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Coincidenze e richiami

Creato il 17 maggio 2021 da Annalife @Annalisa
Coincidenze richiamiDa Toni Bruno a de Gerlache

Qualche giorno fa, cogliendo un suggerimento vagante per l’aere digitale, ho cominciato a leggere un libro di Stefan Zweig, pubblicato dalla BUR, e incentrato sulla figura di Magellano. Nell’introduzione, Zweig paragona un suo viaggio su un comodo bastimento dotato di tutti i confort, ma, a un certo punto, anche noioso e monotono, con i viaggi di un tempo, con le prime spedizioni di temerari imbarcati su minuscoli velieri, perduti nell’infinità oceanica, esposti a pericoli, bufere, disagio, costretti a una dieta di gallette secche e lardo rancido, caldo gelo, e a casa nessuno che sapesse dove fossero.

Dice Zweig che si è vergognato così tanto della sua comoda impazienza da non potersi più liberare dal pensiero di “quegli anonimi eroi”, di essere andato a cercarne notizie in biblioteca e di aver poi fermato la sua attenzione su Magellano.

Così nasce il suo libro.

Ma non è questo che ora importa: importa che, negli stessi giorni in cui mettevo mano alle prime pagine di Magellano, mi sono arrivati a casa altri libri: il primo, dell’amato Mino Milani, è Il segreto del Magenta, dedicato “alla passione marinara di Ugo Mursia”; il secondo, anzi il secondo e il terzo, sono la coppia di volumi che compone il romanzo a fumetti La Belgica, di Toni Bruno. Così, coincidenza o fato, mi sono trovata tra le mani una terna di racconti dedicati, appunto, alla passione marinara, declinata nel 1550, nel 1866, nel 1897.

Come Zweig, anche Toni Bruno (all’inizio delle sedici belle pagine aggiuntive che arricchiscono la prima tiratura di questa storia) parla della fascinazione che lo ha preso leggendo della spedizione in Antartide capitanata da Adrien de Gerlache, alla quale partecipò anche Roald Amundsen (quello che sei, sette anni dopo avrebbe conquistato per primo il passaggio a Nord-ovest). Dice Bruno che, quando lesse della nave e di questa spedizione, prese ossessivamente a documentarsi su di essa, a consultare il diario di bordo del capitano, i diari di Cook, di Amundsen e via e via.

Così nascono i suoi libri.

Il protagonista dei due volumi è Jean, Jean Jansen, che potrebbe essere veramente esistito, ma che in definitiva, reale o meno, regge le fila di una sceneggiatura montata a contrasto, dove spesso le scene si alternano veloci, e ci trasportano da un capo all’altro della Terra (che, vista da lassù, è bellissima [cit.] ma quaggiù mostra tutte le sue ambasce e le sue grinze).

Coincidenze richiami
Dal diario di Johan Koren, p. 33

Le fila del racconto partono da Ostenda, e dal destino di un gatto che si chiama Nansen. In seguito, sfumate dal grigionero di un inchiostro ferrogallico che ha più o meno l’età della spedizione, le vignette del racconto si spostano come se avessimo davanti un palcoscenico girevole, e toccano velocemente gli interni della nave, di una vendita di ghiaccio, di una locanda, e le pieghe delle strade di Ostenda, così da mostrarci da subito quasi tutti i protagonisti. Tra loro Johan Koren, un marinaio norvegese che si imbarca sulla nave a 17 anni e che è autore di un bellissimo diario (a testimonianza del perché, in seguito, diventò illustratore nel Museo Zoologico di Oslo. Ma questa, come si dice, è un’altra storia).

Si torni quindi a Jean che, generoso nella storia come nella vita, lascia spesso spazio ai comprimari della storia: gli ufficiali della nave (che si assomigliano un po’ tutti, alti bruni, con folti baffoni neri), i compagni di lavoro e di bevute, i marinai, e soprattutto la signorina Claire, che attende alle necessità della locanda e attende, pazientemente o meno, il suo Jean che sta per sposarla. Ma questo libro ha come sottotitolo Il canto delle sirene, e le sirene, si sa, portano lontano, lasciando Penelope in attesa.

Così, nel secondo volume è La melodia dei ghiacci a scandire gli avvenimenti, e a far pausa da quanto accade molto lontano, nella cosiddetta civiltà: perché questo della Belgica è, ad esempio, il periodo delle rivendicazioni femminili, degli scontri tra operai francesi italiani nella fabbrica Solvay (sì, lo stesso che finanzia la spedizione della Belgica), degli scioperi e così via.

E se è meglio non raccontare più niente della trama, va detto che Jean e Claire e alcuni altri personaggi ci si svelano pagina dopo pagina, sia attraverso i comportamenti sia, soprattutto, attraverso le scelte fatte. Volendo, si potrebbe dire che questo è anche un romanzo di formazione, dove Jean Jansen, timido, impacciato, succube degli avvenimenti, acquista a mano a mano che si procede una maggiore consapevolezza di sé, una maggior sicurezza, e un grande coraggio. Ricorda, per certi versi, Franco Montale, il protagonista del Segreto del Magenta, anche lui giovanissimo, anche lui con la fidanzata in attesa a casa, anche lui in crescita durante il suo primo viaggio intorno al mondo e protagonista di un atto di coraggio forse un po’ incosciente che verrebbe facile attribuire allo stesso Jansen.

Dal canto suo, Claire non è più la solita Penelope in attesa: calata nelle vicende storiche di quegli anni, si fa attiva, prende in mano la sua vita e, pur non dimenticando la devozione per Jean, combatte la sua personale battaglia tra le persone che la circondano, più o meno amiche. A volte sembra quasi che quello in attesa, tra i ghiacci, sia Jean, mentre Claire, scrollatasi definitivamente di dosso il ruolo di Penelope, sta partendo per il mondo nuovo che si aprirà con il nuovo secolo.

Se qualcosa manca, in queste pagine già densissime e ricche, è un maggiore approfondimento di altri personaggi: il racconto è corale, ma non sempre le voci del coro sono ben chiare e distinte dalle altre. Ugualmente, compattare in 150 pagine il prologo della vicenda (primo volume) e in altre 150 la seconda parte, costringe a tenere alta l’attenzione su certi passaggi forse troppo veloci (che tuttavia è bello rivedere e ripensare) e sullo sviluppo della trama che in poche battute o pochi disegni ci trasporta in mondi diversissimi.

Coincidenze richiami
è lui, sì

Un accenno soltanto alla scelta delle mezzetinte, che Bruno spiega nell’appendice, rivelando di aver usato un vecchio, vecchissimo inchiostro prodotto da Gunther Wagner a fine Ottocento, nella fabbrica che (ancora oggi) porta bene in vista lo stemma di famiglia, un pellicano. Sono probabilmente la scelta più indovinata (l’autore mostra una prova di inchiostrazione e colore che non lo aveva soddisfatto), sia per l’aura di antico che portano, sia per il suggerimento di una storia che si svolge spesso in un ambiente ostile, freddo, pericoloso. Anche il tratto, più denso, spesso e ‘spigoloso’ (rispetto, ad esempio, al volume a colori Da quassù la Terra è bellissima) nelle parti marinare, più sottile e chiaro nelle parti su Claire, contribuisce a calare chi legge nel mondo più o meno ostile in cui si muovono i personaggi.

Belle le due copertine (con Jean appollaiato a prora su un groviglio di vele, con una busta in mano sullo sfondo blu di cielo e mare, e Claire seduta al tavolo con una lettera aperta nei toni caldi di una stanza illuminata), e belle le due appendici cui si è accennato. Fanno capire la smania di ricerca che prende quando ci si imbatte in una storia sulla quale si vuole sapere di più, e spiegano forse perché adesso sullo scaffale, accanto ai due volumi di Toni Bruno, c’è anche la mia copia di Al Polo Sud, il viaggio della “Belgica” narrato dal capitano A. de Gerlache. Dopo questa lettura, non ho saputo resistere al richiamo.


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