E' uscito in edicola il numero 501 di Cineforum, sul quale ho scritto un pezzo molto lungo su La donna che canta di Denis Villeneuve, sorta di elaborazione di quello che avevo già postato su questo blog. La cosa interessante del numero, però, è lo speciale su Hereafter di Clint Eastwood, film sul quale la critica italiana ha a mio modesto parere perso completamente la bussola, qualificandolo come l'ennesimo capolavoro del regista per il semplice fatto di essere un nuovo film del regista. Lo speciale contiene riflessioni appassionate sul valore del film, ma registra anche una voce fuori dal coro, un testo che riflette proprio sull'accoglienza (a)critica che il film ha ricevuto: l'ha scritto Pier Maria Bocchi ed è possibile leggerlo direttamente qui. Ne condivido praticamente ogni parola, salvo il fatto che per quel che mi riguarda già in Invictus, e prima ancora nell'unanimemente elogiato Gran Torino, avevo intravisto nel cinema di Eastwood i segnali di una certa debolezza, di una scarsa lucidità o più semplicemente di una comprensibilissima stanchezza. Invito a leggere il testo, che si chiama Il nuovo capolavoro di Clint Eastwood e parla soprattutto della mancanza di misura nell'uso di certe parole quando si vuole nascondere la pigrizia nel riflettere sulla reale natura delle cose.
Magazine Cultura
E' uscito in edicola il numero 501 di Cineforum, sul quale ho scritto un pezzo molto lungo su La donna che canta di Denis Villeneuve, sorta di elaborazione di quello che avevo già postato su questo blog. La cosa interessante del numero, però, è lo speciale su Hereafter di Clint Eastwood, film sul quale la critica italiana ha a mio modesto parere perso completamente la bussola, qualificandolo come l'ennesimo capolavoro del regista per il semplice fatto di essere un nuovo film del regista. Lo speciale contiene riflessioni appassionate sul valore del film, ma registra anche una voce fuori dal coro, un testo che riflette proprio sull'accoglienza (a)critica che il film ha ricevuto: l'ha scritto Pier Maria Bocchi ed è possibile leggerlo direttamente qui. Ne condivido praticamente ogni parola, salvo il fatto che per quel che mi riguarda già in Invictus, e prima ancora nell'unanimemente elogiato Gran Torino, avevo intravisto nel cinema di Eastwood i segnali di una certa debolezza, di una scarsa lucidità o più semplicemente di una comprensibilissima stanchezza. Invito a leggere il testo, che si chiama Il nuovo capolavoro di Clint Eastwood e parla soprattutto della mancanza di misura nell'uso di certe parole quando si vuole nascondere la pigrizia nel riflettere sulla reale natura delle cose.
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