...cominciamo lentamente a riscaldare i motori mentre la stagione torrida si appresta a tirare le cuoia tra temporali improvvisi e folate notturne di tramontana: in questo agosto dello scontento il titolare del blog si è sciroppato le consuete carrettate di film assurdi, pellicole a volte davvero improponibili e che non di rado mettono a dura prova la resistenza di amici, fidanzate e conoscenti giunti impreparati al flagello che periodicamente si consuma a casa Di Monopoli. Nella variegata serqua di poltiglia in celluloide - piena di titoli karateka, ché 'st'anno a dirla tutta c'avevamo la fissa! - salveremmo alcune cose di un qualche impatto, per di più rinomatamente mainstream: In primis Pacific Rim, visto per l'occasione in un cinema finalmente degno e cogli occhialetti giusti. Divertimento per teenager, botte da orbi tra mostroni goffi ed encefalogramma appiattito ai minimi: chi scrive è pronto a sfidare chiunque vi abbia assistito a ricordarne un solo frame già dopo un'oretta dalla visione, però la sensazione che il giocattolo funzionasse, quella sì, rimane impressa a lungo, e questo di per sé, in un mercato audiovisivo sempre più impazzito, sembra debba considerarsi comunque un merito! Quindi l'ultima fatica di Tornatore, elusa in sala per sopraggiunta diffidenza nei confronti del pur dotatissimo cineasta palermitano dopo le «barriccate» e i polpettoni in salsa sicula che ultimamente ci ha propinato. Ebbene La migliore offerta, pur al netto di qualche implausibilità di sceneggiatura, si presenta come un prodotto efficace e dotato d'una certa sua precipua eleganza, un film capace di avvolgere lo spettatore nella sua rete con un abile gioco di seduzione cui la bravura degli interpreti è parte integrante nonché imprescindibile. Poi Stoker del sempre geniale Park Chan-wook. L'avventura americana del regista pluriosannato di Old Boy è una favola nerissima girata nel Tennesse che già nel titolo strizza l'occhio al papà di Dracula e racconta di una figlia attaccata al ricordo di un padre morto, di una vedova tutt'altro che inconsolabile e di uno zio che vuole riconquistare il suo posto in famiglia dopo anni di assenza. Tutti vogliono tutto e subito: il grande cineasta coreano dà allora in pasto i suoi personaggi a una spirale di violenza e follia, mettendo in scena il totale deragliamento della famiglia borghese americana. La India di Stoker, meravigliosamente interpretata dall'ex Alice Mia Wasikowska, va a scuola armata, pronta a punire chi le ostacola la strada. Zio e nipote formano una perfetta coppia omicida e tutti coloro che perdono la vita nel film lo fanno davanti la macchina da presa. Anche senza queste sequenze, girate con il consueto tripudio di stile, Stoker riuscirebbe comunque a essere disturbante. Con la sua bellezza Matthew Goode incarna appieno il fascino del male, portando a casa una performance ipnotica fatta di sguardi che infiocinano il terrore negli occhi delle sue vittime. Ed è anche un piacere vedere come Nicole Kidman sia finalmente tornata a scegliersi un personaggio memorabile. Bellissimo. Dell'ultima fatica di Rob Zombie, Lords of Salem, se ne può parlare male quanto si vuole (e ce ne sarebbe, da dire, contro l'indecente china infilata da un autore che ci aveva colpito ed entusiasmato con La Casa del Diavolo prima di rotolare nei più goffi e inutili remake della storia) ma gli va riconosciuta una volontà davvero ammirevole di portare sullo schermo le proprie passioni di metallaro acido innamorato del cinema degli anni '70. E così gli si perdona con qualche buffetto di comprensione l'incredibile noia che inframmezza le pur numerose perle disseminate in un film sul satanismo fuori tempo massimo, un film disseminato (come da copione) di caproni, streghe, croci al neon e lugubri apparizioni notturne. Come ha già scritto qualcuno in rete: «Zombie schiaccia i tasti giusti, ma lo fa con la vanga!».
Infine Jug Face, un film appassionatamente inquietante realizzato (bene) con due soldi che racconta la storia di un'adolescente (la stessa di The Woman) incinta di suo fratello, che cerca di fuggire da una piccola comunità periferica nel momento in cui realizza che le toccherà essere sacrificata a una creatura che si trova in un pozzo. L'opera, firmata dal regista Chad Crawford Kinkle, è un pugno nello stomaco in puro stile southern-gothic, e, oltre a mostrarci la bellezza ormai andata di una quasi irriconoscibile Sean Young, ha vinto il primo premio del concorso di sceneggiatura dell'edizione 2011 del Slamdance. (stay tuned)
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