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Cloud Nine - La culla della notte (II parte)

Da Lerigo Onofrio Ligure @LerigoOLigure
– Coordinate raggiunte. – – Qui? Rods hai preso un abbaglio! – – Signore le coordinate sono corrette, sulla mappa c’è un semplice spiazzo e più avanti un bivio, ammesso che le rilevazioni siano ancora attuali. Non ho altre informazioni in merito, ma rilevo i vostri segnali alle coordinate indicate. – L’idea che Rods fosse cieca spaventava Selene: dopotutto era stata l’hacker a portarli fuori dai guai fino a quel momento e non poter più contare sulle sue informazioni era un problema che Selene non aveva ancora metabolizzato.
– Non c’è un dannato nulla qui. – fece notare Niemi – La tuta rileva solo roccia. – – Confermo. – gli fece eco Roman. Selene invece si sentiva dannatamente troppo nervosa e non solo per la mancanza d’informazioni: le sue percezioni mentali non riconoscevano quel senso di disagio come un problema, ma sentiva i peli sulla nuca rizzarsi e l’odore dell’aria farsi meno respirabile, come se mancasse ossigeno. Fece per chiedere agli altri se avessero difficoltà nel respirare, ma s’interruppe quando si rese conto che la cartina di cui parlava Rods e la realtà dei tunnel combaciava ancora dopo più di trent’anni. Illuminò con la torcia il tunnel che proseguiva, trovando il bivio di cui parlava l’hacker. Tutto identico a trent’anni fa, com’è possibile? Per un attimo ripensò all’indizio lasciato per loro: era costruito troppo bene e tutti i Mutanti erano stati uccisi nello stesso modo, come una dannata trappola per agenti segreti. Deglutì a vuoto, rendendosi conto di avere la bocca terribilmente secca e il respiro troppo veloce – Perché i Mutanti non hanno modificato questo luogo? Tutti i tunnel sono stati stravolti dalla guerra, tranne questo! – – Forse perché è lontano dalla loro tana. – fece Niemi. – Ironico, siamo nella loro tana da giorni ormai! Tutti i tunnel sono la loro dannata tana. – imprecò Larsson guardandosi attorno con rinnovata preoccupazione. Per lui non doveva essere diverso da qualsiasi altro tunnel, come gli altri era cieco allo sconvolgimento psionico che Selene sentiva in se. – Mantenete la calma. – esortò Pratt aprendo il suo zaino per tirarne fuori una seconda sfera polifunzionale. – Non ci serve la luce, Pratt. Abbiamo le tute. – – Abbiamo bisogno di un sensore a lungo raggio per Gill. – – La sfera mi permetterà di estendere la rete di sensori per sedici chilometri quadrati. – confermò la donna con un tono sollevato – Oltre che darmi maggiori informazioni sui motivi per cui non si sono verificate variazioni di quel tratto da trent’anni. – Selene sospirò, in cuor suo avrebbe preferito tornare al piano originale e non seguire le tracce lasciate dagli incensati, ma la situazione richiedeva calma e soprattutto il distacco che solo un agente esperto poteva avere. Come leader della squadra non poteva permettersi di lasciarsi andare più di quanto non avesse già fatto, ma se l’attrazione fisica per Larsson era giustificabile, di certo nessuno avrebbe visto di buon occhio una fuga isterica. La sfera polifunzionale venne lanciata in aria e si aggrappò al soffitto della grotta, irradiandola di luce azzurrina – Sensori operativi. Sto per allacciare la sfera alla rete dell’esercito. – – Si renderanno conto di aver… – – Colonnello la griglia di sensori viene aggiornata ogni settimana, crede davvero che non sarei in grado di nascondere la sfera per un po’? – lo derise Rods, mentre sui visori della squadra comparivano le nuove informazioni. – Rods effettua una scansione a lungo raggio per rilevare altre tracce psioniche, voglio proprio vedere quando T’Taf si stancherà di questa dannata caccia al tesoro. – ordinò Selene per nulla rinfrancata dall’avere di nuovo le funzionalità dell’hacker dalla loro parte. Per calmarsi si avvicinò a una roccia sporgente, con l’intenzione di sedersi, slacciò lo zaino e si lasciò cadere con un lunghissimo sospiro. Ignorò il senso di disagio sempre più opprimente e chiuse gli occhi per un istante, voleva scacciare quei turbamenti e pensare solo al modo di uscire dalla situazione che si era venuta a creare. Cercò di concentrarsi sull’atollo di Botany dove aveva passato una splendida vacanza qualche anno prima, ricostruì con la memoria la sabbia finissima e l’aria calda che le scompigliava i capelli, l’infinita bellezza dell’oceano. Una folata di vento gelido spazzò via la sabbia dell’atollo, mentre il sudore le si appiccicava addosso provocandole i brividi. Le unghie spezzate e sporche di terra, il dolore alla tempia che non accennava a scemare e l’odore di morte che sentiva sui propri vestiti, percepì un piacere perverso nel sentire il sangue sulle labbra e la tenebra più profonda nel cuore. Riaprì gli occhi di scatto. Avrebbe voluto gridare, ma non le riuscì: era come se quella visione l’avesse soffocata, facendola svegliare in un altro sogno, in cui c’erano tunnel e morti. Cercò di afferrare lo zaino, ma le cadde a terra, incastrandosi tra il masso e il costone di roccia della caverna. Con mano tremante cercò di liberarlo, trovando una borraccia decisamente xatrana. Lanciò uno sguardo agli altri, intenti a discutere cosa fare, con Rods che snocciolava dati su dati tramite i sensori, nessuno le prestava attenzione. Non seppe dire perché fosse meglio così, ma si chinò a liberare lo zaino e afferrò la borraccia cercando di trovare il nome del suo proprietario o almeno la sua provenienza. Scostò la terra e ne ripulì la superficie con attenzione, ritrovando un simbolo che la flotta xatrana aveva dismesso da più di vent’anni: due mezze circonferenze che inscritte in un quadrato andavano a formare una X. Sotto quel simbolo ormai in disuso c’era una sola parola. Xaletra. Selene trasalì, lasciandola cadere e scostandosi, come avesse visto un fantasma, di nuovo tentò di gridare senza risultato. Non può essere, non è possibile! Gridò nella sua mente, cercando di razionalizzare. La Xaletra era stata la prima nave a impiegare un equipaggio misto di umani e incensati, era stata il simbolo della guerra e la sua leggenda era inquinata solamente dalla disastrosa spedizione nei tunnel, in cui persero la vita più di cinquecento uomini. Le allusioni di T’Taf al riguardo dovevano avere proprio l’obiettivo di portarti qui, lui sapeva cosa mostrarti per impedirti di andare avanti! Si avvicinò ancora alla borraccia, consapevole che T’Taf le avesse giocato un dannato scherzo e per quanto lui fosse uno dei pochi sopravvissuti di quel tragico evento, nessuno avrebbe dovuto sfruttare i morti della Xaletra per uno scopo personale. Afferrò lo zaino, decisa a rimettere la borraccia esattamente dove l’aveva trovata, ma un nodo allo stomaco la costrinse a un lungo respiro. Non voleva farsi trovare in quello stato dai suoi uomini o dal Colonnello, specie non voleva vomitare in quel frangente. Solo in quel momento si rese conto che proprio in corrispondenza della borraccia c’erano dei segni, una scritta tracciata da mani umane sulla roccia, i segni poco profondi e stentati indicavano poca forza e una mano sufficientemente piccola per essere quella di una donna. Selene arrivò a leggere fino alla firma, più stentata e quasi illeggibile, ma quando lesse quelle iniziali, lanciò un gridò pieno di terrore.
Per chiunque passi di qui, sappiate che in questo luogo è nato un mostro più pericoloso e più affamato della morte stessa. Possiate perdonarmi tutti per ciò che ho dovuto accettare e per il mio patto di sangue con la bestia. La notte e l’oscurità possano accompagnarmi nel mio destino e darmi una morte veloce.
NN

Cloud Nine - La culla della notte (II parte)

Fare la spia vi sconvolgerà la mente!


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