Ti scrivo mentre sto iniziando a pensare al periodo natalizio che, per me, va a cominciare proprio con la giornata di oggi: l’8 Dicembre. Oggi o al massimo domani, dovrò uscire a cercare un nuovo alberello (rigorosamente “sintentico”) da addobbare in casa mia. Un Natale che si rispetti, non può non avere un albero ben “vestito”
Proprio parlando di addobbi, non posso non tornare al periodo di austerity che il governo Monti sta imponendo, senza appello a tutti noi italiani. Ciò, come se non fosse stata abbastanza critica la situazione economica a cui si andranno ad aggiungere i sanguinosi sacrifici,a cui saremo tutti chiamati. In particolar modo, oggi torniamo a parlare di pensioni. Si, perché con la decisione di dire (finalmente) addio (da ora in avanti) al sistema retributivo direi che è tramontata letteralmente un’epoca “previdenziale”, che è stata in parte causa della situazione che ti andrò meglio a descrivere
Iniziamo a dire in cosa consisteva il metodo retributivo. Poiché negli anni in cui è stato concepito il nostro sistema previdenziale, il rapporto tra lavoratori e pensionati era molto alto, ossia c’erano molti più “produttori” di reddito rispetto a chi si ritirava dal lavoro, il metodo per calcolare la pensione di questi ultimi si basava su riconoscere una percentuale (2%) per ogni anno lavorato ( 40 anni) dei redditi degli ultimi 5 anni. Siccome, di norma, gli stipendi degli ultimi anni sono i più consintenti, i nostri nonni, e forse i nostri genitori, andavano in pensione con l’80% dell’ultimo stipendio (lordo). Più o meno “prendevano” lo stesso “netto”.
Da alcuni decenni, a causa della bassa natalità, il rapporto tra lavoratori e pensionati si é “capovolto”. Si è quindi ripensato, anche sull’esempio degli altri paesi, di indirizzare la presente e futura sostenibilità del sistema, verso un modello più equilibrato. Perché, sembrerà surreale, il metodo “retributivo” non teneva conto dell’esistenza o meno, delle risorse per pagare le pensioni (!!!!). E’ nato così il metodo contributivo.
Nel metodo retributivo, rientravano tutti coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano più di 18 anni di lavoro. Chi ha iniziato dopo quella data è invece nel metodo di calcolo contributivo. Il pensionato, in questo caso, riceverà una pensione in base a quanto ha versato (contribuito), durante la vita lavorativa. Chi è “cavallo” tra queste due date, ossia ha inziato a lavorare prima del 31/12/95, ma non ha accumulato 18 anni di contributi, rientrerà nel metodo misto.
Non entro nell’ingarbugliato capitolo delle pensioni d’oro, le finte invalidità,
l’assistenzialismo che da sempre contrattistinguono, ahimé, il nostro paese. Dico solo che poiché la demografia, è una “scienza” molto utile per pianificare il futuro nell’argomento “previdenza”, sono almeno 20 anni che si conosce l’insostenibilità del sistema retributivo. Occorreva arrivare sul ciglio del burrone per “tirare” una riga e decidere che da ora in avanti, mantenendo la storia previdenziale fino al 2011 con le regole che c’erano, di “proseguire” con il solo, e secondo me più equo, metodo contributivo?…scelte antielettorali forse?Quando si parla di pensioni pubbliche è facile lasciarsi andare a parlare dei mille perché si è giunti ad una situazione tanto confusa e problematica, quanto evitabile da molto tempo. Io cerco di non farlo. Passiamo alle soluzioni. Sei d’accordo?
1) Non esistono soluzioni NON costose. Anche il non fare nulla, se andrai in pensione, ti sarà costato. Anzi questa è la soluzione più costosa di tutte, socondo me. Quindi non “perdiamo tempo”, come già detto, a maledire i vari “colpevoli”. Pensare che tanto è un problema futuro e che quindi scegliamo di non occuparcene ora è, secondo me, il modo di pensare che i “colpevoli” hanno sfruttato in lungo e in largo, rimandando delle responsabili decisioni che avrebbero meglio gestito questo problema inter-generazionale.
2) Inizia subito. Ne abbiamo già parlato nel primo articolo . Prima si inizia ad accantonare risorse “private” nel serbatoio previdenziale e prima ci si gioverà del meccanismo stupefacente, del tempo e della capitalizzazione degli interessi che ogni anno vengono prodotti. Più tardi si inzia, e più alto sarà l’esborso per avere una pensione “privata” di buona entità.
3) Evita le simulazioni per stabilire l’importo da accantonare. Qui voglio essere oltremodo chiaro, è inutile sapere che per avere una pensione privata da € 1.000 all’età di 66 anni occorre oggi accantonare 400€ al mese, se poi non me lo posso “permettere”. Molto meglio dire, ho € 200 che posso veicolare verso l’esigenza pensionistica. Come li posso impiegare al meglio? ci sono strumenti che mi aiutano a sfruttare le mie risorse? Cosa posso ottenere se utilizzo questo importo? Punto e stop. Dico questo perché, ad esempio, i siti delle compagnie assicurative hanno tutte degli stupendi applicativi che approcciano al problema previdenziale con il criterio (inverso): “…ecco quanto dovresti versare…per avere alla scadenza….”. Alla teoria, è preferibile la concreta possibilità.
4) Quanto accantonare? Questa è la domanda a cui cerchiamo di dare una risposta in questo articolo. Beh la risposta più corretta è: “dipende”. Si, dipende da alcuni fattori. Tuttavia ti voglio illustrare come procedere. Prendi la tua retribuzione mensile netta, togli tutti i costi, le eventuali rate di prestiti, e stabilisci la tua capacità di risparmio complessiva. Arrotonda per difetto (prudenza). Di questo importo potresti destinare alla tua pensione privata, circa il 20/30%. Quindi, ad esempio, se risparmi 300/400 € al mese, potresti pensare di destinare € 100 al tuo serbatoio previdenziale. Come? questo lo vedremo nel prossimo articolo.
5) Cosa faccio se non riesco a risparmiare? Grazie al lavoro che faccio, credo di avere un buon polso della situazione attuale delle famiglie. So quanto sia difficile far fronte a tutte le esigenze mensili. Rispondo a chi mi fa questa domanda dicendo loro, che tutti quanti dispongono di una risorsa che è assolutamente da ripensare in modo diverso. Diverso dalle passate generazioni. E’ un importo mensile che non spendono mai, ma di cui dispongono in modo certo. E’ una risorsa tra l’altro che, come vedremo, consente di avere enormi “aiuti” fiscali se, indirizzata all’esigenza previdenziale. Ti sto parlando del tuo TFR. E’ ora di considerare questa risorsa importantissima, come le fondamenta per la tua “casa pensione”, e non più come un “gruzzolo” di cui disporre per necessità molto meno “nobili” (auto, acquisto casa, mobili ecc.). Ricorda se sarai ancora vivo, e te lo auguro di cuore, all’età pensionabile dovrai “fare i conti” con questo problema. Che ti piaccia oppure no. Che al governo ci siano i “bianchi” o i “gialli”! Quindi, agisci ora!
Come?
Per questo ti do appuntamento al prossimo articolo! ora scrivimi le tue domande, possono essere di stimolo a tutti!
ciao