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CINEMA - Vecchie recensioni: La grande impostura de “IL CONSIGLIO D’EGITTO”.

Creato il 10 gennaio 2012 da Andreakur
La voce narrante di Giancarlo Giannini esordisce: “Sicilia, dicembre 1782: l’Ambasciatore del Marocco naufraga in Sicilia”. Non l’avesse mai fatto! L’allora governatore Marchese Caracciolo lo ospita per un anno intero e siccome l’arabo non è la lingua locale, ecco spuntare il fra cappellano Giuseppe Vella (al secolo Silvio Orlando) ad ergersi a traduttore ufficiale. Anche se non sa un’acca di arabo ma lo impastrocchia a suo piacimento. Perché è furbo il pretucolo, sente l’odore della riscossa da una vita gramma e infelice e povera, ridotto com’è a smorfiare i sogni altrui per rimediare una fettina di carne. Così Vella inganna tutti facendo credere che un manoscritto arabo sulla vita di Maometto raccolga la vera storia della Sicilia al tempo della dominazione musulmana. Ne nasce il “Consiglio di Sicilia” a cui ben presto si aggiunge “Il Consiglio d’Egitto”, un falso codice storico-politico creato dalla fervida immaginazione del prete. Il quale ora è diventato Abate, è ammesso a frequentare i salotti bene della borghesia siciliana, anche perché i baroni temono di essere defraudati dei loro possedimenti, oltreché dei loro titoli nobiliari. La “grande impostura” di Vella va a braccetto con la presunta congiura rivoluzionaria, capeggiata dall’insospettabile avvocato Paolo Di Blasi (Tommaso Ragno), lettore accanito degli illuministi francesi, allora un pericolo per il Regno e i suoi privilegi. Questo, ovvero il finale de “Il Consiglio d’Egitto”, è forse l’unico momento un po’ lento (che comunque passa vista la drammaticità) delle due ore di pellicola diretta da Emidio Greco, che uscirà il prossimo 22 marzo per la distribuzione di Key Films. “Il Consiglio d’Egitto” è tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia e tutti i personaggi, dai baroni (tra cui spicca Antonio Catania in Don Saverio Zarbo) alla Curia sembrano al posto giusto. E per il “morettiano” Silvio Orlando sembra la prima volta da protagonista vero in un film bello e in alcuni tratti divertente, che sa pure lasciare un filone di malinconia dietro a sé. Perché i privilegi sono purtroppo immortali e immorali.

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