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Cinema - "Leviathan" (Recensione di Angela Laugier)

Creato il 07 giugno 2015 da Tafanus

Recensione del film "LEVIATHAN" (di Angela Laugier)
Regia: Andrei Zvyagintsev

Principali interpreti: Aleksey Serebryakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov, Anna Ukolova – 140 min. – Russia 2014

Il film narra la vicenda disperata di Kolya, un meccanico che si è costruito in una piccola città sul mar di Barents un’officina da autoriparatore e una casa dove abitare con la seconda moglie, Lilya e il figlioletto quasi adolescente che poco sopporta la matrigna. La vita del protagonista (Aleksey Serebryakov) è sottoposta a molteplici tensioni, sia per le difficoltà della vita familiare, sia perché il sindaco (Roman Madyanov) della cittadina ha messo gli occhi sulle sue proprietà e vorrebbe impadronirsene, espropriandolo per destinare alla speculazione l’intera area, offrendogli una ricompensa simbolica. A sostenere le ragioni di Kolya è un giovane avvocato moscovita, brillante e preparato, convinto che sarà possibile spuntarla contro l’autorità locale, grazie al ponderoso dossier di documenti inoppugnabili in suo possesso, dai quali emerge la corruzione profonda dell’intera amministrazione, di cui il sindaco è il maggiore responsabile.

A lui infatti fa capo un’ organizzazione di potere mafioso, che non esita a ricorrere alle minacce brutali e anche all’omicidio per realizzare i suoi piani, contando sull’appoggio esplicito della chiesa ortodossa locale, vera e propria macchina del consenso presso i ceti medi del luogo. Esibendogli il suo dossier l’avvocato suppone di far desistere il sindaco dal suo proposito: non sarà così, com’è ovviamente intuibile: l’orrido mostro biblico, il Leviatano, evocato dal titolo, incarnazione del potere totalitario fatto di arbitrio, violenza e soprusi, inghiottirà  il povero Kolya, annientandone ogni resistenza.

Il film, che è girato con grande maestria dal regista russo Andrei Zvyagintsev, poco conosciuto in Italia, è una potente rappresentazione delle condizioni disperate della Russia di oggi, in cui si sono sciaguratamente alleati, secondo una secolare tradizione, che sembrava essersi interrotta dopo la rivoluzione sovietica, il potere religioso e quello politico, per schiacciare la popolazione, condannandola senza scampo alla subalternità. La figura di Kolya, che secondo l’intenzione del regista dovrebbe incarnare il mite Giobbe della Bibbia, che subisce il volere di Dio senza reagire, fiducioso in una qualche ricompensa futura, è sgradevole e non suscita una vera empatia, poiché è difficile l’identificazione con la sua irascibile impulsività, l’ubriachezza quasi costante, la scarsa attenzione alla moglie, la violenza nei confronti del figlio. Il quadro complessivo che emerge dal film è davvero cupo, ben simboleggiato dal paesaggio marino, bellissimo e affascinante, ma violentemente claustrofobico e minaccioso, dalle rovine dei vecchi monasteri affrescati, dallo sperdimento dei giovani che precocemente abbandonano la scuola e consumano la loro giovinezza fra alcol, tabacco e furti. Bel film, certamente, ma difficile da amare.

Angela Laugier

1703/0645/0845 edit

Scritto il 07 giugno 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink

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