sua espansione oltreoceano furono trainate da una politica militare. Secondo Hobson, durante il periodo 1688-1815 la Gran Bretagna era impegnata in guerre per il 52% del tempo3. Mentre i cinesi contavano sui loro mercati aperti, sulla loro produzione superiore e sulle sofisticate competenze commerciali e bancarie, gli inglesi facevano affidamento sulla protezione tariffaria, sulla conquista militare e sulla sistematica distruzione della competitività delle imprese d’oltreoceano, nonché dell’appropriazione e saccheggio delle risorse locali. Il predominio globale cinese si basava sui “vantaggi reciproci” con i partner commerciali, mentre la Gran Bretagna poteva contare su eserciti mercenari di occupazione, sulla repressione selvaggia e su una politica di divide et impera per fomentare le rivalità locali. Di fronte alla resistenza posta dai nativi, i britannici (così come altre potenze imperiali occidentali) non esitarono a sterminare intere comunità4.
Incapace di prendere il posto del mercato cinese attraverso una maggiore competitività economica, l’Inghilterra basava la propria forza su un brutale potere militare. Ha mobilitato, armato e guidato mercenari prelevati dalle sue colonie in India e altrove, per forzare le esportazioni ed imporre alla Cina trattati impari per abbassare le tariffe. Di conseguenza la Cina è stata inondata di oppio britannico prodotto nelle sue piantagioni in India, nonostante le leggi cinesi vietassero o disciplinassero le importazioni e la vendita di narcotici. I governanti cinesi, a lungo abituati alla propria superiorità produttiva e ai propri canali commerciali, erano impreparati al “nuovo dominio imperiale” per la conquista del potere globale. La sollecitudine occidentale nell’uso del potere militare per accaparrarsi colonie, i saccheggi e il reclutamento di enormi eserciti mercenari comandati da ufficiali europei, segnò la fine della Cina come potenza mondiale.
La Cina aveva basato il suo predominio economico sulla “non-interferenza negli affari interni dei propri partner commerciali”. Al contrario, gli imperialisti britannici intervennero violentemente in Asia riorganizzando le economie locali per soddisfare le esigenze dell’impero (eliminando concorrenti economici, compresi i più efficienti produttori di cotone indiani) e presero il controllo degli apparati politici, economici ed amministrativi locali per stabilire lo Stato coloniale.
L’impero britannico è stato costruito con le risorse sequestrate dalle colonie attraverso la militarizzazione massiccia della sua economia5. Così l’impero britannico è riuscito a garantire la sua supremazia militare sulla Cina. La politica estera cinese venne ostacolata dall’eccessiva dipendenza della sua classe dirigente dalle relazioni commerciali. I funzionari cinesi e le élite mercantili cercarono di placare gli inglesi e convinsero l’imperatore a concedere devastanti concessioni extra-territoriali, aprendo i mercati a scapito dei produttori cinesi e allo stesso tempo cedendo sovranità locale. Come sempre, gli inglesi fomentarono le rivalità interne e le rivolte, che destabilizzarono ulteriormente il paese.
La penetrazione e la colonizzazione occidentale e britannica del mercato cinese crearono una classe completamente nuova: i ricchi “compradores” cinesi che importavano le merci britanniche e facilitavano l’acquisizione di mercati locali e di risorse. Il saccheggio imperialista costrinse ad un maggior sfruttamento e ad una tassazione della grande massa di contadini e operai cinesi. I governanti della Cina furono obbligati a pagare i debiti di guerra e a finanziare i deficit commerciali imposti dalle potenze imperiali occidentali schiacciando i contadini. Questo spinse i contadini alla fame e alla rivolta.
All’inizio del XX secolo (meno di un secolo dopo le Guerre dell’Oppio), la Cina discese da potenza economica mondiale a paese semi-coloniale dilaniato e con un’enorme popolazione di indigenti. I porti principali erano controllati da funzionari imperiali occidentali e la campagna era soggetta al dominio di signori della guerra corrotti e brutali. L’oppio britannico schiavizzò milioni di persone.
Gli studiosi britannici: eloquenti apologeti della conquista imperiale
L’intera professione accademica occidentale, ed in primo luogo gli storici imperiali britannici, attribuirono il dominio imperiale britannico in Asia alla “superiorità tecnologica” inglese, alla miseria della Cina e allo status coloniale di “arretratezza orientale”, omettendo qualsiasi accenno al millennio di progresso e superiorità commerciale e tecnica cinese fino all’alba del XIX secolo. Alla fine del 1920, con l’invasione imperiale giapponese, la Cina cessò di esistere come Stato unificato. Sotto il tallone del dominio imperiale, centinaia di milioni di cinesi soffrirono la fame, vennero espropriati o massacrati e l’economia cinese venne saccheggiata ad opera delle potenze occidentali e del Giappone. L’intera élite collaboratrice dei compradores venne screditata davanti al popolo cinese.
Quello che è rimasto nella memoria collettiva della grande massa di cinesi, ed è totalmente assente nei resoconti di prestigiosi accademici britannici e statunitensi, è il senso della Cina come potenza mondiale di spicco che una volta fu prospera e dinamica. I commentatori occidentali hanno respinto questa memoria collettiva dell’ascesa cinese attraverso pretese assurde e prive di diritto da arroganti padroni nostalgici.
L’ascesa della Cina dalle ceneri del saccheggio e dell’umiliazione imperiale: la Rivoluzione comunista
L’ascesa della Cina moderna a seconda economia del mondo è stata resa possibile solo attraverso il successo delle Rivoluzione comunista cinese avvenuta alla metà del XX secolo. L’esercito “rosso” di liberazione popolare sconfisse prima l’invasione dell’esercito imperiale giapponese e poi i compradores sostenuti dagli USA dell’esercito “nazionalista” del Kuomintang. Questo permise la riunificazione della Cina come Stato sovrano ed indipendente. Il governo comunista abolì i privilegi extra-territoriali degli imperialisti occidentali, pose fine al signoraggio nei territori feudali ad opera di signori della guerra e gangster regionali, scacciò i proprietari milionari di bordelli, i trafficanti di donne e narcotici, così come gli altri “fornitori di servizi” all’impero euro-americano.
In ogni senso della parola, la Rivoluzione comunista ha forgiato il moderno Stato cinese. I nuovi leader hanno poi continuato a ricostruire un’economia devastata dalle guerre imperiali e saccheggiata dai capitalisti occidentali e giapponesi. Dopo oltre 150 anni di infamia ed umiliazione, il popolo cinese ha recuperato il proprio orgoglio e dignità nazionale. Questi elementi socio-psicologici sono stati essenziali nel motivare i cinesi per difendere il loro paese dagli attacchi, sabotaggi, boicottaggi e blocchi statunitensi montati subito dopo la liberazione.
Contrariamente a quanto affermato dagli economisti occidentali e neo-liberali, la crescita dinamica della Cina non cominciò nel 1980. Essa ebbe inizio nel 1950 quando la riforma agraria fornì terra, infrastrutture, crediti e assistenza tecnica alle centinaia di migliaia di contadini indigenti e ai lavoratori rurali privi di terre. Attraverso quello che viene ora chiamato “capitale umano”, la gigantesca mobilitazione sociale, i comunisti costruirono strade, piste d’atterraggio, ponti, canali e ferrovie, così come costruirono le industrie basilari come quelle di carbone, ferro ed acciaio per formare la spina dorsale della moderna economia cinese. I vasti sistemi sanitari e di educazione gratuiti hanno creato una forza lavoro sana, colta e motivata. Il suo esercito altamente professionale ha impedito agli Stati Uniti di estendere il proprio impero militare lungo tutta la penisola coreana fino alle frontiere della Cina. Proprio come gli studiosi ed i propagandisti occidentali del passato hanno inventato la storia di un impero “stagnante e decadente” per giustificare la loro conquista distruttiva, così la loro controparte moderna ha riscritto i primi trent’anni della storia comunista cinese, negando il ruolo della rivoluzione nello sviluppare tutti gli elementi essenziali di un’economia, di uno Stato e di una società moderna. É chiaro che la rapida crescita economica della Cina si è basata sullo sviluppo del suo mercato interno, sui suoi quadri in veloce espansione, su tecnici qualificati e lavoratori nella rete di sicurezza sociale che ha tutelato e promosso la classe operaia e la mobilità dei contadini. Questi sono chiari prodotti della pianificazione e degli investimenti comunisti.
L’ascesa della Cina a potere globale iniziò nel 1949 con la rimozione per intero delle classi parassite finanziarie, dei compradores e degli speculatori che fungevano da intermediari con gli imperialisti europei, giapponesi e statunitensi, ovvero coloro che hanno prosciugato la Cina delle sue grandi ricchezze.
La transizione della Cina al capitalismo
A partire dal 1980 il governo cinese ha iniziato un drammatico cambiamento nella sua strategia economica. Nel corso dei successivi tre decenni ha aperto il paese ad investimenti stranieri su larga scala, ha privatizzato migliaia di industrie e ha messo in funzione un processo di concentrazione del reddito basato su una deliberata strategia volta a ricreare una classe economica dominante di miliardari collegata con i capitalisti d’oltreoceano. La classe politica dominante della Cina ha abbracciato l’idea di “prendere in prestito” il know-how tecnico e di permettere l’accesso ai mercati esteri da parte di aziende straniere in cambio della fornitura di manodopera economica ed abbondante al minor prezzo possibile.
Lo Stato cinese ha reindirizzato i massicci sussidi pubblici alla promozione di alta crescita capitalista attraverso lo smantellamento del proprio sistema nazionale di educazione pubblica e di sanità gratuiti. Ha finito di sovvenzionare l’edilizia residenziale pubblica per milioni di contadini e di operai di aziende urbane, fornendo fondi agli speculatori immobiliari per la costruzione di appartamenti privati di lusso e di grattacieli per uffici. La nuova strategia capitalista cinese così come la sua crescita a due cifre si è basata sui profondi cambiamenti strutturali e sui massicci investimenti pubblici resi possibili dal precedente governo comunista. Il decollo del settore privato cinese si è basato sulle ingenti spese pubbliche sostenute dal 1949.
La trionfante nuova classe capitalista cinese ed i suoi collaboratori occidentali hanno rivendicato tutti i crediti per questo “miracolo economico” della Cina cresciuta fino a diventare la seconda maggiore potenza economica mondiale. Questa nuova élite cinese è stata meno zelante nell’annunciare il suo status a livello internazionale in termini di brutali diseguaglianze di classe che possono competere solo con quelle degli Stati Uniti.
Cina: dalla dipendenza imperiale a concorrente di prima classe
La crescita prolungata della Cina nel proprio settore manifatturiero è il risultato di investimenti pubblici altamente concentrati, di alti profitti, di innovazioni tecnologiche e di un mercato domestico protetto. Mentre il capitale straniero ne traeva profitto, la crescita è sempre avvenuta nel rispetto delle priorità e delle norme dello Stato cinese. La dinamica del regime, “la strategia d’esportazione”, ha portato ad enormi eccedenze commerciali che alla fine hanno reso la Cina una dei più grandi creditori del mondo, soprattutto del debito statunitense. Al fine di mantenere le sue industrie dinamiche, la Cina ha richiesto enormi flussi di materie prime con conseguenti investimenti esteri su larga scala e accordi commerciali con paesi di esportazione agro-minerale in Africa e in America Latina. Nel 2010 la Cina ha rimpiazzato gli Stati Uniti e l’Europa come maggiore partner commerciale di molti paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina.
L’ascesa al potere economico mondiale della Cina moderna, come la precedente tra il 1100 ed il 1800, è basata sulla sua gigantesca capacità produttiva. I commerci e gli investimenti erano e sono governati da una politica di rigida non interferenza nelle relazioni interne dei partner commerciali. A differenza degli Stati Uniti, la Cina non ha iniziato brutali guerre per il petrolio, ma ha firmato contratti redditizi. Essa non combatte guerre nell’interesse dei cinesi d’oltremare, come gli Stati Uniti hanno fatto in Medio Oriente per Israele.
Lo squilibrio apparente tra il potere economico e militare cinese è in netto contrasto con gli Stati Uniti dove un gonfiato impero militare parassita continua ad erodere la propria presenza economica globale.
La spesa militare statunitense è dodici volte superiore a quella della Cina. Sempre più le forze armate statunitensi giocano un ruolo chiave nel definire la politica di Washington che cerca di sminuire l’ascesa della Cina a potenza globale.
L’ascesa della Cina a potenza mondiale: la storia si ripeterà?
La Cina sta crescendo circa il 9% all’anno e la qualità ed il valore dei suoi prodotti e servizi sono in rapido aumento. Al contrario, gli Stati Uniti e l’Europa sono ristagnate prossime allo 0% di crescita nel periodo 2007-2012. L’innovativo establishment tecnico-scientifico cinese assimila sistematicamente le ultime invenzioni dall’Occidente e dal Giappone e le migliora, riducendone così i costi di produzione. La Cina ha sostituito “le istituzioni finanziarie internazionali” a controllo statunitense ed europeo (l’IMF, la Banca Centrale, la Banca Inter-Americana per lo Sviluppo) come principale prestatore in America Latina. Essa continua a primeggiare come primo paese investitore nelle risorse energetiche e minerarie africane. Inoltre, ha sostituito gli Stati Uniti in qualità di mercato principale per il petrolio saudita, sudanese ed iraniano, e presto rimpiazzerà gli Stati Uniti come mercato principale per i prodotti petroliferi venezuelani. Oggi la Cina è il più grande produttore ed esportatore mondiale, domina persino il mercato statunitense, mentre gioca il ruolo di linea della vita finanziaria detenendo oltre 1,3 miliardi di dollari in titoli del Tesoro degli Stati Uniti.
Sotto la crescente pressione dei suoi operai, allevatori e contadini, i governanti cinesi hanno sviluppato il mercato domestico aumentando i salari e la spesa sociale per riequilibrare l’economia ed evitare lo spettro dell’instabilità sociale. Al contrario, i salari degli Stati Uniti, gli stipendi ed i servizi pubblici essenziaku sono fortemente diminuiti in termini assoluti e relativi.
Date le attuali tendenze storiche, è chiaro che la Cina sostituirà gli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale nel prossimo decennio, se l’impero statunitense non reagirà e se le profonde diseguaglianze sociali della Cina non porteranno ad un considerevole sconvolgimento sociale.
L’ascesa della Cina moderna a potenza globale deve affrontare sfide serie. In contrasto con l’ascesa storica della Cina sulla scena mondiale, la moderna potenza economica globale cinese non è accompagnata da alcuna impresa imperialista. La Cina è gravemente in ritardo rispetto alla capacità aggressiva di fare guerra degli Stati Uniti e dell’Europa. Questo può averle consentito di indirizzare le risorse pubbliche per massimizzare la crescita economica, ma l’ha lasciata vulnerabile alla superiorità militare statunitense in termini di arsenale, di basi e di posizioni strategiche geo-militari a ridosso della costa cinese e dei territori adiacenti.
Nel XIX secolo l’imperialismo britannico ha demolito la posizione globale della Cina con la sua superiorità militare, impossessandosi dei porti cinesi, a causa della dipendanza cinese sulla propria “superiorità mercantile”.
La conquista dell’India, della Birmania e della gran parte dell’Asia permisero all’Inghilterra di stabilire basi coloniali e di reclutare eserciti mercenari locali. Gli inglesi ed i loro alleati mercenari, accerchiarono ed isolarono la Cina ponendo le basi per lo sconvolgimento dei mercati cinesi e per l’imposizione dei termini brutali di scambio commerciale. La presenza armata dell’Impero Britannico dettò le importazioni cinesi (l’oppio contava per il 50% delle esportazioni britanniche nel 1850) indebolendo i vantaggi competitivi della Cina attraverso le politiche tariffarie.
Oggi gli Stati Uniti stanno perseguendo politiche simili. Le pattuglie della flotta navale statunitense controllano le rotte di navigazione commerciali della Cina e le risorse petrolifere off-shore attraverso le basi estere. La Casa Bianca a guida Obama-Clinton si trova nel processo di sviluppo di una risposta militare rapida che comprende le basi in Australia, nelle Filippine ed altrove in Asia. Gli Stati Uniti stanno intensificando gli sforzi per minare gli accessi esteri cinesi alle risorse strategiche mentre sostengono i separatisti “locali” e gli “insorti” in Cina occidentale, Tibet, Sudan, Birmania, Iran, Libia, Siria ed altrove. Gli accordi militari degli Stati Uniti con l’India e l’installazione di un regime fantoccio flessibile in Pakistan hanno fatto avanzare la strategia di isolamento della Cina. Mentre mantiene la sua politica di “sviluppo armonioso” e di “non-interferenza negli affari interni di altri paesi”, la Cina si è fatta da parte quando l’imperialismo militare statunitense ed europeo hanno attaccato una serie di partner commerciali della Cina, invertendo sostanzialmente la sua espansione commerciale pacifica.
La mancanza di una strategia politica ed ideologica capace di proteggere i propri interessi economici all’estero è stato un invito per gli Stati Uniti e la NATO per organizzare regimi ostili alla Cina. L’esempio più lampante è la Libia, dove Stati Uniti e NATO sono intervenuti per rovesciare un governo indipendente governato dal Presidente Gheddafi con cui la Cina aveva firmato degli accordi commerciali e d’investimento multi-miliardari. Il bombardamento NATO delle città, dei porti e delle installazioni petrolifere libiche hanno costretto i cinesi a ritirare i loro 35.000 ingegneri petroliferi e gli operai edili nel giro di pochi giorni. La stessa cosa è accaduta in Sudan dove la Cina ha investito miliardi per sviluppare la sua industria petrolifera. Gli Stati Uniti, Israele e l’Europa hanno armato i ribelli sudanesi del Sud per interrompere il flusso di petrolio e attaccare i lavoratori petroliferi cinesi6. In entrambi i casi, la Cina ha permesso passivamente agli eserciti imperialisti statunitensi ed europei di attaccare i suoi partner commerciali e minare i propri investimenti.
Sotto Mao Tse Tung, la Cina ha avuto un’attiva politica di contrasto all’aggressione imperiale. Ha sostenuto i movimenti rivoluzionari ed i governi indipendenti del Terzo Mondo. La Cina capitalista di oggi non ha un’attiva politica di supporto ai governi o ai movimenti in grado di proteggere il suo commercio bilaterale e gli accordi di investimento. La sua incapacità nell’affrontare la crescente ondata di aggressione militare degli Stati Uniti contro i propri interessi economici è dovuta a profondi problemi strutturali. La politica estera della Cina è plasmata da grandi interessi commerciali, finanziari e manifatturieri, che si affidano al loro “vantaggio economico competitivo” per guadagnare quote di mercato e non hanno comprensione dei fondamenti militari e di sicurezza del potere economico globale. La classe politica cinese è profondamente influenzata da una nuova classe di miliardari, che ha forti legami con fondi azionari occidentali e che ha assorbito acriticamente i valori culturali occidentali. Ciò è dimostrato dalla preferenza di mandare i propri figli a studiare nelle università elitarie negli Stati Uniti ed in Europa. Cercano di “adattarsi all’Cccidente” a qualsiasi prezzo.
Questa mancanza di una visione strategica della costruzione militare dell’impero ha portato i cinesi a non riuscire a rispondere in modo efficace e pertinente ad ogni azione imperialista che mina il loro accesso alle risorse ed ai mercati. Il punto di vista della Cina di privilegiare gli affari potrebbe aver funzionato quando era un attore minore nell’economia mondiale; allora i costruttori dell’impero statunitense avevano inizialmente interpretato “l’apertura capitalista” come una possibilità di prendere facilmente il potere nelle aziende pubbliche cinesi e saccheggiarne l’economia. Tuttavia, quando la Cina (in contrasto con l’ex-URSS) ha deciso di mantenere i controlli sui capitali e di sviluppare una “politica industriale” diretta dallo Stato e calibrata con cura, indirizzando il capitale occidentale ed il trasferimento di tecnologia alle imprese statali, che di fatto avevano penetrato i mercati interni ed esteri degli Stati Uniti, Washington ha cominciato a lamentasi e a parlare di ritorsione.
Le enormi eccedenza commerciali della Cina con gli Stati Uniti hanno provocato a Washington una duplice risposta. Ha venduto enormi quantità di Buoni del Tesoro statunitensi ai cinesi ed ha iniziato una strategia globale per bloccare l’avanzamento della Cina. Dal momento che gli Stati Uniti sono privi di una leva economica per invertire il proprio declino, la strategia di Washington si è basata solo sul suo “vantaggio comparativo”, ovvero la sua superiorità militare basata su un sistema mondiale di basi d’attacco, una rete di regimi satellite d’oltreoceano, procure militari, funzionari di NGO, intellettuali e mercenari armati. Washington si è rivolta al suo vasto apparato di sicurezza per indebolire i partner commerciali della Cina. Washington dipende dai suoi legami di lunga durata con governanti corrotti, dissidenti, giornalisti e magnati dei media, per assicurare la copertura di una potente propaganda, promuovendo allo stesso tempo la sua offensiva militare contro gli interessi esteri della Cina.
La Cina non ha nulla in confronto “all’apparato di sicurezza” statunitense d’oltreoceano perché pratica una politica di “non-interferenza”. Considerando lo stato avanzato dell’offensiva imperiale occidentale, la Cina ha intrapreso solo alcune iniziative diplomatiche, quali il finanziamento di organi di informazione in lingua inglese in modo da presentare il suo punto di vista o l’uso del proprio potere di veto sul Consiglio di Sicurezza dell’ONU per opporsi agli sforzi degli Stati Uniti di rovesciare il regime indipendente di Assad in Siria e contrastare l’imposizione di drastiche sanzioni contro l’Iran. Vengono severamente respinte le domande al vetriolo del Segretario di Stato statunitense Hilary Clinton sulla “legittimità” dello Stato cinese quando ha votato contro la risoluzione ONU promossa dagli Stati Uniti per preparare un attacco sulla Siria7.
Gli strateghi militari cinesi sono consapevoli ed allarmati per la crescente minaccia militare in Cina. Hanno richiesto, con successo, un incremento del 19% annuo della spesa militare nel corso dei prossimi cinque anni (2011-2015)8. Anche con questo aumento, le spese militari della Cina saranno meno di un quinto del budget militare degli Stati Uniti e la Cina non ha basi militari all’estero, in netto contrasto con le oltre 750 degli americani. Le operazioni di intelligence cinesi oltremare sono minime ed inefficaci. Le ambasciate sono gestite da e per ristretti interessi commerciali, tanto da non aver assolutamento compreso la brutale politica della NATO per un cambiamento di regime in Libia.
Ci sono altri due punti di debolezza strutturali che minano l’ascesa della Cina a potenza mondiale. Questo comprende l’intelligencija altamente “occidentalizzata” che ha ingoiato la dottrina economica del libero mercato senza batter ciglio, ignorando la sua economia militarizzata. Questi intellettuali cinesi ripetono a pappagallo la propaganda statunitense delle “virtù democratiche” delle campagne presidenziali da milioni di dollari, sostenendo nel contempo la deregolamentazione finanziaria che avrebbe portato Wall Street ad acquisire banche e risparmi cinesi.
Molti consulenti aziendali e professori universitari cinesi sono stati educati negli Stati Uniti e sono quindi influenzati dai loro legami con gli studiosi americani e con le istituzioni finanziarie internazionali direttamente collegate con Wall Street e con la City di Londra. Hanno prosperato come consulenti ben pagati, ricevendo posizioni di prestigio nelle istituzioni cinesi. Essi identificano la “liberalizzazione dei mercati finanziari” con le “economie avanzate” in grado di approfondire i legami con i mercati globali, anziché come una delle principali fonti dell’attuale crisi finanziaria globale. Questi “intellettuali occidentali” sono come le loro controparti compradores del XIX secolo, le quali hanno sottovalutato o respinto le conseguenze a lungo termine della penetrazione imperiale dell’Europa occidentale. Essi non riescono a capire che la deregolamentazione finanziaria negli Stati Uniti ha affrettato la crisi attuale e la misura in cui essa potrebbe portare ad un’acquisizione occidentale del sistema finanziario cinese, le cui conseguenze ridistribuirebbero i risparmi interni della Cina ad attività improduttive (speculazione immobiliare), accelerando così la crisi finanziaria ed infine indebolendo la posizione globale della Cina.
Questi yuppies cinesi imitano il peggiore degli stili di vita consumistici occidentali. Le loro prospettive politiche sono guidate da questi stili di vita e da identità occidentalizzate che escludono qualsiasi senso di solidarietà con la stessa classe operaia cinese.
C’è una base economica per i sentimenti filo-occidentali della Cina dei neo-compradores. Hanno trasferito miliardi di dollari su conti bancari esteri, hanno acquistato case ed appartamenti di lusso a Londra, Toronto, Los Angeles, Manhattan, Parigi, Hong Kong e Singapore. Hanno un piede in Cina (la fonte della loro ricchezza) e l’altro nell’Occidente (dove consumano e nascondono la loro ricchezza).
I compradores occidentalizzati sono profondamente radicati nel sistema economico cinese avendo legami familiari con la leadership politica nell’apparato di partito e nello Stato. Le loro conoscenze sono più deboli nelle forze armate e nei crescenti movimenti sociali, anche se alcuni studenti “dissidenti” e attivisti universitari nei “movimenti democratici” sono sostenuti dalle NGO degli imperiali occidentali. Nella misura in cui i compradores acquisiscono influenza, essi stessi indeboliscono le forti istituzioni economiche statali che hanno portato all’ascesa della Cina a potenza globale, proprio come accadde nel XIX secolo quando essi si improvvisarono intermediari dell’Impero Britannico. Annunciando il “liberismo” del XIX secolo, l’oppio inglese rese dipendenti oltre 50 milioni di cinesi in meno di una decade. L’ascesa a potenza economica globale della Cina diretta dall’élite ha prodotto diseguaglianze monumentali tra le migliaia di nuovi miliardari e multi-milionari, ed ha impoverito centinaia di milioni di operai, contadini e lavoratori migranti in fondo alla scala sociale cinese.
Il rapido accumulo di ricchezze e capitali è stato reso possibile attraverso l’intenso sfruttamento dei suoi lavoratori che sono stati spogliati della rete di sicurezza sociale, delle condizioni di lavoro regolate, garantite in precedenza sotto il comunismo. Milioni di famiglie cinesi sono state espropriate per promuovere gli sviluppatori/speculatori immobiliari che costruiscono grattacieli per uffici ed appartamenti di lusso per l’élite interna ed estera. Queste caratteristiche brutali del capitalismo cinese in ascesa, hanno creato una fusione di lotta di massa tra posto di lavoro e spazio abitabile che sta crescendo di anno in anno. Gli slogan dei sviluppatori/speculatori, quali “diventare ricchi è meraviglioso”, hanno perso il loro potere di ingannare il popolo. Nel 2011 c’erano più di 200.000 fabbriche urbane costiere popolari e villaggi rurali. Il passo successivo che sta per avvenire sarà l’unificazione di queste lotte in nuovi movimenti sociali nazionali, con un’agenda basata sulle classi, che richiede il ripristino dei servizi sanitari ed educativi di cui tutti godevano sotto i comunisti, nonché una quota maggiore della ricchezza della Cina. L’attuale richiesta di aumenti salariali può rivolgersi ad esigenze di una maggiore democrazia sul posto di lavoro. Per rispondere alle richieste popolari i nuovi compradores occidentalizzati liberali della Cina non possono puntare verso il loro “modello” dell’impero statunitense, dove i lavoratori americani sono sul punto di venire spogliati degli stessi benefici che gli operai cinesi stanno lottando per riconquistare.
Lacerata dall’approfondimento dei conflitti politici e di classe, la Cina non può sostenere una spinta verso la leadership economica globale. L’élite cinese non può affrontare la crescita dell’impero militare globale degli Stati Uniti con i suoi alleati compradores tra l’élite liberale interna, mentre il paese è una società profondamente divisa con una classe operaia sempre più ostile. Il tempo sfrenato dello sfruttamento del lavoro in Cina deve finire per affrontare l’accerchiamento militare della Cina da parte delle forze armate americane e la disgregazione economica dei suoi mercati esteri.
La Cina possiede enormi risorse. Con oltre 1,5 migliaia di miliardi di dollari di riserve, essa è in grado di finanziarie un ampio programma sanitario ed educativo in tutto il paese. Può inoltre permettersi un intensivo “programma di edilizia popolare” per i 250 milioni di lavoratori migranti che attualmente vivono nello squallore urbano. Essa può imporre un sistema di imposte progressive sul reddito dei suoi nuovi miliardari e milionari, finanziando così le cooperative familiari di piccoli agricoltori e le industrie rurali per riequilibrare l’economia. Il loro programma nello sviluppo di risorse energetiche alternative, quali i pannelli solari ed i parchi eolici, un inizio promettente per affrontare il grave inquinamento ambientale. La degradazione dell’ambiente e i connessi aspetti sanitari hanno già attirato la preoccupazione di decine di migliaia di persone. In definitiva, la miglior difesa della Cina contro l’invasione imperiale è un regime stabile basato sulla giustizia sociale per centinaia di milioni di persone ed una politica estera di sostegno ai movimenti ed ai regimi antimperialisti, la cui indipendenza è nell’interesse vitale della Cina. Ciò che serve è una politica pro-attiva basata su joint-venture reciprocamente vantaggiose, azioni di solidarietà militare e diplomatica incluse. Già un piccolo ma influente gruppo di intellettuali cinesi hanno sollevato la questione della crescente minaccia militare statunitense e stanno “dicendo no alla diplomazia delle cannoniere”9.
La Cina moderna ha molte risorse ed opportunità delle quali non disponeva nel XIX secolo quando venne soggiogata dall’Impero Britannico. Se gli Stati Uniti continueranno ad intensificare le loro politiche militari aggressive conto la Cina, Pechino può scatenare una crisi finanziaria rivendendo sottocosto alcune delle centinaia di milioni di dollari in Buoni del Tesoro statunitensi. La Cina è una potenza nucleare che dovrebbe aiutare il suo vicino allo stesso modo armato e minacciato, la Russia, per affrontare e confondere le sparate bellicose del Segretario di Stato americano Hilary Clinton. Il Presidente russo in pectore, Putin, promette di aumentare le spese militari dal 3 al 6% del PIL nella prossima decade per affrontare l’offensiva delle basi missilistiche di Washington sui confini della Russia ed ostacolare i programmi di “cambio di regime” di Obama contro i suoi alleati quali la Siria10.
La Cina ha potenti reti commerciali, finanziarie e d’investimento che ricoprono il mondo, così come potenti partner economici. Questi contatti sono diventati essenziali per la crescita continua di molti paesi in via di sviluppo in tutto il mondo. Nel prendere la Cina, gli Stati Uniti dovranno affrontare l’opposizione di molte potenti élite di mercato in tutto il mondo. Pochi paesi o élite vedono il futuro nel legare la propria fortuna ad un impero economicamente instabile basato sul militarismo e su occupazioni coloniali dal carattere distruttivo.
In altre parole, la Cina moderna come potenza mondiale è incomparabilmente più forte rispetto a quella dell’inizio del XVIII secolo. Gli statunitensi non hanno la leva coloniale che possedeva l’Impero Britannico in ascesa nel periodo precedente alle Guerre dell’Oppio. Inoltre, molti intellettuali cinesi e la stragrande maggioranza dei suoi cittadini non hanno alcuna intenzione di lasciare che gli attuali “compradores occidentali” svendano il paese. Nulla potrebbe accelerare la polarizzazione politica nella società cinese ed affrettare la venuta di una seconda rivoluzione sociale più di una leadership timida che si sottomette ad una nuova era del saccheggio imperiale occidentale.
(Traduzione di Serena Bonato)