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Claudia: “Sarò sabbia del deserto”

Creato il 25 luglio 2012 da Tipitosti @cinziaficco1

Una malattia grave, la deflagrazione di un amore che credeva eterno. Anni
di disperazione e solitudine. E poi la rinascita, nel Deserto del Thar.

Claudia Lorusso, nata a Pavia nel ’68, ma barese d’adozione, ce l’ha fatta. Ha riacciuffato la sua vita. Ogni mattina può riaprire gli occhi e non avere più paura. Merito di un viaggio in India, che descrive nel suo libro: “Sarò sabbia del deserto – Diario al femminile di un viaggio e di un riscatto”- Edizioni Gelsorosso. 

Claudia: “Sarò sabbia del deserto”

“Sì – conferma Claudia – oggi posso vedere una nuova me, grazie a questa esperienza: viaggiare all’interno di un viaggio. Così ho ripensato alla mia vita con nuovi occhi. Non ho mai naturalmente vissuto. Non ho mai semplicemente amato. Ho voluto vivere con ostinazione. Con ostinazione, ho scelto di amare. E volontà e scelta sono state sempre espressione ostinata di un istinto potente e di una passione mai davvero riconosciuta. A distanza di sei anni da quel viaggio, riconosco con orgoglio la mia inquietudine, la mia passionalità, la mia mobilità. Ecco, il senso, dunque. Il viaggio in India ha rivelato la parte più autentica di me, rendendola libera. Scrivere del viaggio mi ha reso finalmente consapevole della mia autenticità e della mia libertà”.

Claudia lo ammette: “Non so bene cosa sia successo. Oggi sono certa di quello che sento. E quello che sento è pura energia, una pulsione irrazionale che esige di esplodere. Senza più paure, colpe e rimpianti, a pungermi il cuore, questa volta, è un istinto tormentoso, un’ansia curiosa di quello che sarà domani, di come sarò domani”.

L’india – lo dice più volte – l’ha completamente disarmata. Tanto che dichiara: “In futuro non sarò capace di limitare al presente il mio orizzonte esistenziale, avrò bisogno di un oltre a cui tendere, spazi e luoghi da conoscere ed esperienze nuove da scoprire. Sono disposta ad accettare la trasformazione e la contraddizione, sono disposta a rischiare per cercare una felicità possibile. Così senza ragioni e senza difese, senza schermi e senza armi, sono pronta ad arrendermi alla vita”.

Ma perché il desiderio di vivere, anche se per poco, nel deserto? E come può il deserto essere stato per lei tanto fecondo di forza e speranza?

L’idea del viaggio, o meglio l’urgenza del viaggio è nata da una necessità di fuga in un altrove lontanissimo. Questo altrove è stato il Rajasthan, in India. Nel mio viaggio in India è avvenuto l’incontro con il deserto, il deserto del Thar. E per me è stata la prima volta. Cercavo di fuggire dalla solitudine”

Il deserto è, però, anche solitudine!

La solitudine, a cui alludo è la conseguenza della fine di quello che credevo l’amore della mia vita, durato vent’anni. Come dico nel libro, il dolore si è presto trasformato in vertigine, un vuoto smisurato, che ha preso forma di voragine, entro cui ho rischiato di divorare me stessa. In realtà, questo terribile dolore dell’anima, recente rispetto al viaggio, è stato l’imbuto attraverso cui è passata la sofferenza del corpo, della lotta contro il cancro, affrontata qualche anno prima. Come spiego, nel caso della malattia,
paradossalmente, mi sono sentita più forte, meno disarmata, anche se la forza generata dalla paura è sempre fragile. Ancora oggi, questa è una difficile certezza con cui mi confronto a fatica.

Torniamo al deserto

Claudia: “Sarò sabbia del deserto”

Ho scoperto che il deserto non ha misure e non ha condizioni, come la verità. A Jaisalmer ho scoperto che la mia verità è selvaggia e primitiva, senza misure e condizioni. Sì, nel deserto del Thar sono stata sola. Ma per lungo tempo la mia solitudine è stata quella delle quattro mura, chiusa e vuota, la solitudine dell’abbandono, dellavertigine che costringe, contrae e annienta. Quella del deserto non fa paura. E’ la vertigine piena dell’infinito, quella in cui il pensiero si espande sconfinando da se stesso, cercando all’infinito altri spazi ed altri limiti da varcare. E’ la solitudine della scoperta e della conquista, della scelta e della libertà.

Quanto tempo è stata nel deserto?

La mia permanenza nel deserto è durata poche ore. Ma è bastata. In quello spazio del possibile, si è concluso il percorso di liberazione cominciato il primo giorno, in cui l’odore dell’India mi ha fatto percepire che, una volta lì, non sarei potuta tornare indietro. E che, al ritorno, non sarei stata più la stessa. E’ stato un percorso di lenta liberazione, come ho detto, un dialogo continuo ed eccitante tra i sensi sorpresi e il cuore inquieto, tra l’occhio e l’anima.

Una rinascita tra le quattro mura di casa con l’aiuto della sua famiglia era per lei difficile da immaginare?

Durante quel difficile periodo, ho avuto la fortuna di avere vicine la mia famiglia e le “amiche sorelle”, davvero straordinarie. Ma quando il senso di vuoto è tanto devastante, il conforto,per quanto importante, da solo, non può aprire le porte della rinascita. Quelle bisogna spalancarle da soli.

E’ credente?

Sono credente, ma confesso che in quei momenti non mi sono rifugiata nella fede. Forse la mia non è una fede così grande, ed è probabilmente un mio limite. D’altra parte, sono convinta che l’unica vera preghiera è la nostra vita, quello che troviamo il coraggio di essere o di non essere nel tempo che è nostro.

Cosa è successo subito dopo il suo rientro in Italia?

Quando sono tornata dall’India, per quattro anni, mi sono immersa nella trasformazione, concedendomi l’emozione senza una reale comprensione. Poi, è arrivato il viaggio nel viaggio. Una mattina mi sono svegliata e ho sentito che il magma che avevo dentro pretendeva senso, ragione, consapevolezza. Ed ecco la scrittura.

Claudia: “Sarò sabbia del deserto”
Oggi? 

Mi sento “nuova, viva e vera”, come ripeto nel libro. La verità di questa nuova me non è però rassicurante. E’ la verità dell’inquietudine, della passionalità, della mobilità. Ma ogni verità è sempre figlia della conoscenza e ogni conoscenza, ogni forma di consapevolezza è, in qualche modo, garanzia di libertà. Di questa libertà è metafora il deserto. Come quello del film di Bertolucci e quello leopardiano. Sì, quello  del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, più affascinante: solo l’ immensità silenziosa di terra e stelle, rotta dalle domande senza risposta del pastore alla luna. Forse il mio percorso era già cominciato, forse ero già pronta.

In un posto diverso dal deserto non sarebbe avvenuto il suo riscatto?

Se fossi andata a New York invece che in India non sarebbe stata la stessa cosa. In India la razionalità occidentale perde l’equilibrio ed è costretta a trovarne altri. Solo il contatto con l’India, luogo di armonia nelle contraddizioni ha reso la scoperta della nuova me così dirompente e esaltante.

In futuro?

Intanto, a breve, un viaggio in Marocco con l’ormai immancabile deserto. E poi ho in mente il soggetto per un romanzo. Vorrei riuscire a sperimentarmi in una storia d’invenzione e in terza persona. Spero in un’altra sfida di conoscenza e scoperta. Quello che conta è che oggi sono pronta. Sarò sabbia del deserto, tenace e duttile, arroventata dal sole e modellata dal vento, determinata e possibile, sempre nuova, viva e vera.


Cinzia Ficco


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