Cinghiali radioattivi in Valsesia. Colpa di Chernobyl?
Tracce di cesio 137, oltre la soglia prevista dal regolamenti, sono stati riscontrati in seguito a controlli nella lingua e nel diaframma di cinghiali del comprensorio alpino della Valsesia. Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, in contatto con le autorità sanitarie e la presidenza della Regione Piemonte, ha subito attivato il Comando dei Carabinieri del Nas e del Noe, nel cui Reparto operativo è inserita una Sezione inquinamento da Sostanze radioattive, (orientata al contrasto di traffici illeciti di rifiuti e materiali radioattivi e dotata di complessi laboratori mobili di rilevamento), che insieme alla Direzione Generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione dello stesso Ministero coordineranno tutti gli accertamenti.
Sono stati analizzati campioni di lingua e diaframma di capi abbattuti durante la stagione venatoria 2012/2013. Su 27 campioni il livello di cesio 137 è risultato superiore allo soglia indicata dal Regolamento 733 del 2008, come limite tollerabile in caso di incidente nucleare. I campioni erano stati prelevati per essere sottoposti ad una indagine sulla trichinellosi, una malattia parassitaria che colpisce prevalentemente suini e cinghiali.
Quale la fonte della contaminazione? Al momento tra le ipotesi più immediate quella secondo cui il Cesio 137 potrebbe essere stato rilasciato in seguito all'incidente nella centrale nucleare di Chernobyl del 1986.
“Il caso dei cinghiali radioattivi della Valsesia, in Piemonte, così come quello del Pellet radioattivo di qualche anno fa, ci riporta drammaticamente al disastro di Chernobyl del 1986. È fondamentale attivare controlli ferrei ed efficaci in Italia e in particolare su tutto l’arco alpino italiano, oggetto di una forte contaminazione radioattiva in seguito all’esplosione del reattore di Chernobly, e completare una mappatura della contaminazione ambientale presente in queste zone”, ha dichiarato Stefano Ciafani vice-presidente nazionale di Legambiente.
“Il Cesio 137, l’isotopo fuoriuscito dal reattore esploso dall’incidente di Chernobyl e caduto sui territori italiani, è infatti ancora presente in molti terreni e può concentrarsi in alcune specie vegetali e animali, come funghi e selvaggina. Per questo – prosegue Ciafani - è importante stringere la maglia dei controlli anche sui prodotti alimentari, perché la vicenda dei cinghiali ci ricorda che la coda avvelenata del disastro di Chernobyl non si è ovviamente esaurita”.
“La radioattività artificiale immessa nell’ambiente da esplosioni nucleari in atmosfera e poi dall’incidente di Chernobyl, si trova ancora in quantità apprezzabili in tutti i suoli del Piemonte – spiega Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte – La distribuzione territoriale nei suoli della radioattività artificiale è stata influenzata dalle precipitazioni: ciò vale in particolare per la radioattività dispersa a seguito dell’incidente di Chernobyl che, in Piemonte, costituisce più del 90% della radioattività artificiale presente nell’ambiente. E’ fondamentale avviare una grande campagna di informazione rivolta ai cittadini per evitare comportamenti scorretti a partire dall’alimentazione di prodotti che sono contaminati dalla radioattività”.
Legambiente, che lo scorso dicembre è stata impegnata in una nuova missione in Bielorussia con il suo Progetto Rugiada a sostegno dei bambini colpiti dalle radiazioni dell’incidente, ha ribadito inoltre l’importanza di maggiori controlli anche a livello europeo.
“Nelle zone dell’Ucraina e della Bielorussia – ricorda l’associazione ambientalista - si assiste a una politica volta a minimizzare le conseguenze ambientali dell'incidente nucleare, sia con l'abbassamento dei livelli di radioattività, ovviamente solo sulla carta, sia tramite la ripopolazione delle aree più pericolose e l'avvio di coltivazione in loco e allevamento del bestiame. Vale tra l'altro sottolineare come funghi e legname altamente contaminati, oltre che sul mercato nazionale, vengono esportati in modo incontrollato sui mercati europei”.
In riferimento al Cesio 137 nei cinghiali del comprensorio alpino della Valsesia si è espressa anche la Coldiretti che in una nota ha sottolineato la necessità di “estendere immediatamente le analisi ad altri animali selvatici e fare al più presto chiarezza sulle fonti di contaminazioni in un Paese come l’Italia che ha fatto la scelta di non avvalersi del nucleare a differenza di quanto accade nei Paesi confinanti.”
La Coldiretti ha poi sottolineato che il disastro nucleare di Fukushima in Giappone ha aumentato al sensibilità a livello nazionale dove per un italiano su quattro (24 per cento) la contaminazione dell'ambiente è il pericolo più temuto che batte addirittura gli effetti della crisi economica (20 per cento), le paure per la salute che derivano dal consumo dei cibi (17 per cento), il rischio di un incidente automobilistico (11 per cento), la criminalità e la malattia entrambe fonte di preoccupazione per il 10 per cento della popolazione, secondo una elaborazione della Coldiretti, sulla base dei dati Eurobarometro.