Magazine Arte
Nicolò Paoli City Addict
Un Artista Metropoli-Dipendente
Artrè Gallery – Bruna Solinas Arte Contemporanea, Genova
di Viana Conti
Nicolò Paoli City Addict è il titolo di una mostra personale che ha come protagonista la città dove vive l’artista, una città che scorre nelle sue vene come una droga, una metropoli da amare e odiare, inspirare e dimenticare, da vivere, come autorizza il termine inglese Addict, come sperdimento, ebbrezza, trance, sogno, tutte percezioni da cui possono scaturire le visioni dell’artista, di un poeta, di un compositore. Arginare l’energia prorompente di passioni, che non mancano di connotarsi creativamente come ossessioni, è impossibile per Nicolò Paoli (1980, Mirandola, Modena, risiede e lavora a Genova), autore che esprime il suo io multidimensionale, le sue relazioni inter e intrapersonali, nel linguaggio della pittura, della fotografia, della grafica, del video, della performance.
Soggetto fortemente investito di intelligenza emotiva, nella doppia accezione di Daniel Goleman e di Howard Gardner, relativamente, per quest’ultimo, alle intelligenze multiple, in lui ogni possibile tensione cognitiva si placa nel momento in cui l’urgenza interiore, conscia o inconscia, trova la sua forma di esteriorizzazione, il suo sistema di rappresentazione. Tra i suoi fantasmi, dove hanno spesso pascolato mucche un po’ dark e un po’ angeliche, spesso santificate da un’aureola giallo oro, o erotici nudi femminili, prevale, in questa mostra, la città portuale che abita, Genova appunto, città mediterranea dai cromatismi multietnici, dai cui moli salpano o attraccano navi di emigranti o di immigrati; metropoli conflittuale, seducente, sdoppiata nel rapporto frontale con il mare aperto e l’anfiteatro collinare, alle spalle, dagli alti crinali rocciosi spazzati dai venti.
Recentemente, con la stessa gallerista-architetto Bruna Solinas, l’artista ha esposto sulla passeggiata di Nervi un ciclo di fotografie che riprendono, in bianco e nero, le spettacolari mareggiate da libeccio che convogliano onde giganti, nei mesi invernali, a rifrangersi violentemente contro la scogliera, alzandosi in spumeggianti e fragorose nuvole d’acqua. Altamente significativo è il titolo di questa personale - progettata e curata dalla stessa Bruna Solinas - sorta di dichiarazione di dipendenza da una città, che agisce sull’artista con le sue luci e le sue ombre, le sue attrattive e le sue avversioni, le sue aperture e le sue chiusure, come un allucinogeno mentale a cui è fatale assuefarsi. L’imprevedibilità del caso vuole che, nella stessa piazza dei Garibaldi, dove è sita la nuova Artrè Gallery, da anni sia attiva la Cerruti Arte che inaugura, lo stesso giorno, una personale che porta lo stesso titolo City Addict, deciso dall’artista Stefano Fioresi (1965, Modena, dove vive e lavora) ed empaticamente adottato da Nicolò Paoli. Questi stessi artisti, nel novembre/dicembre 2011, hanno esposto, sotto il nome comune di Stefanik, nella mostra/installazione/performance duale Genova senza parole - memoria d’immagini a quattro mani, nell’ambito del progetto Dogana - Giovani idee in transito, in Palazzo Ducale, a Genova.
Artista che si riconosce un’identità multipla, tendente agli eccessi ed a spezzare schemi comportamentali e sociali convenzionali, affronta una mostra come espressione e al tempo stesso liberazione dalle sue ossessioni. Nella sua opera la fotografia, tendente al bianco e nero, e la pittura, tendente al bianco, concettualmente convivono, come suoi specifici. In City Addict, accanto alle immagini, anche i materiali rivestono un ruolo di primo piano non solo a livello estetico-sensoriale, ma anche processuale, attraverso la trasformazione, nel tempo, della pelle dell’opera, tramite affioramenti di ossidazioni del supporto metallico, sovente rosso-amaranto, incrostazioni di resine, sgocciolature, spruzzi di colle e vernici. I visitatori sono accolti in mostra da un megaritratto di Bruna Solinas, delicato e prezioso come un Gustav Klimt su un fondo geometrico alla Helmut Federle.
Proveniente da intense esperienze di camera oscura, Nicolò Paoli se ne discosta per praticare quella terra di mezzo in cui l’intervento manuale diretto, non programmato, quello mediato dalle alchimie e quello numerico interagiscono nella fotografia, dando come esito un’opera che proviene dall’archivio analogico per entrare in sintonia con la riproduzione digitale. Il collage di formati A 4, sul supporto metallico, scandisce ritmicamente il fondo di Genova nella nebbia, cm. 90 x 215, restituendo un diorama, dal levante al ponente della città, in cui le cadenze ortogonali dei fogli di luce che, come quinte teatrali, riprendono lo specchio del mare, sfumano nei contorni d’ombra e oscurità delle coste frastagliate e delle insenature di Genova, restituendole spessore onirico e mistero. Il trittico Da Castelletto, costituito da lavori cm.120 x 80, si apre su quel panorama di ardesie grigie, che, appena velate da una spolverata di neve, si dispiegano sotto la spianata che ha ispirato al poeta Giorgio Caproni parole come Quando mi sarò deciso / d’andarci, in paradiso /ci andrò con l’ascensore / di Castelletto, nelle ore notturne, / rubando un poco / di tempo al mio riposo. Un Pesce, cm. 40 x 100, strappato ad un destino di anonimato, acquisisce, nella tecnica mista fotografica, una dignità archeologica di fossile. Funzionano come finestre aperte sulla città le fotografie velocizzate time-lapse (ad intervallo di tempo) che scorrono, in loop, su alcuni monitor in mostra. Le panoramiche da Piazza Cavour a Caricamento e Via Gramsci ricostruiscono il Waterfront di Genova sul Porto Antico, ma le vere protagoniste di questa mostra sono le Gru, mobili, a braccio fisso, snodato, su basamento, riprese da Nicolò Paoli in una carrellata da Fronte del Porto. Brune, su fondi maculati, ossidati dal supporto in metallo e dalla memoria, compaiono come scheletri meccanici. Sono vecchie conoscenze che si ripresentano discretamente, ma incisivamente, come fantasmi familiari.
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