Il tema non è nuovo su queste pagine e, visti gli attuali trend ed il lavoro che faccio, mi capiterà di parlarne di frequente. L’atmosfera che si crea quando si parla/scrive di cloud computing è del tutto simile a quella che si creava nel 2005-2006 parlando di web 2.0 (due punto zero). Che tempi! Tutti parlavano di web 2.0 e pochissimi avevano capito quale fosse il concetto di web che si nascondeva dietro quell’etichetta.
Oggi tutti parliamo di cloud computing e, ad accezione degli addetti ai lavori (quanto mi piace questa espressione), ritengo che pochi abbiano compreso il tema. Faccio quindi un passo indietro rispetto al mio precedente post, probabilmente troppo tecnico, nel tentativo di raccontare il concetto di cloud agli esseri umani.
Il concetto standard di infrastruttura informatica prevede che un’azienda debba dotarsi di determinate componenti hardware (computer, monitor, apparati di rete, ecc.) e software (sistemi operativi, applicazioni, server gestionali, server di posta elettronica, ecc.) per informatizzarsi.
Queste componenti costituiscono un investimento di capitale e generano dei costi ricorrenti per la loro gestione e manutenzione: serviranno tecnici qualificati per far funzionare il tutto e serviranno nuovi investimenti per mantenere l’infrastruttura efficiente. Inoltre ogni nuovo investimento deve tener conto dei trend di crescita, si rischia quindi di dover investire sovradimensionando un’infrastruttura che sarà a regime di utilizzo sono per una parte della sua vita.
I servizi cloud mirano a minimizzare i costi d’infrastruttura astraendone il concetto stesso. Le aziende di settore si impegnano a pre-costruire e manutenere un’infrastruttura informatica di alto livello su cui le aziende clienti possono far risiedere i propri servizi pagando un canone per l’uso delle risorse e delle funzionalità. Avviene dunque che il responsabile ICT dell’azienda ABCDEF s.r.l. non sarà più vincolato ad acquistare un server e il software necessario per il server e per i client al fine di mettere a disposizione il servizio di posta elettronica, potrà invece rivolgersi ad un’azienda che eroga servizi cloud e dire:
voglio la posta elettronica con Exchange per 2000 utenti e con 10 GB di spazio mailbox ad utente, voglio pagare solo per lo spazio che uso, voglio che ci siano i backup granulari a livello mailbox con 1 mese di retention e che il sistema sia in H.A., voglio il monitoraggio del servizio ed un presidio 24×7 da contattare in caso di problemi
e finalmente qualcuno risponderà:
certo, il servizio sarà pronto tra due giorni e costerà € XX ad utente e € YY a GB di spazio utilizzato
Ho voluto ovviamente estremizzare con un ipotetico Software as a Service, ma la realtà, per le aziende che dispongono di questo tipo di servizi, non è distante da quanto ho scritto.
Dal punto di vista dell’utilizzatore dei servizi il passaggio al cloud potrebbe essere quasi trasparente in quanto, nell’esempio precedente, l’utente usava Exchange prima e continua ad usare Exchange dopo. Dal punto di vista dell’ICT manager la situazione cambia notevolmente in quanto si trova a gestire un servizio e non una “sala server interna” che eroga servizi. Cambiano gli oneri, cambiano le competenze, cambiano le responsabilità, cambiano i costi. Su questo versante è una piccola rivoluzione.
Il cloud risolve quindi tutti i problemi dell’ICT? Vi rimando al mio vecchio post :-)