Tutti noi in queste ore stiamo leggendo sui giornali della grave situazione cipriota, in molti s’interessano solo ora di Cipro e degli avvenimenti che gravitano attorno a quest’isola, ma, se possibile, Cipro da tempo raggruppa in sé una lunga serie di incongruenze che la potrebbero ergere ad esempio della traballante architettura europea.
Partiamo dall’inizio.
Cipro entra a far parte dell’UE nel 2004, ma, per essere più precisi solo la parte meridionale dell’isola entra a far parte dell’UE, in quanto la parte settentrionale è attualmente occupata illegalmente dall’esercito turco da circa 30 anni; si potrebbe tranquillamente sostenere che una frazione del suolo comunitario è occupato da una forza militare straniera, di un Paese, paradossalmente, anch’esso candidato ad entrare nell’UE. Al momento dell’ingresso nell’UE e fino a pochi anni fa, l’economia cipriota era considerata stabile ed affidabile, il Paese aveva chiuso il 2007 con un avanzo di bilancio pari al 3,3% del PIL (ed ancora 1,1% nel 2008). Ma gli stretti legami economici e finanziari con la Grecia, dopo che quest’ultima è stata risucchiata nella doppia spirale recessione-austerità, hanno speditamente mandato in frantumi l’idillio. Le banche cipriote, in anni recenti, hanno prodigato prestiti spericolati per oltre 18 miliardi di euro ai vicini ellenici. Una cifra che ormai, complice la recente ristrutturazione del debito greco, potranno recuperare solo in minima parte.
La situazione attuale è decisamente diversa. Cipro ad oggi soffre di una contrazione pari all’1,3% del PIL. Il tasso di disoccupazione è volato oltre la soglia del 10%, con picchi del 30% per i più giovani. Questa situazione ha portato il governo guidato da Christofias, ex Presidente della Repubblica e politico marxista-leninista, a richiedere aiuti. A differenza degli altri Paesi UE in crisi, Cipro, nel 2011, si rivolge alla Russia e, dati gli ottimi rapporti esistenti tra i due Paesi, l’ammirazione di Christofias per Putin e l’elevato numero di cittadini russi, circa 50.000, residenti sull’isola, riesce ad ottenere 2,5 miliardi di euro di aiuti. Come è facile immaginare questi aiuti si rivelarono insufficienti, ed esattamente come altri Paesi dell’ Europa mediterranea anche Cipro ha dovuto richiedere l’intervento del fondo Salva-stati, operazione non priva di difficoltà per il governo, in quanto lo stesso Christofias ha a più riprese criticato duramente la Troika, arrivando a bollarla come una “forza coloniale”.
Un elemento da sottolineare è che la scelta di tutti questi cittadini russi di insediarsi sull’isola non ha a che fare solo con le bellezze naturali, il buon clima o la religione ortodossa che accomuna i due Paesi, ma anche, o soprattutto, con un regime fiscale favorevole, con un’aliquota societaria ferma al dieci per cento e una lunga serie di esenzioni dall’imposta sul reddito, facendo di Cipro, ancora paradossalmente, una sorta di paradiso fiscale all’interno dell’UE. Esempio vivente dei rapporti fruttuosi tra Cipro e l’oligarchia finanziaria russa è Dmitry Rybolovlev, che dopo avere costruito un impero economico nel mercato dei fertilizzanti, ha costituito un fondo offshore che ha acquisito una partecipazione nella Bank of Cyprus.
Viene naturale chiedersi come mai la Russia abbia avvallato un prestito così ingente verso un Paese così in difficoltà. La risposta la si può ritrovare in due ragioni: la prima è che Cipro è un avamposto di straordinaria importanza all’interno del Mediterraneo, a maggior ragione in una fase come questa, in cui il Cremlino rischia di perdere l’unico vero alleato in medio-oriente, la Siria. La seconda è che il mare intorno all’isola nasconde un piccolo tesoro, nelle acque internazionali al largo di Cipro sono stati trovati giacimenti di petrolio e gas naturale. Si stima che possano fornire energia all’Europa per 50 anni e sono valutate da 9 fino a 12 trilioni di dollari americani. Non è difficile pensare che la Russia, come altre nazioni del mondo, sia interessata ad istituire un partenariato con la Grecia e Cipro per sfruttare queste risorse.
Veniamo infine alle notizie di questi giorni.
I Ministri delle finanze dell’Eurozona hanno deciso di concedere al governo cipriota un prestito di 10 miliardi di euro, subordinandolo all’imposizione del prelievo forzoso dei grandi conti bancari ciprioti, perché uno degli obiettivi dichiarati era quello di combattere il riciclaggio nel paese compiuto da uomini d’affari russo. Di conseguenza il governo ha imposto una tassa straordinaria del 6,75% per i depositi sotto i 100 mila euro e del 9,99% per quelli superiori. Con tale misura il governo prevede di incassare 5,8 miliardi di euro, cioè più del 30% dell’intero PIL dell’isola (17,5 miliardi di euro). Questa manovra è stata rinominata da molti come il “metodo Amato”; come, sicuramente, molti di voi ricorderanno il 10 luglio del 1992 infatti il primo ministro italiano Giuliano Amato, nel vano e dannoso tentativo di tenere agganciata la lira all’interno dello SME, attuò un prelievo forzoso dei conti correnti dei cittadini italiani del sei per mille. Come spesso accade dopo misure estremamente impopolari come questa, inizia il gioco dello scarica barile sulla responsabilità della decisione; proprio ieri, il Ministro delle finanze tedesco,Wolfgang Schaeuble, ha dichiarato che insieme al FMI erano d’accordo nel rispettare le garanzie di deposito per i conti superiori ai 100 mila euro. Ed ha sottolineato come sia stato il governo cipriota, la Bce e la Commissione europea a decidere per questa soluzione. Come dire: non è stata la cattiva Germania ad imporvelo.
Alla luce di queste misure attuate dall’UE viene da chiedersi se sia stato un caso straordinario o se ci si può aspettare manovre simili anche negli altri Paesi colpiti dalla crisi del debito. Mentre Il parlamento di Nicosia ho rinviato a domani la decisione relativa al prelievo forzoso dai conti correnti, in un’intervista a Bloomberg, Athina Kyriakidou, membro del Partito Democratico cipriota (DIKO), ha detto di essere convinta che l’Eurogruppo imporrà una misura simile anche negli altri paesi del blocco a 17. Se il diktat del prelievo forzoso passerà, metterà a rischio la stabilità monetaria dell’Unione stessa, arrivando a causare una fuga di capitali in quanto nessun Paese e nessuna banca potranno garantire la sicurezza dei depositi dei propri cittadini o clienti.