Sottoporsi alla stimolazione magnetica transcranica ripetitiva può essere utile a sconfiggere l’assuefazione da questa sostanza
E’ ciò che emerge dai risultati di una ricerca pubblicata su “European Neuropsychopharmacology”. Gli impulsi magnetici mirati si sono rivelati efficaci per trattare le persone dipendenti dalla cocaina. Questo metodo potrebbe essere il primo veramente utile per combattere la schiavitù psicologica e fisica collegata alla sostanza. Per il momento, comunque, sia gli scienziati italiani che quelli americani prendono la notizia con le pinze: sono necessarie ricerche più ampie per confermare questi risultati.
Lo studio è stato condotto su 32 persone presso l’Università di Padova, grazie alla collaborazione tra il team guidato da Antonello Bonci, direttore scientifico del National Institute on Drug Abuse a Rockville, e l’IRCCS San Camillo di Venezia. Metà dei pazienti sono stati trattati con stimolazione magnetica transcranica, l’altra metà ha assunto farmaci capaci di alleviare la crisi d’astinenza.
“Abbiamo deciso di stimolare la corteccia dorsolaterale prefrontale, – spiega Antonello Bonci – che è un’area coinvolta nei processi decisionali. Abbiamo continuato a seguire i pazienti dello studio fino ad oltre un anno, e i miglioramenti sembrano mantenersi nel tempo, sebbene per ora non abbiamo dati certi su questo aspetto. E’ importante che questo studio prosegua, con trial clinici più ampi”.
Attualmente, non esiste ancora nessun trattamento in grado di liberare dalla dipendenza della cocaina. Eppure, il problema legato all’uso di questa sostanza stupefacente è sempre in aumento. Secondo alcune indagini, nel corso del 2014 ben 2,3 milioni di europei tra 15 e 34 anni ne hanno fatto uso, mentre per il Nida sono circa 1,4 milioni gli americani che assumono questa droga.
I partecipanti alla ricerca sono stati monitorati allo scopo di verificare quanta cocaina veniva effettivamente consumata dopo i primi esperimenti. Nella prima fase, il 69% del gruppo trattato con stimolazione magnetica non ha avuto nessun tipo di ricaduta, mentre solo il 19% dei pazienti trattati con farmaci ha avuto lo stesso risultato.
Non resta che aspettare la conferma della validità di questo metodo.
E.S.
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