Questioni di preposizioni, niente di grave.
Fino a tre anni prima avevo un legame inscindibile con “di”: ero la figlia “di”, la nipote “di”, la moglie “di”, la malata “di”.
Ero sempre stata legata a qualcuno, da qualcuno o qualcosa, ero passata da un “di” all’altro senza conoscere veramente la bellezza di tutte le altre preposizioni, che pure hanno significati profondi.
“A” male, ero andata così.
“Da” sì, da una famiglia all’altra.
“In” certe circostanze, ma quasi mai scelte da me.
“Con” era quella che mi piaceva di più, aveva un senso di comunione. È la preposizione degli amici, della tribù e degli amori veri.
“Su” pareti rocciose e cascate di ghiaccio, piste da sci e sentieri panoramici, treni, moto e molta bicicletta. È la preposizione della libertà, delle mie fughe da ragazza, dell’ottimismo.
“Per” gli altri, poco per me.
“Fra” un attimo è quasi un mai più.
“Tra” mille pensieri c’è n’è sempre uno positivo, guarda bene.
Erano stati tre anni pesanti, vischiosi.
Adesso toccava a me darmi veramente una mano, tirarmi fuori dal tunnel e uscire a veder le stelle.
Provate a immaginare: una mattina vi svegliate e sentite qualcosa di “peloso” sul cuscino. Pensate sia il gatto, ma non è così. Vi alzate dal letto, vi guardate allo specchio: siete quasi calve. Vi toccate la testa e i pochi capelli che avete ancora vi rimangono in mano come ciuffi d’erba.È quello che accade a Gio in “Non avrai il mio shampoo”, colpita all’improvviso da una forma di alopecia areata.“Noi portatori di testa nuda abbiamo piccole convinzioni: l’alopecia capita alle persone sensibili; non è mai per caso; ti rende, tuo malgrado, migliore. Credo sia vero, ma non per meriti, piuttosto per la fattispecie della malattia stessa: l’alopecia ti lascia sano, non hai dolori, non ti ricoverano da nessuna parte, non devi occuparti di tamponare ferite, di fare riabilitazione. Niente. Non fa altro che portare via la tua immagine, te la strappa di dosso come l’imbianchino la tappezzeria vecchia.”E così, tra pareri medici e parrucche, vacanze al mare, vergogna e moti d’orgoglio, Gio riesce finalmente a guardare in faccia la realtà e a raggiungere il traguardo più difficile, ma anche quello che dà la soddisfazione più grande: accettarsi per come è e volersi ancora più bene.