Magazine Cinema
di John Crowley
con Eric Bana, Rebecca Hall
Gran Bretagna, 2013
genere, thriller
durata, 96'
Per capire quale sia stato il lascito dell'11 settembre nell'immaginario delle persone, basterebbe riflettere sull'accelerazione di tutte quelle pratiche connesse con il controllo ed il disciplinamento della società, e sulle ricadute che tale fenomeno a causato in termini di paranoia ed intolleranza. Di questo ed anche di più si occupa "Closed Circuit" il nuovo film del regista inglese John Crowley, poco attivo sugli schermi ma segnalatosi per l'interessante "Intermission", corto circuito a sfondo proletario interpretato tra gli altri da Colin Farrell in una delle sue rare sortite casalinghe. La storia e' preso detta com un micidiale attentato terroristico che miete vittime innocenti ed un processo per direttissima che vede una coppia di avvocati prenderne parte in veste di difensori del presunto mandante della strage, Farorukh Erdogan, incastrato da una serie di telefonate all'attentatore kamikaze. Ovviamente niente e' come sembra, ed i due legali, peraltro uniti da un passato sentimentale ormai chiuso, si ritroveranno isolati, e coinvolti in una spirale di crudele violenza. Debitore di tanta letteratura cinematografica a sfondo complottistico - su tutti ci sentiamo di ricordare "I tre giorni del condor" per le implicazioni del rapporto tra individuo e potere- "Closed Circuit" ha due motivi di interesse. Quello più evidente va ricercato nella presenza di due performer come Eric Bana e Rebecca Hall, frequentatori intelligenti di un cinema che riesce a non penalizzarne le rispettive peculiarità. L'altro più nascosto ma forse più interessante dal punto di vista dei meccanismi cinematografici è la presenza in veste di sceneggiatore del neo regista Steve Knight, scrittore di pregio (ricordiamo la firma del plot de "La promessa dell'assassino" di David Cronenberg) ed atteso nella prossima stagione per il suo "Locke", a detta di molti il miglior film dell'ultima mostra veneziana. In attesa della svolta registica è comunque impossibile non riconoscerne alcuni dei topoi più ricorrenti, come quello legato al tema della redenzione, solitamente innescata nel corso della storia dalla presenza dell'elemento femminile, elemento salvifico che porta i protagonisti a riscattarsi dai fardelli del passato. Succedeva così al killer della mafia inventato per il film del maestro canadese, come pure al reduce fuggiasco interpretato da Joson Staham in "Redemption", opera prima di Knight. Una regola a cui non sfugge neanche Martin Rose (Erick Bana), avvocato cinico e senza scrupoli costretto a rivedere le proprie priorità quando di tratterà di proteggere la collega che un tempo ha amato. Un umanesimo chiamato a fare i conti con una visione del mondo dominata dall'inesorabilità di un destino avverso, e governata da un sistema repressivo ed occulto. Da questo punto di vista "Closed Circuit" è paradigmatico, con lo stillicidio di immagini dei protagonisti filmati attraverso telecamere a circuito chiuso (come capitava in Redemption) che identificano la rete di controllo messa a punto dall'ipotetico avversario, rappresentato, come vuole il genere, da una sorta di grande fratello comtemporaneo.
Immerso nell'atmosfera plumbea e desolata dell'inverno londinese "Closed Circuit" si concentra soprattutto sulla caratterizzazione dei personaggi, le cui psicologie delineate per contrasto dal non detto suscitato dalla pregressa liaison, si sovrappongono perfettamente al clima di tensione suscitato dall'incalzare degli avvenimenti. La coincidenza tra i motivi personali, derivate dall'individualità dei singoli personaggi, e le ragioni della Storia, che appartengono al sentire comune e che il film puntualizza mediante i commenti dei finti telegiornali subito dopo la sequenza d'apertura, costruiscono un meccanismo drammaturgico che non perde un colpo in termini di suspense e di ritmo. Qualità che rendono meno evidente la convenzionalità della trama poliziesca ed un eccessiva semplificazione dei passaggi che porteranno allo scioglimento dell'arcano. Ancora inedito in Italia, il film meriterebbe senz'altro una distribuzione.
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