Recensione del film "COLAZIONE DA TIFFANY" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Breakfast at Tiffany’s
Regia: Blake Edwards
Principali interpreti: Audrey Hepburn, George Peppard, Patricia Neal, Buddy Ebsen, Martin Balsam, Mickey Rooney, Dorothy Whitney, José Luis De Villalonga, Stanley Adams, John McGiver, Alan Reed, Claude Stroud, Elvia Allman, Orangey, Beverly Powers – 115 min. – USA 1961.
Ovvero: come passare lietamente una sera invernale gelida che non invita a uscire, rivedendo un vecchio film che ha più di 50 anni (ma non li dimostra affatto), dimenticando l’inverno, il freddo e la neve ghiacciata per terra.
Questo intramontabile film è tratto molto liberamente dal romanzo breve (poco più di una novella, per la verità) dello scrittore Truman Capote, da cui si discosta principalmente per il finale, che viene capovolto, coerentemente con l’impostazione del film. La pellicola, infatti, ricalca per sommi capi la storia di Holly Golyghtly e del suo rapporto con l’aspirante scrittore Paul, ma, rispetto al romanzo, assegna a Holly, fin dall’inizio, un carattere meno radicalmente ribelle e anche meno ambiguo dal punto di vista della sua vita sessuale: d’altra parte nel 1961 difficilmente il pubblico del cinema avrebbe accettato una figura femminile troppo difforme dalle convenzioni. Ne è perciò scaturita una commedia sentimentale che, pur mantenendo alcune angolosità del romanzo, assume una propria originalità, anche grazie all’interpretazione eccelsa di Audrey Hepburn, alla suggestiva canzone (Moon River) composta su misura per la sua voce da Johnny Mercer e Henry Mancini, alla stupenda fotografia di New York, vero atto d’amore per quella bellissima città.
La storia è quella di due giovani, Holly Golyghtly e Paul Varjak, che abitano nello stesso edificio su due piani diversi. Entrambi sono a New York alla ricerca della loro occasione: Holly vuole uscire da un passato di povertà e di sottomissione attraverso un matrimonio “giusto”, che le assicuri, cioè, benessere e ricchezza, lontano dalle “paturnie”, le angosce di cui è spesso preda, ripensando alla sua vita. Vorrebbe sistemarsi bene, per sentirsi bene come da Tiffany, la gioielleria della V Avenue, dove, secondo lei, nulla di brutto può succedere.
Il fatto è che, per ora, deve accontentarsi di guardarne le vetrine, davanti alle quali, al mattino, fa colazione con una brioche e un bicchiere di latte, vestita ancora dell’abito da sera delle feste notturne cui ha partecipato, alla ricerca dell’uomo da sposare. Paul, invece, vorrebbe diventare scrittore, ma per ora ha scritto un solo libro di racconti: la sistemazione a New York potrebbe permettergli di conoscere gli editori giusti, ma per ora vive come un gigolò, mantenuto da una signora facoltosa, l’arredatrice che gli ha allestito l’alloggio.
I due giovani hanno i loro diversi sogni nel cassetto, ma a scombinare i loro piani sarà l’attrazione che a poco a poco li avvicina e che fra difficoltà e colpi di scena finirà per unirli, anche se la resistenza di Holly ad accettare di uscire da sé e dal suo personaggio sarà dura da vincere. Una commedia classica, perciò, con tanto di happy end, ma una commedia non banale, resa incantevole dalla complessità del personaggio di lei, il cui comportamento oscilla, con molti sbalzi d’umore, fra gioia di vivere, disperazione, realismo cinico e slanci d’affetto vero, a cui il volto e la voce della Hebpurn conferiscono una verità indimenticabile.
Angela Laugier