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Cinema: “Omar m’a tuer”, cronaca di un ragionevole dubbio.

Creato il 28 giugno 2011 da Paolo

Cinema: “Omar m’a tuer”, cronaca di un ragionevole dubbio.La colpa è quella di essere maghrebino”, dixit l’avvocato Jaques Vergès,  “questo è il vero crimine di Omar Raddad”. “Omar m’a tuer” (Omar mi ha uccisa), film che ritorna sull’affaire del giardiniere accusato di omicidio ai danni della sua titolare, una ricca ereditiera, Ghislane Marchal, è il secondo film di Roschdy Zem. Le prime immagini del lungometraggio, in sala dal 23 giugno, traspirano febbrilità. Un uomo gioca in un Casinó, esita davanti alla somma che sta per puntare perchè, pare,  siano i  suoi ultimi soldi. Più tardi viene arrestato, in un tranquillo pomeriggio estivo.  Il giardiniere marocchino di Ghislane Marchal venne interpellato il 25 giugno 1991 per l’omicidio nella villa di Mougins (sud della Francia). Omar m’a tuer, frase scritta con il sangue della vittima sulla porta della cantina, dove venne ritrovato il corpo di Mme Marchal, accusò  implacabilmente l’individuo interpellato dalla polizia. Omar Raddad venne condannato il 27 giugno per omicidio volontario e trasferito nel penitenziario di Grasse. La Corte Criminale delle Alpes-Marittimes  lo condannò a  18 anni di prigione.  Dopo una grazia parziale accordata dall’anziano presidente Chirac il 17 marzo 1996, il giardiniere marocchino venne liberato il 4 settembre 1998, dopo sette anni di detenzione. Ma la giustizia francese rifiutò la revisione del processo nel 2002, richiesta a gran voce da Omar. “Perchè io?” (Pourquoi moi?) di Omar Raddad, libro scritto in collaborazione con Sylvie Lotiron (Edizione di Seuil) è lo scenario attinto dal film. Il calvario giudiziario vissuto da Omar, interpretato dal bravissimo Sami Bouajila, è messo in parallelo con la contro-inchiesta che effettuò Pierre Emmanuelle Vaugrenard, alias Denis Podalydès nel film. Il giornalista, persuaso dell’innocenza di Omar Raddad, iniziò a Nizza una contro-inchiesta nel 1994. Il regista Roschdy Zem sottolinea bene nel film il tourbillon nel quale si imbarca il giardiniere che non parla francese. Sarà un compagno di cella ha fare da interprete ad Omar in prigione, insegnandoli a leggere e a scrivere.  Il film evidenzia le contraddizioni e le insufficienze della giustizia francese. Molte zone d’ombra sono ancora  oggi rimaste senza risposte e incriminando il giardiniere, la giustizia francese pareggiò i conti con un opinione pubblica che pressava e voleva un assassino velocemente.  Perchè, ad esempio, i medici  legali hanno modificato la data della morte di Mme Marchal?  Perchè le più normali investigazioni scientifiche, che avrebbero potuto confermare o scagionare Omar, non vennero effettuate?   L’avvocato Vergès indico’ più volte nella sua difesa che le impronte della vittima non vennero comparate con quelle che si trovavano sulla scritta di sangue impressa sul legno. Altra mancanza, secono la difesa, le impronte sul bastone di legno  che è stato all’origine dei quattro colpi mortali, oltre ai 13 colpi all’arma bianca ricevuti dalla vittima, impronte che non vennero comparate con quelle di Omar. “Omar m’a tuer” non si pronuncia sulla colpevolezza o meno del suo eroe, ma vuole dimostrare che tutte le piste non vennero esplorate dalla giustizia francese. E’ una storia vera, la storia di Omar, ma non è ancora finita. Ai suoi bambini Omar Raddad confida la speranza che questo film servirà alla storia. Rachid Bouchareb, che è all’origine del progetto,  Roschdy Zem e Sami Bouajila, già splendidi attori in Indigènes, hanno dimostrato che possono influenzare la storia giudiziaria della Francia. Il Tribunale di Grasse ha chiesto il 9 marzo scorso ad un pool di esperti di stabilire il profilo genetico (DNA) che si troverebbe sui resti della Marchal e che non corrisponde a quello del giardiniere Omar. Questo profilo sarà poi  inserito nella banca dati nazionale delle impronte genetiche  per poter risalire a chi appartiene. Una tappa nella richiesta di riabilitazione che Omar Raddad chiede a viva voce dal giorno della sua liberazione.


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