Quando io avevo 15 anni ero timida, imbranata, impacciata.Mi sentivo brutta e goffa e il mio unico desiderio era quello di non attirare l'attenzione, di passare inosservata, in modo che nessuno facesse più di tanto caso al mio aspetto e che nessuno potesse mettersi lì a giudicarlo. La maggior parte delle mie amiche era come me. C'erano anche quelle belle bellissime, quelle che piacevano a tutte, a me per prima, ma erano la minoranza. Tra loro c'era chi se la tirava, ma anche la bella e basta, che non te lo faceva notare (o pesare) ogni dieci minuti.Ora deduco che le cose sono cambiate. Il merito (la colpa?) deve essere di facebook.Leggo la bacheca di adolescenti che conosco, figlie di amici, amiche dei figli, cugine, nipoti. Succede che la ragazzina pubblica una sua foto, un primo piano carino, un sorriso, uno sguardo sognante, e da lì partono decine e decine di commenti (per le più popolari si superano anche le centinaia di “Mi Piace”): sei bellissimaaaaa, bella bellaaa, meravigliosaaaaaa, amoooooooore!, ma quanto mi manchi?!?!, splendida sei, tuio ti amoooe via così, per colonne di testo lunghe mezzo metro.Il tutto corredato da cuori pieni, cuori vuoti, cuori rossi, cuori neri, faccine che ridono, che fanno le boccacce, che mostrano la linguetta, che sgranano occhioni. Io leggo queste righe multicolor e mi viene da ridere, e mi viene pure la tenerezza ma anche molto stupore perché io mica mi ricordo che mi facevo tutti 'sti complimenti con le mie amiche. Per carità, erano gli anni Ottanta, quindi non si affrontavano discorsoni di politica, non si disquisiva più sul Capitale o sul Libretto Rosso di Mao. Le ideologie esalavano gli ultimi respiri, e quasi solo chi aveva fratelli più grandi aveva ancora un po' di afflato civile.In generale, a dirla tutta, si parlava dell'amore, dei ragazzi. Ma sicuramente non discutevamo di quanto ci sentivamo belle. Semmai di quanto ci sentivamo brutte.E non c’era tutto ‘sto squittire di complimenti, non ci si abbandonava a dichiarazioni d’amore. Meno che mai in pubblico.Però mica voglio dire che era meglio prima. O che è meglio adesso. Di sicuro, però, facebook ha abbassato la soglia del pudore e ha liberato anche le parole.Ma finché si tratta di complimenti, di lodi, di sbrodolamenti di affetto può anche essere una bella cosa. Il dramma è quando libera parole di disprezzo condivise, quando scatena la derisione di gruppo che si fa accanita e feroce, perché protetta dalla distanza. E le conseguenze si leggono a volte sui giornali, quando diventano tragedie, spreco assurdo di vite ancora acerbe e così fragili.Bisogna stare attenti, insomma.Intenerirsi, forse, ma vigilare.Perché ciò che abbaglia, rende ciechi.
Quando io avevo 15 anni ero timida, imbranata, impacciata.Mi sentivo brutta e goffa e il mio unico desiderio era quello di non attirare l'attenzione, di passare inosservata, in modo che nessuno facesse più di tanto caso al mio aspetto e che nessuno potesse mettersi lì a giudicarlo. La maggior parte delle mie amiche era come me. C'erano anche quelle belle bellissime, quelle che piacevano a tutte, a me per prima, ma erano la minoranza. Tra loro c'era chi se la tirava, ma anche la bella e basta, che non te lo faceva notare (o pesare) ogni dieci minuti.Ora deduco che le cose sono cambiate. Il merito (la colpa?) deve essere di facebook.Leggo la bacheca di adolescenti che conosco, figlie di amici, amiche dei figli, cugine, nipoti. Succede che la ragazzina pubblica una sua foto, un primo piano carino, un sorriso, uno sguardo sognante, e da lì partono decine e decine di commenti (per le più popolari si superano anche le centinaia di “Mi Piace”): sei bellissimaaaaa, bella bellaaa, meravigliosaaaaaa, amoooooooore!, ma quanto mi manchi?!?!, splendida sei, tuio ti amoooe via così, per colonne di testo lunghe mezzo metro.Il tutto corredato da cuori pieni, cuori vuoti, cuori rossi, cuori neri, faccine che ridono, che fanno le boccacce, che mostrano la linguetta, che sgranano occhioni. Io leggo queste righe multicolor e mi viene da ridere, e mi viene pure la tenerezza ma anche molto stupore perché io mica mi ricordo che mi facevo tutti 'sti complimenti con le mie amiche. Per carità, erano gli anni Ottanta, quindi non si affrontavano discorsoni di politica, non si disquisiva più sul Capitale o sul Libretto Rosso di Mao. Le ideologie esalavano gli ultimi respiri, e quasi solo chi aveva fratelli più grandi aveva ancora un po' di afflato civile.In generale, a dirla tutta, si parlava dell'amore, dei ragazzi. Ma sicuramente non discutevamo di quanto ci sentivamo belle. Semmai di quanto ci sentivamo brutte.E non c’era tutto ‘sto squittire di complimenti, non ci si abbandonava a dichiarazioni d’amore. Meno che mai in pubblico.Però mica voglio dire che era meglio prima. O che è meglio adesso. Di sicuro, però, facebook ha abbassato la soglia del pudore e ha liberato anche le parole.Ma finché si tratta di complimenti, di lodi, di sbrodolamenti di affetto può anche essere una bella cosa. Il dramma è quando libera parole di disprezzo condivise, quando scatena la derisione di gruppo che si fa accanita e feroce, perché protetta dalla distanza. E le conseguenze si leggono a volte sui giornali, quando diventano tragedie, spreco assurdo di vite ancora acerbe e così fragili.Bisogna stare attenti, insomma.Intenerirsi, forse, ma vigilare.Perché ciò che abbaglia, rende ciechi.
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