Cio’ di cui si tratta è “onorare” la madre.

Da Suddegenere

foto di Enrica Beccalli

Cio’ di cui si tratta è onorare la madre, di Valentina Festo:

“”Ho la nausea e la sento

muoversi come un cervo.

Ciò che più costa adesso

è lavare nel fiume,

tirar su la cesta e zappare nell’orto.

Nessuno sa che ho

le vene come corde

e la pelle trasparente di vescica

gonfia fino a rompersi.

Come cerva si muove e scorazza,

e calpesta sa lei cosa.

Io, che non so di lettere,

scrivo per il mondo

senza inchiostro nè parole.

E’ la sua storia che scrivo,

e nel mio ventre comincia.

(La Cerva, Juana Castro)

La relazione di una figlia con sua madre non è un rapporto sociale, è molto di più. È la relazione umana originaria e prima, la relazione il cui divenire modella tutte le altre relazioni umane come poi i rapporti sociali.

Mi capita di leggere, poi apprendere e costantemente cogliere quanto la solitudine di alcune donne non deriva dall’essere senza uomini ma dall’essere “orfane di madre, orfane di dialogo sensato con chi c’era prima di ciascuna di noi”.

Quando negli anni sessanta e settanta ci fu la rottura con la madre da parte della generazione più antimaterna del XX secolo ciò sembrò necessario per interpretare la capacità di essere due segnalata dal corpo femminile. Questa stessa capacità veniva appresa nelle università, espressione di un sapere astratto e istituzionalizzato, contro la madre e contro la lingua che lei insegna.

Tuttavia eravamo, e siamo in molti casi, disposte ad onorare un pantheon di madri simboliche (quante scrittrici, maestre, nonne, amiche…) ma la madre concreta no. La madre concreta e personale che fu il grande ostacolo dello stesso femminismo, e dalla quale, per questo, furono avanzate molteplici richieste segnate da forti esigenze.

Ella sembrava migliorabile ogni volta. Ogni volta non ci amava abbastanza, non capiva l’immenso desiderio di cambiamento che bruciava dentro milioni di giovani donne, e poi non era sufficientemente libera e non lasciava libere le figlie. Infine, era lei che aveva trasmesso il linguaggio patriarcale che attribuiva all’uomo l’origine della vita e al nome del padre l’origine della cultura. Così, nell’ostilità verso di loro, era scritta -e non è difficile scorgerla- l’aspettativa grande di un cambio di civiltà di dimensioni epocali. Da questo faticosamente si liberarono trovando il valore della/nella propria esperienza, sperimentando con la pratica il bisogno di significare in libertà qualcosa di cui sapevano l’importanza.

Dall’ora cinquant’anni almeno sono trascorsi. Quelle giovani donne sono ora le nostre madri e da loro abbiamo appreso a mettere in discussione l’amore materno, attraverso il loro bisogno profondo di essere libere e di seguire l’intelligenza del cuore. Ma quante volte ancora, come allora, ci è data la circostanza di essere madri contro le nostre madri per correggere e perfezionare la loro opera? Quante volte ancora, come allora, si confondono i contenuti della relazione con la propria madre (se ci ama o meno, se è in un modo o nell’altro) con la natura (il dono ricevuto della lingua e della vita), che viene prima di tutto, prima di ciascuna di noi?

Se l’amore per l’origine e per la genealogia femminile andò perduto grazie alla rivoluzione sociale che ruppe anche molti legami -quell’origine data per grazia e per amore-, nel riconoscimento della vita ricevuta dalla propria madre si può ancora riscoprire quell’antico legame, che permette, in ultimo, di trasformare il rapporto con la sua opera, che siamo noi! Ciascuna di noi. Tutto ciò, di cui ha saputo insegnarci bene il femminismo degli anni ottanta-novanta che seppe mettere in circolo l’autorità nelle relazioni mediatrici, si rende estremamente necessario per qualsiasi rapporto di scambio di libertà con se stesse, con le altre e con gli uomini. Ed è bene ricordarlo, e tocca a noi nuove generazioni di donne farlo in modi inediti ed imprevisti… “poiché è l’amore ciò che rimane trattenuto quando una figlia perde il senso dell’autorità. Quell’autorità che è il di più femmnile che si dà nelle relazioni che significano qualcosa, che generano scambi dotati di senso”, nelle ralazioni umane che stabiliamo e accogliamo.

Valentina Festo

Citazioni, sintesi e pensieri tratti liberamente dalla lettura di Donne in Relazione, di Marìa-Milagros Rivera Garretas, Liguori, 2007.”"


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