Cliente n° 30

Da Emanuelesecco

Lei era al bancone, a pochi metri da me, puntandomi. Beveva uno shot dietro l’altro, come se le fosse rimasto solo quello. Sembrava non aver vita. Espressione anonima e occhi spenti. Era dentro il bar da almeno un’ora, e la decina di shot trangugiati sembravano non avere il minimo effetto su di lei. Si sosteneva completamente sulle braccia, ultime colonne d’Ercole prima della caduta a testa in giù sulla moquette. Sembrava essere intenzionata a starsene a bere ancora per un bel pezzo, sempre che non si fosse presentata un’occasione più allettante per passare la serata.
La osservavo. Davanti a me l’ultimo whisky prima di mettermi al lavoro. Un’ambrata vena di calore prima dell’istante fatidico. Una vecchia abitudine dura a morire, come certi mestieri del resto. Eppure, per quanto mi stessi sforzando di seguire le regole, sapevo che questa volta non sarebbe stato semplice. Le donne sono in possesso delle armi più letali al mondo, e lei le stava usando tutte.
Continuai a osservarla ancora per qualche minuto. Ordinò un altro shot, e come con i precedenti passò la lingua sui bordi del bicchiere, fissandomi ardentemente prima di scolarselo in un colpo. I suoi occhi trasudavano sesso lontano un miglio. La sua lingua sembrava pronta a entrare in azione.
Sembrerà impossibile, ma anche a quelli come me riesce a rizzarsi l’uccello davanti ad un simile spettacolo. Non siamo fatti di ghiaccio. Se c’è da fare un lavoro lo si fa, il guaio è che il cliente non si mette mai a farti annusare la fica per fartene venir voglia.
-Ehi, tesoro-, disse quella voce piatta, -che ne dici di farmi un po’ di compagnia?-
Erano passati appena cinque minuti da quando me l’aveva proposto per la prima volta e io avevo fatto finta di niente. Non potevo cedere alla voglia di scopare. Mi dispiace ma non si fa così. Con questo secondo invito la cosa cominciava a farsi molto più difficile. La ripetitività cominciava a fare a pezzi il mio autocontrollo, mandando via via in frantumi la lunga carriera fatta di regole mai violate. Di sicuro Jack non sarebbe stato orgoglioso di me, ma in fondo non si poteva rimanere indifferenti di fronte a quel corpo. Bocca perfetta per tirare pompini. Dio, quanti uomini avrà soddisfatto nella sua vita.
-Ehi, dico a te-, questa volta alzò la voce, -vieni qui! Ho una certa voglia.- Il barman sembrò non aver udito nulla. Forse era abituato alla spudoratezza di quella puttana.
Ah, ‘fanculo, pensai. Un pompino non mi avrebbe fatto male, anzi. Avrebbe solo allietato l’ennesima serata lavorativa.
Chiamai il barista e feci portare alla signora due shot di Wild Turkey. Da quello che avevo capito era il suo preferito, e anche il mio.
Lentamente mi alzai dallo sgabello e, con passo sicuro, mi diressi verso la pollastra. Niente da dire: indossava una camicetta rossa aperta quel tanto da lasciar intravedere i seni grossi e morbidi, scarpe col tacco e una minigonna nera che lasciava in bella mostra il più bel paio di calze a rete che avessi mai visto. L’arnese cominciò a indurirmisi. Buono, pensai, presto sarà il tuo turno.
Lei accettò volentieri l’offerta. Tempo cinque minuti ed eravamo in uno dei cessi del bar. Le sue mani intente a sfilarmi i calzoni. Camicetta e reggiseno appoggiati allo sciacquone e quei seni enormi in bella vista.
Inginocchiata davanti al mio uccello, prima lo prese in mano, poi cominciò a leccarlo di buona lena. Quando me lo prese in bocca temetti di venire al primo colpo. La bocca così umida, la sua lingua così esperta. Sentivo che me la sarei goduta fino in fondo. Perché non cedere a qualche piacere ogni tanto? Il detto dice che prima del piacere ci sarebbe il dovere. Cazzate!
Il lavoro di lingua si fece sentire con più vigore e così per altri cinque minuti buoni, finché non le venni in faccia. Fu uno schizzo liberatorio. Era davvero troppo tempo che non provavo qualcosa del genere. Non era amore, chiariamoci, era puro istinto.
Lei cominciò a pulirsi il viso dal mio bianco fluido. Appena lo sciacquone ebbe ingurgitato l’ultimo brandello di carta igienica macchiato di sperma, la mia fida 9 mm silenziata fece il suo dovere. Lo sciacquone e il muro si tinsero di rosso. Del resto era per quello che quella puttana mi aveva fatto pervenire la somma di 5.000 dollari in forma anonima.
Chissà se avrei mai potuto godermi quel pompino se lei avesse saputo che lo stava succhiando al suo assassino.
Ironia della vita, a volte sei persino costretto a pagare per fartelo mettere nel culo. Letteralmente.
Cliente numero 30 andato.
E.

Racconto inviato per un concorso fatto partire dalla Giulio Perrone Editore, al quale, come c’era da aspettarsi, non ha vinto. Va be’, sarà per un’altra volta. Intanto è tutto per voi.

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