Anne era stata inviata con i ricordi di Selene Levkova per testare quanto potenziale psionico fosse necessario, in pratica come una vittima sacrificale pronta al macello sull’altare del settore M12. Anche a costo di perderla e dare al nemico una nuova arma.
La memoria di un laboratorio perfetto e pulitissimo era sempre più vivida nella sua mente, il suo primo respiro era avvenuto in quel luogo, mentre vomitava liquido di stasi e nutrimenti, nuda e spaventata come solo l’esperimento di un pazzo poteva essere.
Ricordò nitidamente l’ago dell’uomo che l’aveva svegliata infilarsi nella sua fronte e il sangue colarle sugli occhi e in bocca. Sapeva di metallo e Anne ne aveva riconosciuto subito il gusto.
Dopo averle perforato il cranio gli M12 le avevano dato la memoria di quelle come lei, svegliate prima e già morte. Di fatto avevano resuscitato la vera e unica Anne Gather: la prima di loro a essere uscita e l’unica a non aver dovuto subire l’innesto di personalità da parte di una macchina.
Il dolore per quegli innesti di memoria era ancora vivido e le venne l’impulso di toccarsi la parte di cranio che le avevano perforato, ma la rabbia scacciò l’istinto e le fece allungare il passo. Voleva uccidere qualcosa che fosse diverso da un Mutante senza cervello, anzi voleva proprio sentire il sangue di quei traditori sulle sue mani.
Non poteva dire quanti agenti M12 c’erano: per quanto la sua memoria e le sue capacità psioniche fossero tornate, la sua conoscenza della squadra M12 si fermava al suo supervisore che si spacciava per l’amante della povera Selene Levkova. Cercò di ricordarne il nome, ma il volto di Harold Pratt era l’unica cosa che le tornava in mente, tra le vampate d’odio e il dolore per aver compreso di essere stata presa in giro dal trucco più vecchio del mondo.
Stava attraversando la foresta pluviale e tra la vegetazione fitta riconobbe i classici nuvoloni del lato più umido del continente: il primo luogo dove i Mutanti avevano cercato di ricreare il loro habitat naturale e il teatro degli scontri più duri della guerra. Sei già stata qui.
Riconobbe quella foresta e la sua mente ricostruì un plotone di soldati xatrani, accompagnati da un colosso K’Thor con una corazza di piastre e un fucile più pesante dei cannoni delle tute corazzate xatrane. L’alieno aveva i colori della scuola delle Lame e sembrava in grado di dare ordini a tutti.
La prima incarnazione di Anne l’aveva guidato fin lì con l’ordine di violare la sua mente e ucciderlo. All’epoca gli M12 si fidavano di lei e le avevano promesso un posto come agente vero e proprio, per quello aveva attirato l’alieno e l’intero plotone in un’imboscata e quando i soldati erano stati sopraffatti lei si era accanita contro il membro delle Lame. Povero diavolo!
Sentì il sapore del sangue in bocca, mentre riviveva con la memoria gli attimi di quello scontro, Anne aveva perso tre denti e l’uso della mascella per un bel po’, ma il K’Thor era caduto esanime, con la mente ridotta a brandelli e il corpo inerme. Ti piace farlo. Comprese, sentendo una stretta al cuore.
Non era possibile che il suo subconscio avesse usato le sue stesse capacità per torturare un povero incensato, ma soprattutto era impensabile che T’Taf avesse compreso la sua natura. Eppure Anne ricordava il piacere nel fare ciò che aveva fatto, le sembrava una giusta punizione e prima ancora le era sembrata la giusta opportunità di mettere fine al suo addestramento.
Sei migliore di così, non puoi essere un mostro così orrendo! Gridò la sua parte che credeva di essere ancora Selene Levkova. Si rese conto di aver usato la mente per gridare solo quando l’albero che aveva di fronte si mise a dondolare pericolosamente. Anche se sapeva di cosa era capace la sua mente, non si era aspettata di poter usare le sue capacità psioniche così facilmente e senza sforzo.
Ricordò che non era sempre stato così: la sua prima incarnazione non era abbastanza abile e gli M12 non l’avevano creata con il set di geni corretti: volevano un’umana capace di sprigionare energia psionica come un K’Thor, limitandone gli altri aspetti. La sua seconda incarnazione era stata più abile e più alta, quasi deforme per gli standard umani e per quel motivo non le era stato concesso di uscire dal laboratorio molto spesso. Anne ancora soffriva ripensando a come veniva trattata dagli agenti M12. Il giocattolo del direttore, la spilungona artificiale!
Si asciugò le lacrime che le inumidivano le guance, decisa a mettere fine alla vita di tutti quei mostri, anche sacrificando la sua se fosse stato necessario. Sentiva la rabbia ribollire e sapeva che erano stati proprio i sentimenti a liberarla dalla sua condizione di prigioniera nella sua stessa mente.
Una parte di se era invidiosa dell’innocenza di Selene Levkova: l’Armiere del CAO che le avevano fatto credere di essere era una donna di saldi principi e voleva il bene della colonia: aveva un obiettivo che non era solo quello di portare avanti una missione, era parte di una famiglia votata al benessere della colonia e dei suoi membri. Anne non aveva nulla, solo la sua voglia di vendicarsi.
Selene aveva avuto lo svantaggio di essere pura e ligia ai regolamenti dei servizi segreti, ma Anne non avrebbe avuto simili limitazioni: avrebbe potuto uccidere e distruggere qualsiasi cosa le fosse capitata a tiro e di certo non si sarebbe risparmiata.
Sapeva di dover farla pagare agli M12 e per prima cosa avrebbe ridotto a brandelli la mente di quello che fingeva di essere il suo ex amante, poi sarebbe stato il turno di tutti gli altri, fino al direttore e alla sua squadra di genetisti.
Un frammento dei ricordi emerse dalla nebbia, mentre un uomo di cui non riconosceva il volto le toglieva il reggiseno con furia, colto da una passione incontrollabile. Ricordò di averlo invitato nel suo letto e di avergli permesso di toccarla ogni volta che ne aveva voglia, le sue labbra sul corpo di Anne e le mani strette nelle sue. Si sentì triste ripensando a momenti passati con quell’uomo, ma sapeva che gli si sarebbe sempre concessa, senza neanche curarsi del resto. Neanche di Matias Larsson.
Riscotendosi da quel momento di trance, riprese a camminare per la foresta, secondo i suoi calcoli doveva essere almeno a tre chilometri dal posto di guardia più avanzato e almeno a venti da Keeper Hill, ciò voleva dire una giornata di marcia su terreno sgombro. In quella foresta c’era da sperare di non incontrare nulla di pericoloso e un sentiero percorribile.
Si può sempre creare la strada. Le suggerì la mente, ma Anne non voleva dare la possibilità agli agenti M12 di trovarla prima del tempo: avrebbe combattuto secondo le sue regole, almeno questa volta e forse non ci sarebbe più stata un’altra Anne Gather a cui passare i suoi ricordi opportunamente edulcorati.
Liberate la vostra mente da ogni fardello!