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Jessica Neri e il coaching con Silvia Minguzzi
Raccontami del modo in cui hai conosciuto il coaching…
Ho conosciuto Silvia Minguzzi tramite Lara Fiorentini, una mia ex collega psicologa. Mi ha consigliato di rivolgermi a lei perché attraversavo un periodo di grandi difficoltà personali, un giorno ci è capitato di parlare delle mie emozioni e Lara mi ha detto che mi avrebbe fatto bene parlare con qualcuno dell’Accademia dell’Intelligenza Emotiva. Avevo senz’altro bisogno di un punto di vista esterno, ritengo che si riesca ad aprirsi di più con qualcuno che non si conosce e che non è coinvolto. Durante il primo incontro ho pianto tanto, avevo molta confusione e mi serviva proprio una visione d’insieme più distaccata per poter fare la scelta migliore. E’ complicato prendere decisioni e fare scelte quando non si hanno le idee chiare. Con Silvia, ho avuto l’opportunità di fare diverse sedute individuali per fare ordine su alcuni concetti fondamentali. La mia sensazione durante gli incontri era che la mia coach fosse lì per me con un vero interesse per quello che dicevo, mi sono sentita accolta. Ho fatto un lavoro profondo su di me per riuscire a trovare la giusta motivazione per andare avanti. Prima di tutto mi ha parlato dell’amore incondizionato: a volte diamo per scontato il concetto di amore, ma non ce n’è uno solo, sono tanti, dobbiamo imparare come viverlo e come dimostrarlo, non è così scontato.
Alcuni ritengono di non avere il tempo di occuparsi dei propri problemi e rimandano all’infinito, tu come sei riuscita ad organizzarti?
Poiché svolgo la professione di educatrice in una comunità per adolescenti e mi capita di lavorare anche nei fine settimana, se volevo frequentare l’Accademia dovevo chiedere la collaborazione dei colleghi e di mio marito per poter organizzare i turni e per far fronte a diversi week-end in cui non sarei stata disponibile. Mio marito ha appoggiato la mia scelta, ha capito quanto fosse importante per me affrontare e risolvere i miei disagi in quel momento e la mia responsabile mi ha sostenuta con l’assegnazione dei turni. Anche se l’Accademia era già iniziata sono riuscita a prender parte a diverse lezioni e a fare un percorso personalizzato. All’inizio non sai dove ti può portare ma è davvero un’esperienza unica che cambia il tuo modo di vedere le cose e ti aiuta a vivere meglio. E’ un processo strutturato in modo tale da richiedere un tempo ragionevole, non è che da un giorno all’altro stai meglio, ma ti dà le chiavi per aprire dei cassetti che non avevi mai aperto e vedi come sei dal di fuori.
C’è uno dei tanti insegnamenti di Silvia che ritieni sia importante e che vuoi condividere?
Silvia mi ha insegnato ad amare le persone non solo per quello che sono anche per quello che loro non hanno e non saranno mai in grado di offrirti, anche sul lavoro il concetto non cambia perché non ci sono aspetti solo negativi o solo positivi. Ho capito che non si può chiedere a qualcuno di fare delle cose che non può fare, che non ci si può snaturare ma che si deve rispettare l’altro per quello che è. Ad esempio mi ha fatto capire che nel caso in cui non ci fosse la possibilità di risolvere un problema non vale la pena di arrabbiarsi. Noi attribuiamo agli altri la nostra rabbia ma viene da noi, non da loro. Proprio una frase detta in tutta semplicità mi ha aperto gli occhi su certe ovvietà che mi apparivano difficili da accettare, tanto era forte l’abitudine ad atteggiamenti sbagliati quanto nocivi: obbligheresti un gatto ad andare in bicicletta? Silvia mi ha resa capace di aiutare me stessa, facendo scelte in totale libertà, sempre nel rispetto degli altri. Mi ha insegnato ad essere una persona autentica, trasmettendomi una sincerità di fondo. Il coaching con Silvia è fatto in modo tale che non ti dà delle risposte preconfezionate ma fa in modo che le risposte le trovi da te. Inoltre vengono fissati dei tempi precisi entro i quali raggiungere i propri obiettivi, ora tengo anche un’agenda, cosa che non avevo mai fatto prima. Gestire il tempo significa anche che la qualità del tempo è diversa. Anche il tempo per il riposo e lo svago vanno pianificati, così come il tempo che si dedica a chi ci sta a cuore…non solo i cosiddetti impegni, quali il lavoro o i doveri quotidiani.
Quali sono i segni tangibili che ti fanno pensare di essere una persona migliore, dopo aver appreso le tecniche e messo in pratica le strategie che hai messo a punto?
Il risultato di questo lavoro con me e su di me, è che provo un amore appassionato per tutto ciò che faccio, capisco il motivo dei miei sentimenti e ne individuo i meccanismi, ho lo stimolo a cercare le risposte o meglio a capire chi sono e il senso di quello che faccio rielaborando certi vissuti che altrimenti mi risulterebbero incomprensibili e sterili. Non dico mai che non riesco a fare una cosa. Tutto è possibile. Non bisogna autolimitarsi, il coaching mi ha liberata dalle restrizioni che mi autoinfliggevo e ha eliminato i miei alibi. Succedeva che per timore del cambiamento o per paura di soffrire tendessi a inventare scuse che impedivano il mio progresso e la mia evoluzione.
Come hai iniziato, qual è stata la frequenza degli incontri?
Ho iniziato con dei colloqui individuali di un’ora e, a seconda di come mi sentivo, avevano cadenza variabile. All’inizio erano più frequenti perché avevo necessità di risolvere delle emergenze, poi via via sempre più distanziati; in genere vedevo Silvia una volta al mese. Quando ho cominciato ad affrontare il lavoro su di me ero molto delusa, io in realtà ero sempre stata una persona solare ma certi eventi mi avevano un po’ incupita. La mia coach mi faceva pensare che gli ostacoli fossero affrontabili e che io fossi capace di reggerne il peso; la sensazione era che la situazione vista da un’angolazione diversa mi dava emozioni diverse, insomma avevo una visione meno amara dei miei problemi.
Che studi hai fatto e di cosa ti occupi?
Ho studiato Scienze dell’Educazione e sono Educatore Professionale di Comunità, ho lavorato con i disabili (un’esperienza che mi ha dato tanto) e anche in una comunità terapeutica, oggi mi occupo di minori temporaneamente allontanati dalle famiglie di origine che risiedono in una comunità educativa. In tutti i casi avevo la funzione di quella che ricaricava le batterie agli altri, ma i “cavetti” delle altre persone mi svuotavano completamente, tanto che mi succedeva di non avere più niente da dare, magari ero stata in grado di dare molto ma alla fine la mia energia era totalmente esaurita e mi sentivo come svuotata. Da quando ho considerato che stavo anche ricevendo la mia quotidianità è migliorata. Silvia mi faceva l’esempio dell’amore per un animale domestico: non ti costa energia, lo fai in modo disinteressato e senza avere aspettative e quindi vivi aspirando al meglio senza volere niente in cambio. Chi ritiene di non poter fare, se la racconta mentre invece quando si riesce ad amare e a dare agli altri la propria vita cambia. A volte per assurdo ci ferma la capacità di riuscire perché anche il successo porta al cambiamento che seppur positivo influenza la vita di chi ci sta accanto.
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