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Coccodrilli nelle fogne

Creato il 17 marzo 2011 da Tnepd

Coccodrilli nelle fogne


Quando arrivò la notizia, circa quarant’anni fa, sembrò così inverosimile che ben presto divenne una leggenda metropolitana. Ciò poté accadere perché siamo sempre stati “indietro” rispetto alla madre patria americana. Coccodrilli nelle fogne di New York? Com’era possibile? Ci fu spiegato che vi erano arrivati attraverso lo scarico del W.C. gettativi da qualcuno che, comprati da piccoli, si era poi stufato di loro o si era spaventato per il loro appetito insaziabile. Come eravamo soliti importare, dagli Stati Uniti, usi, costumi e tendenze musicali, così imparammo anche noi a circondarci di “pets” fuori dall’ordinario e rettili, anfibi, pesci e uccelli esotici cominciarono a far concorrenza a cani, gatti e canarini. Non era più, o non solo, il regalo natalizio fatto al figlio, ma ci si misero anche gli adulti, a comprare animali strani e il fenomeno divenne appannaggio di maniaci collezionisti. Per un verso poteva essere positivo, perché denotava l’accresciuto interesse che molti italiani cominciavano a dimostrare nei confronti della natura, cosa che avveniva in concomitanza con l’aumento degli iscritti alle associazioni ambientaliste e animaliste, ma a livello pratico, con il commercio di fauna esotica non si poteva dire che alla natura venisse fatto un piacere.

Nel volgere di pochi anni, non solo le case degli italiani si riempirono di serpenti velenosi, ragni giganti, iguane e pesci piragna, ma anche i laghetti dei giardini pubblici delle città, oltre agli immancabili pesci rossi immessi dalle amministrazioni comunali, cominciarono a riempirsi di tartarughe californiane e gamberi rossi della Luisiana, mandando in bestia gli ambientalisti duri e puri che vedevano le uova e i girini del rospo smeraldino distrutti dai voraci crostacei, in quelle poche fontane e vasche comunali dove ancora i batraci andavano a riprodursi. La stessa cosa accadeva con i fiumi ed è famosa la presenza del pesce siluro e, addirittura, dello storione nelle acque del Po, ma in questi casi a liberare tali specie furono i pescatori e non i collezionisti di animali. Idem con le nutrie, liberate dagli allevatori falliti di animali da pelliccia. E in Germania è successa la stessa cosa con i procioni, anche loro allevati per la moda infame delle pellicce, ma scappati o liberati dagli allevamenti.

Anni fa andai a recuperare un’iguana a Vigevano. Era entrata in un bar di Pavia e si era nascosta dietro il frigo. Non aveva preso né un cappuccino, né un caffé, ma fu presa essa stessa dalle guardie forestali e portata in un centro d’accoglienza, dove poi fu affidata a me. Così potei soddisfare la mia passione per gli animali senza infrangere la regola morale del divieto di acquisto. Infatti, dato che è la domanda a creare l’offerta, è con il denaro del singolo cliente che si tiene in piedi tutta la mostruosa faccenda. Ovvero, responsabili della rarefazione in natura di molte specie allevabili in acquari e terrari, sono proprio gli acquirenti. Non so se sono i principali responsabili, giacché bisogna aggiungere anche la deforestazione, l’inquinamento e la caccia per scopi alimentari, ma di certo gli appassionati di fauna esotica vi danno il loro contributo. Il prelievo di certe specie è un continuo stillicidio. Una continua mattanza. Nonostante la letteratura manualistica pertinente e gli appelli delle associazioni di categoria a una corretta detenzione, la difficoltà intrinseca di allevare specie non autoctone, e spesso anche delicate, porta a una continua moria di esemplari, rendendo il fenomeno un bieco meccanismo consumistico. Le controindicazioni sono molteplici. A monte, con il prelievo non rispettoso fatto da indigeni inconsapevoli, a cui fanno seguito commercianti all’ingrosso e al minuto incolti, privi di remore morali e sicuramente in mala fede. A valle, al termine del ciclo (o della filiera, com’è di moda dire oggi), quando il collezionista si stufa e uccide o disperde in un ambiente non suo il malcapitato esemplare. Passi per le tartarughine californiane, che si limitano a prendere il posto della nostrana Emys orbicularis, praticamente estinta, ma qui, con la tartaruga azzannatrice, si sta esagerando!

http://www.corriere.it/animali/11_marzo_16/tartaruga-azzannatrice-salvata-anguillara_21d3f7a8-4fd9-11e0-acff-d18cea4068c4.shtml


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