Mi sento un po’ confusa e non so a chi delle tre persone devo rispondere ma sceglierò la più semplice, ovvero la Dottoressa Gallerista, operatrice di settore… Beatrice Rea…..
Sul piano politico il titolare del blog le ha già risposto, a me, invece, preme chiarire la questione: “cosa si intende per appendere quadri”. Ebbene appendere quadri vuol dire piantare un chiodo nel muro e collocare su di esso il quadro. Semplice!
Poi c’è il cataloghino, con le premessine, le critiche delle amiche e non, i biglietti invito, qualche comunicato assolutamente locale e il botto della vernice, poi vuoto assoluto, la mostra non esiste più se non per qualche tour organizzato che non deve mancare a fini propagandistici.
Questo è il ritratto delle mostre cremonesi, salvo qualche rara eccezione.
Neanche nell’800 facevano queste cose e men che meno i borghesi che di soldi da spendere all’epoca ne avevano davvero tanti. Mi chiedo a cosa serva spendere soldi per un evento così limitato? Che vantaggi ne trae un artista se non c’è un vero ufficio stampa che ne diffonde il lavoro e mostra le opere fuori dal ponte del Po…se ci arriva!
E qui entra la mia competenza di anni maturati in campo internazionale, dove ho iniziato la mia carriera di professionista della comunicazione partendo dai piccoli eventi per giungere ai sogni impossibili per una ragazza di provincia. Non mi sono fatta mancare nulla, nonostante il tempo per lo svago fosse davvero ridotto, ma ho avuto anche il coraggio di studiare con sacrificio quattro lingue straniere che parlo fluentemente, senza che papà mi mandasse al college come le signorine per bene. Questo mi permette di esprimere alcuni giudizi frutto del sudore e della fatica di chi si è misurato fuori dalle mura di una città da sempre morta sul piano culturale.
Questo modo di concepire la cultura, classica o moderna che sia, è inutile, provinciale e pericolosamente chiusa su se stesso. Non c’è bisogno di essere galleristi o professori per fare questo genere di eventi, andiamo!
I ragazzi non vogliono questo, legga il blog ed impari ad ascoltare gli altri, se proprio non ne vuole sapere di leggere i miei interventi. Io non conosco davvero il professor Bonali ma se fossi in lui inizierei a prendere le distanze da alcuni suggerimenti che potrebbero far sprofondare, definitivamente, la cultura locale nel baratro e magari fargli fare del facchinaggio di tele…non me ne voglia il professore.
Ci pensi, ammettere i propri limiti aiuta poi a ripensare idee vincenti. Lo dico nel suo interesse, perché sappiamo tutti che ci tiene. Io, no.
Claudia Cremonesi
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