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Persino quando arrivo per la prima volta in una città sconosciuta, e quindi sensatamente dovrei essere in giro a visitare le bellezze della suddetta, finisce, non si sa bene come, che io mi ritrovi tempo zero in un cinema. Così è puntualmente successo venerdì scorso: dopo nemmeno tre ore che ero arrivata a Bruxelles, città nella quale non avevo mai messo piede in vita mia, già stavo seduta nel mitico cinéma confort (!!!) L'Aventure. Certo, la colpa è anche un po' dei miei amici, che conoscono le mie perversioni e le assecondano (vero, Nicola?). Devo ammettere, questa sala valeva veramente la pena: collocata nel bel mezzo di una galleria improbabile che non avrebbe sfigurato in un qualsiasi film di Mike Leigh, il décor dell'Aventure è rimasto intatto dagli anni '70 ad oggi e segna il trionfo del colore viola. Tutte le pareti, le comodissime poltrone, anche un po' la faccia di quello che vende i biglietti (per altro molto simpatico e gentile): l'apoteosi del monocolore più inquietante che ci sia.
Il cinema contiene ben tre sale cinematografiche, e noi ci siamo ritrovati in quella più piccola, dove a fianco dello schermo troneggiava una lampada degna di Saturday Night Fever dall'effetto ipnotico assicurato.
Tra l'altro, eravamo gli unici spettatori. Il film prescelto, perché certo non potevamo andare a vedere l'ultimo blockbuster in 3D, all'Aventure, era un film colombiano di qualche anno fa, per cui forse era prevedibile che non ci fosse tutta questa gran folla.
Che bello, comunque, stare da soli in una sala cinematografica. Ci si sente dei produttori degli anni '30 a Los Angeles che si fanno proiettare i film nella sala adibita a cinema della loro casa tutta vetri sulla collina di Hollywood. Un vero lusso!
L'effetto del cinema, quando si è in una città sconosciuta, può essere sorprendente: anche se non ci ero mai stata, a Bruxelles, arrivando in macchina in una piazza della città, ho avuto un preciso déjà-vu. Io lì ci avevo già messo piede, io riconoscevo quei luoghi. E' stato dopo un attimo di riflessione che mi sono resa conto di averli visti qualche settimana fa in un film del 1967 di Jerzy Skolimowski, Le Départ, con Jean-Pierre Léaud (e la meravigliosa musica di Krzysztof Komeda). Forse il ricordo è stato ancora più nitido perché si trattava di un film in cui Léaud cerca disperatamente una macchina per partecipare ad un rally (cosa che non riuscirà mai a fare) e noi stavamo passando da quella piazza su una Lancia Fulvia del 1969, una vecchia macchina che sembrava uscita tale e quale dal film, e che azzerava in un attimo la distanza di oltre 40 anni dalle immagini del film.
Tutto questo, ancora una volta (temo), per ribadire il concetto che la vita mi sembra molto più interessante se vissuta attraverso il filtro di uno schermo cinematografico.
Gli eventi sono gli stessi, certo, ma volete mettere il confort?
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