Co.co.pro.fagia

Creato il 07 febbraio 2013 da Frankezze

La co.co.pro.fagia è una patologia diagnosticata per la prima volta verso la fine del 2003. Si tratta, dunque, di una malattia che possiamo definire contemporanea.

In generale, il morbo contagia tutti coloro che appongono la firma su un foglio intitolato ‘contratto di collaborazione a progetto‘, ma i più colpiti sono senza dubbio i giovani laureati di ambo i sessi.

L’iniziale sottovalutazione del fenomeno, per volontà o per negligenza, ha fatto sì che oggi ci si trovi dinanzi ad un’epidemia difficile da contenere. Gli esperti affermano che, in questo momento, circa un milione e mezzo di persone è affetto da co.co.pro.fagia.
Gli stessi esperti spiegano, altresì, che spesso si incappa nell’equivoco di associare dei normali malati di precariato con i co.co.pro.fagi, associazione errata in quanto i secondi il più delle volte non rientrano in tale categoria, bensì nell’anticamera del sottoscala dello scantinato di tale categoria.
Il concetto è chiarito meglio dal co.co.pro.fago da noi intervistato, il trentenne Franko Raro: “E’ come la differenza tra la sindrome del colon irritabile e il morbo di Crohn”, sentenzia, con non poca amarezza, il nostro giovane amico.

I sintomi della co.co.pro.fagia non si manifestano nell’immediato, perché in molti casi il soggetto, ignaro, accetta di firmare pensando che come primo contrattino possa andar bene, si fa un po’ di soldi, un po’ di esperienza,  ottiene il tanto agognato ingresso nel mondo del lavoro, che oggi viene chiamato quasi esclusivamente mercato del lavoro, sancendo la definitiva trasformazione dei lavoratori da esseri umani in oggetti da scambiare.
“Ricordo bene quel giorno – racconta Franko Raro – era il dicembre del 2009, avevo fatto un po’ di lavoretti in nero qua e là e finalmente si presentava l’opportunità di lavorare legalmente. Legalmente per modo di dire, col senno di poi. Un contratto di 27 giorni, con la speranza di proseguire. Sono passati 37 mesi, durante i quali ho lavorato per circa 24, arrivando a collezionare una dozzina di contratti, un paio firmati anche col sangue. La media è di uno ogni due mesi.”

I sintomi più diffusi, secondo quando accertato dagli studi, vanno dal costante sapore di merda in bocca alla cronica incapacità di programmare qualsiasi cosa.
“Succede senza che te ne accorgi. Io ho iniziato a sentire questo retrogusto di merda dopo la firma del quarto contratto. Alla lunga, ti viene voglia di mangiarla davvero la merda, per integrare le vitamine che non riesci ad assumere per via del mensile sotto la soglia di povertà…”
Cioè, tipo Gianni Morandi?
“Sì, più o meno, ma per ragioni diverse. Che poi, ogni volta, ti fanno credere che sia finita, fanno passare alcuni giorni e ti richiamano. E si ricomincia. Durante il quinto periodo contrattuale degli amici mi hanno fatto notare che non riuscivo più a prendere impegni il pomeriggio per la sera stessa. Quelle tre ore di buco mi sembravano un lasso di tempo enorme! Pensavo: e se non riesco a organizzarmi? Di conseguenza, spesso mi trovavo ad uscire da solo, perché era difficile che qualcuno accettasse le mie proposte estemporanee. E tutt’ora è così.”

Un vero e proprio paradosso, dunque. Un contratto di lavoro basato su un progetto che rende impossibile, a chi lo subisce, qualsiasi altro progetto.
“Fossero almeno veri ‘sti progetti! – lamenta Franko Raro – Quasi sempre sono venti righe di stronzate, giusto per dare una parvenza di legalità. In realtà fai quello che ti dicono di fare, e pure la mancanza di subordinazione è una fesseria, perché sei lo schiavo. Non *uno* schiavo, ma *lo* schiavo. Del posto in cui lavori, s’intende.”

E i diritti? Malattia? Ferie?
“Ahahahahahah, i diritti, ahahahahahah… Perdonami, non ho potuto resistere…”
Ti puzza un po’ l’alito di merda, sai?
“E lo so, che ci posso fare? Comunque, ti risponderò citando testualmente l’apposita clausola del mio ultimo contratto: conservazione del rapporto contrattuale in caso di gravidanza, malattia e infortunio, senza tuttavia che in detto periodo siano riconosciuti dal committente gli importi pattuiti. Nei casi di malattia e infortunio, tuttavia, il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel presente contratto. Capito come? eh?”
Ho capito, ho capito. Se hai un contratto di un mese e c’hai la sfiga di prenderti l’influenza di stagione sei fottuto.

Ma almeno rispettano i tempi di pagamento?
“Anche quello dipende, a volte ritardano perché ‘non ci sono i soldi’; poi però vedi che il tuo capo pubblica su Facebook le foto della settimana bianca a Cortina o del capodanno alle Maldive, e allora un po’ ti incazzi. Adesso voglio fartela io una domanda: secondo te la nostra situazione migliorerà?

In tutta sincerità, caro Franko, il meglio che ti può accadere, o il peggio, a seconda dei punti di vista, è di finire in un’inchiesta di La Repubblica.it; se poi decidi di emigrare e hai successo, potresti anche ambire ad un articolo sul Fatto Quotidiano. Magari ti fanno aprire un blog, che ne sai?

L'articolo Co.co.pro.fagia è ovviamente opera di Frankezze.


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