Un rapporto controverso, quello tra cinema e televisione, basato su una parentela resa evidente dall’essere entrambi, prima ancora che espressioni ben definite, dei contenitori artistici e spettacolari, messi in opera attraverso la riproduzione tecnica dell’immagine in movimento e del sonoro associato. Una parentela che non ha evitato ai due mezzi di mettersi in concorrenza e in contrapposizione tra di loro. Se per cinema si intendesse un fenomeno culturale di massa, consistente nel rispecchiamento collettivo in un orizzonte mitico, si potrebbe tranquillamente sostenere che l’affermazione della televisione, come mezzo di intrattenimento effettivamente alternativo, lo abbia ucciso, in quanto di quell’altrove creato dal cinema dell’epoca d’oro, capace di sollevare le masse dagli stenti della vita reale, si è appropriato il mezzo televisivo, trasfigurando l’essenza originaria epica e narrativa in una dimensione sospesa tra l’intrattenimento puro e il nozionismo informativo e culturale. L’immaginario televisivo, reso ancor più penetrante dalla fruizione intima e domestica, ha rapidamente sottratto terreno a quello cinematografico. Dall’avvento della televisione, il cinema è stato in grado di creare mode, anche durature, ma non è più stato capace di condizionare i comportamenti di massa, come aveva fatto negli anni tra il 1930 e il 1960. Questo, nonostante che la televisione delle origini non abbia attinto più di tanto dal linguaggio filmico nelle sue produzioni, rivolgendosi piuttosto agli ambienti del teatro leggero e di prosa, oltreché all’informazione e all’enciclopedismo.
Il rapporto si è complicato con l’avvento delle Tv commerciali, con palinsesti sempre più ampi da riempire e il difficile equilibrio da trovare tra le varie proposte di intrattenimento e i necessari inserti promozionali. La televisione commerciale ha fatto ricorso al cinema sia per la riproposizione “cameristica” dei film già usciti nelle sale, sia per la produzione di format che cercavano una mediazione tra la tecnica cinematografica e il mezzo televisivo. Di questo secondo caso, l’esempio più rappresentativo e fortunato è il telefilm poliziesco che ripropone serialmente stilemmi classici del relativo genere cinematografico, più contenuti nella durata e nelle ambientazioni. La riproposizione dei film, dal canto suo, ha generato non pochi problemi per la questione degli inserti pubblicitari, fino alla battaglia capeggiata da Federico Fellini negli anni ottanta, tesa a preservare la dignità artistica dall’invadenza promozionale. Alle prese con la costante emorragia di pubblico, il cinema ha dovuto trovare un compromesso al ribasso con la televisione, essendo col tempo divenuti, i diritti per i passaggi televisivi, tra le principali voci di entrata per l’intero settore cinematografico. Il mercato dei diritti televisivi ha finito per condizionare la produzione stessa dei film, non più preoccupata esclusivamente della resa delle opere nelle sale, ma anche di quella nel mezzo televisivo.
Il rapporto di subalternità della televisione, nei primi decenni di convivenza col cinema, si è parzialmente ribaltato, con la produzione di film sempre più attenti al linguaggio televisivo, spesso pubblicati in edizioni specifiche per il mercato domestico, sia con supporti di riproduzione (Videocassette e Dvd) che con versioni appositamente destinate alle reti televisive. La confusione tra il film cinematografico e la fiction televisiva è divenuta totale, tanto da rendere sempre più ardua la differenziazione tra lo specifico filmico cinematografico e quello televisivo, anche a causa del sempre più frequente interscambio di autori ed attori e dell’utilizzo di mezzi di produzione sempre più affini. Discorso a parte merita la fruizione di film, originariamente destinati alle sale, attraverso il mezzo televisivo. Se la fruizione collettiva con schermo gigante favorisce la mimesi del pubblico con l’opera filmica, la visione domestica, individuale o per piccoli nuclei, da una parte risulta dispersiva; dall’altra, proprio per la maggior difficoltà nel coinvolgimento, favorisce una fruizione critica, intellettualmente mediata e penetrante, tanto più se si utilizza un supporto tecnico di riproduzione, con la possibilità di sezionare analiticamente l’opera cinematografica.