Visto che mi si accusa di essere diventato troppo esterofilo, vi dedico questa Top 5 dedicata ai cinque titoli della Bonelli di cui, facendo un bilancio, ho buoni ricordi.
La Bonelli, per inciso, è la quasi monopolista del mercato fumettistico italiano. Ha grandissimi meriti, in primis quello di aver sdoganato le “nuvole parlanti” in Italia, ma anche tante colpe, su tutte quella di portare avanti dei plot narrativi vecchi di almeno due decenni.
A onor del vero c’è anche da dire che Sergio Bonelli Editore sta tentando a più riprese di rinnovare alcune sue testate, riservando ad altre, quelle storiche, il compito di accontentare i lettori più “grandicelli”.
Siamo molto lontani dal metterci al pari dai colossi del fumetto americano e francese, ma possiamo forse sperare in un futuro abbastanza positivo per quel che riguarda i comics italiani.
Detto ciò, eccovi la mia classifica. Sentitevi liberi di proporre la vostra.
5. Mister No
Anni: 1975-2006.
Autori: Guido Nolitta, Luigi Migliacco e Alfredo Castelli in primis, poi molti altri.
L’ex soldato, poi avventuriero e pilota d’aereo Jerry Drake mi è sempre stato molto più simpatico di Tex (che non ho mai digerito) e del pur pregevole Zagor. Di Mister No mi affascinava soprattutto l’ambientazione, quell’Amazzonia verde, poco esplorata, culla di pericoli e di meraviglie. Ho seguito la saga a intervalli irregolari, puntando soprattutto sugli speciali. La qualità è sempre stata piuttosto buona, anche se priva di picchi di originalità.
4. Dylan Dog
Anni: 1986-Ancora in corso.
Autori: Soprattutto Tiziano Sclavi.
Fino a una quindicina di anni fa era il mio fumetto preferito. Ne aspettavo l’uscita con incontrollabile impazienza. Leggevo e rileggevo ogni albo. Alcuni, devo ammetterlo, erano davvero belli. Poi il personaggio è diventato trito e ritrito, ipermoralista e molto lontano da quelle atmosfere di horror onirico e filosofico che hanno caratterizzato i primi anni di DD. Non leggo più il vecchio Dylan da anni. Dalle recensioni che ogni tanto mi capitano sotto mano intuisco che la qualità oramai è molto bassa, il citazionismo (chiamiamolo così) più estremo che mai. Resta i ricordo…
3. Brad Barron
Anni: 2005-2006
Autori: Tito Faraci.
Era partito malissimo, con un numero 1 infarcito di orrendi cliché del genere fantascientifico-pulp. Il miglioramento è stato però esponenziale, complice un arco di vita pensato sul brevissimo periodo: 18 uscite, più qualche extra che si è aggiunto in seguito alla conclusione della serie regolare. Ne risulta che Brad Barron è una delle più azzeccate produzioni Bonelli di sempre. Storia solida – tranne le solite pecche della scarsa originalità – bei personaggi, bello scenario apocalittico, con tanto di invasione aliena. Promosso.
2. Nathan Never
Anni: 1991-Ancora in corso.
Autori: Michele Medda, Antonio Serra, Bepi Vigna.
Nathan Never sta alla fantascienza come Dylan Dog sta all’horror. In pratica è il primo eroe sci-fi “moderno” dei comics italiani. Le prime annate di NN sono molto, molto belle, se si eccettua il consueto citazionismo estremo (ma è davvero così impossibile tenerlo su livelli più lievi?). Ovviamente quando una saga si trascina così a lungo – oramai siamo sui 22 anni suonati – il rischio è di cadere nel gorgo della ripetitività e della noia. Cosa puntualmente successa anche per NN, che spesso e volentieri è stato superato dai suoi spin-off (che comunque leggo troppo raramente per giudicare). Comunque memorabile.
1. Gea
Anni: 1999-2007
Autori: Luca Enoch
Diciotti numeri con cadenza semestrale. Irriverente. Epico. Originale (sì, ok, anche Bonelli ha le sue eccezioni!). Ben disegnato. Autoconclusivo.
Non sono certo l’unico a giudicare Gea, saga urban fantasy dell’editore milanese, come la vetta qualitativa della storia recente del fumetto italiano. Luca Enoch ha buona parte dei meriti della riuscita di questa testata, che ha poco da invidiare a molte produzioni estere. Enoch ci sta riprovando con Lilith ma, pur trattandosi di un buon personaggio, siamo lontani dai fasti di Gea.
Primo posto assoluto.
Infine, citazione speciale per Martin Mystère. Con il “detective dell’impossibile” ho vissuto anni molto belli, ma devo ammettere che di questa saga mi ha sempre attratto il lato avventuroso e misterioso (passatemi in gioco di parole), non tanto i personaggi, che trovo piuttosto noiosetti. Ma il Buon Vecchio Zio Marty (BVZM, per i fan) rimane un caposaldo della mia adolescenza, ancor più di Dylan Dog. Lo metto dunque fuori classifica, in un posto speciale dove si conservano i ricordi cari.
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