Nella vita non ho mai perso occasione per alzare la testa, ammirare il cielo stellato sopra di me e pormi domande sull’universo, cercando di sondarne gli angoli più nascosti e comprenderne i misteri più profondi. L’ho sempre ritenuta una cosa naturale, necessaria.
Tuttavia, non avevo mai avuto la possibilità di osservare il cielo con l’ausilio di un telescopio professionale e questo mi faceva sentire in difetto con il mio desiderio di conoscenza del mondo. Così, sabato sera, sono andato – non da solo – nel sito archeologico di Solunto (nei pressi di Palermo), lì dove l’osservatorio astronomico di Palermo dava la possibilità, a chi lo volesse, di puntare il telescopio verso il cielo e osservare.
Un’esperienza unica, vuoi per l’ambiente suggestivo che ci circondava, vuoi per la possibilità di guardare lontano nell’universo; fatto sta che quello dell’altra sera si è rivelato un momento emozionante.
Ho avuto modo di osservare prima Saturno, una sfera gialla circondata dal suo anello e dai satelliti, il più grande dei quali, Titano, era perfettamente visibile, tutti immersi nel nero assoluto del cosmo; poi la Luna, con la sua superficie pallida, i suoi crateri, le depressioni, i contorni accidentati, un globo imponente che ci osservava fingendo distacco, mentre tutti noi ci appropinquavamo trepidanti al telescopio, nella notte schiarita dalla luce riflessa del sole.
Ci si sente piccoli, davvero minuscoli, in confronto all’immensità del cielo. Briciole di materia che si affannano per trovare un senso alle proprie vite, mentre l’universo, indifferente, continua la sua corsa, incurante dei nostri sforzi, delle nostre paure, delle nostre preoccupazioni. Stelle, pianeti, satelliti, galassie, buchi neri, corpi celesti di ogni sorta ci fanno stare con il naso all’insù e sognare e tremare, mentre loro, imperscrutabili, continuano ad andare avanti aspettando pazienti che noi distogliamo lo sguardo, intimoriti da tanta magnificenza.