di Rina Brundu. Odio il termine “ignorante”. Nel mio immaginario è termine che descrive soprattutto chi lo usa. E i suoi limiti. Anche per questi motivi sono sobbalzata sulla sedia quando ieri, sul Corriere.it, ho letto l’articolo di Claudio Magris “Perché siamo diventati così ignoranti”. Catenaccio: Google, Wikipedia e la Rete – un eccesso di informazione che minaccia la cultura.
Anticipo che nello scritto che segue, scritto teso a confutare gli argomenti presentati dal dottor Magris nel pezzo di cui sopra, finanche il “vocabolario” usato da questo noto scrittore, peccherò senz’altro di lesa-maestà-intellettuale, ma non intendo chiedere venia per questo; non lo farò se – come spero – riuscirò a motivare in maniera sostanziale le ragioni della mia critica.
L’articolo in questione oltre ad avermi fatto “sobbalzare” sulla sedia mi ha infatti lasciata parecchio perplessa. Per esempio non mi riesce di capire come si possa scrivere che un “eccesso di informazione” minaccia la cultura. Addirittura che “Google, Wikipedia e compagnia bella” siano gli agenti patogeni responsabili del deleterio status-quo. Bontà sua, il dottor Magris si premura di specificare: “Non è strano che la cultura possa essere indebolita da un eccesso di informazione che impedisce di selezionare e di riflettere e mette in difficoltà i tempi dell’autentica cultura, che non è cumulo di nozioni bensì capacità di critica e autocritica, passione e distanza. Cultura, diceva Lin Yutang, è amare e odiare con fondamento. È strano invece che a impoverirsi paurosamente sino al ridicolo sia l’informazione, anche la pura e semplice informazione priva di riflessione”.
Peggio che andar di notte! Oltre la parola “ignorante”, io odio il termine “autentica cultura”. Mi fa paura, mi ricorda scene del nostro passato neppure troppo lontano, scene che ho visto magistralmente rappresentate nel film “The Pianist” di Roman Polański (2oo2), un film che raccomando al dottor Magris e non solo a lui. Ma soprattutto è il “gist” del paragrafo appena citato che mi lascia con la forte impressione che il dottor Magris stia confondendo il concetto di “scrittura digitale” con il concetto di cultura. Cultura, infatti, non è solo amare e odiare con fondamento come diceva Lin Yutang, cultura per me (ma, fortunatamente, non solo per me), fa equazione con il respiro dell’universo. Tutto è cultura: povera, ricca, knowledgeable, svagata, dimenticata, futura, presente, finanche assente; e, in questo senso, non vi sono persone più “acculturate” di altre.
Ci sono invece – senz’altro, dottor Magris – persone più knowledgeable di altre; ma ,pensi un po’?, alcune tra costoro sono proprio gli spiriti che hanno creato e ancora fanno vivere due straordinari strumenti messi a nostra disposizione dal loro genio: Google e Wikipedia. E perché questi strumenti sono tanto straordinari? Perché l’informazione non è, non sarà, mai abbastanza (di fatto la nostra libertà intellettuale è direttamente proporzionale alla quantità di dati misurabili cui riusciamo ad accedere!). Usare invece l’informazione con criterio è altra cosa. La faccenda pertiene alla capacità di metodo che ciascuno di noi ha saputo fare sua nel tempo, alla bontà della metodologia che usiamo per districarci tra le diverse fonti informative. Non tutte eccellenti ma, a loro modo, tutte degne! Di fatto anche la contro-informazione è cultura, sovente espressione dello spirito ribelle di Dio che vive in noi. Di sicuro di uno spirito intellettualmente-ribelle molto simile a quello di acuni dei suoi figli più ispirati: da Oscar Wilde a Bernard Shaw, dai folli, pazzi, straffotenti, geniali, imprevedibili autori dei capolavori letterari, a quelli dei capolavori pittorici e, in verità, di ogni arte sotto il sole.
Detto questo, non credo che farei un grande servizio agli autori del libro citato dal dottor Magris nel suo articolo (che l’articolo si risolva in realtà nell’essere una mera recensione editoriale?), a sostegno delle sue tesi, citandoli di mio. Ciò perché leggendo il pezzo pubblicato sul Corriere.it, sembrerebbe che questi autori abbiano proceduto a denunciare la mancanza di “cultura” dei tempi, usando come benchmark “l’incredibile ignoranza” dei nostri politici nei loro diversi interventi. Ciliegina sulla torta, Claudio Magris scrive: “XXX e YYY (nda: omissis pergli autori che non voglio citare), simpatizzano col centrosinistra, ma per equità non risparmiano l’ignoranza dovunque la trovino”.
Mi permetta dottor Magris: trovo lo statement bizzarro! E allo stesso modo trovo ridondante quando non obsoleti, retorici e molto nazional-popolari, i suoi statements relativi alle supposte pecche della classe dirigente; queste pecche infatti ci sono senz’altro (e non solo tra i rappresentanti della classe dirigente!), ma quando si tratta di andare a toccare le capacità di intelletto di Tizio e di Caio sparare nel mucchio può essere controproducente. Per esempio, posso dire con una data sicurezza che pochi dei suoi “eletti” e “colti” (perché immagino ci siano, se non altro per manichea necessità), abbiano regalato all’umanità, di oggi e di domani, grazie al loro sapere, ciò che hanno saputo donare Larry Page, Sergey Brin e Jimmy Wales.
E se non sa chi sono (magari perché non presenti nella Sua lista dei “colti” e degli “eletti”): please, do google them and search for the related wiki articles!
Note:
a) Il link al pezzo su Corriere.it
b) Franco Luceri questo pezzo sulla “cultura” (come dici tu) è dedicato a te, in risposta alle tante “risposte” che non ti ho mai dato nei commenti.
Featured image, lo straordinario Larry Page al Parlamento europeo nel 2009.