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Cinema di frontiera: Histoire(s) du cinèma

Creato il 25 luglio 2011 da Ghostwriter

Godard - HistoiresPiù che cinema di frontiera Histoire(s) du cinèma è un caso piuttosto raro di "metacinema", vale a dire di riflessione sul cinema e sul cinematografo firmato da uno dei più grandi registi francesi viventi, Jean-Luc Godard. Si sono scritti fiumi di parole, saggi, riflessioni a caldo e a freddo (convegni, antologie, cataloghi d'arte, corposi volumi e volumetti illustrati) su questo monumentale lavoro di video editing d'autore, si potrebbe dire, nel quale una fame onnivora quanto malinconica pesca dal mare del passato e del presente - un presente, però, molto televisivo e corroso da una patina di distruzione- l'immagine del desiderio. Desiderio del cinema, in primo luogo. Macchina del Desiderio per eccellenza, il cinema stesso qui è messo in mostra attraverso alcune sue incarnazioni: industria (Hollywood), divismo, fotografia, erotismo, guerra, morte. Ma non è un'enciclopedia del cinema, non ha alcuna vocazione pedagogica (nonostante sia stato preceduto da un ciclo di conferenze presso un'università canadese) ma semmai si tratta di un'operazione iniziatica: da qui si può vedere qualcosa dello sguardo di Godard quando non girava i suoi film, ma traeva le emozioni dai film che vedeva alla celebre cineteca parigina.  Suddiviso in grandi capitoli che non cessano di riferirsi gli uni agli altri, Histoire(s) du cinèma lascia spesso perplessi e disorientati quelli che non si lasciano andare al flusso delle immagini: mentre ci si lamenta della lentezza dei "vecchi film", di solito, qui tutto avviene rapidamente e per sovraimpressioni, flash, collage audiovisivi, innesti curiosi che creano dei continui giochi linguistici, tra le didascalie e l'immagine e tra le stesse immagini...Come se l'immagine fosse una soltanto e il cinema nient'altro che diverse forme della stessa grande "finzione". Operazione della memoria che può ricordare, perché no, il celebre Bildatlas di Aby Warburg oltre che il suo modello rinascimentale nel Teatro della Memoria di Delminio. Non è proprio una passeggiata da sabato sera Histoire(s) ma piuttosto una ballata, nel senso poetico del termine.  Da qualche tempo la Cineteca di Bologna sta facendo circolare uno splendido e prezioso (specialmente per i sottotitoli) cofanetto di 2 dvd che contiene l'opera integrale di Godard. Non è che non si fossero viste delle parti alla televisione durante Fuoriorario, ma nell'insieme si colgono molte più traiettorie e si può valutare con più chiarezza che genere di discorso Godard cerca di portare avanti, a volte seriamente e a volte scherzando, come quando prende in giro i Fratelli Lumière ("E' la storia di due fratelli, si sarebbero potuti chiamare Abat-jour ma si chiamavano Lumière, e avevano quasi la stessa bobine (faccia), per questo il cinema si fa con due bobine...") oppure nelle tante scene di Godard che fuma il sigaro come un produttore cinematografico (figura odiata da sempre, i produttori vengono comunque "omaggiati" nel primo capitolo, Toutes les histoires). Una pubblicazione che colma, evidentemente, il classico vuoto storico: dopo la retrospettiva dell'anno scorso, in effetti, era più che altro un atto dovuto. Di tanti film di Godard non rimane che una labile traccia, lo sappiamo. Eppure resta e resterà questo bizzarro patchwork d'autore, nel quale confluisce una visione delle cose non sempre nitida o comprensibile ma, di certo, provocatoria e stimolante. Adesso è possibile godersi il "viaggio nel cinema" (come una volta si sognava quello sulla Luna) senza il pretesto che tanto non si capisce nulla di quello che Godard dice o mostra agli spettatori - caso mai il problema non è linguistico ma, come sempre, filosofico. Godard, in fondo, non parla tanto di cinema come ne parlano per esempio Martin Scorsese o Woody Allen, quanto di un rapporto profondo e "affettivo" con l'Immagine, e spinge lo spettatore a mescolare i codici dell'arte per ottenere qualcosa come un ritratto di sè stesso e del secolo ormai compiuto. Un ritratto che si tinge spesso di malinconia, ma che non manca di toni politici e persino lirici. A volte si ha l'impressione che per lui fosse impossibile, al momento di congedarsi da questo lavoro per fortuna non testamentario (l'ultimo film di Godard è il recente Socialisme), distinguere tra il Secolo del Cinema e la sua stessa vita. Questo onore va da sé che ce l'hanno soltanto i grandi.

 


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