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Colazione da tiffany, il libro

Creato il 08 novembre 2010 da Olga

COLAZIONE DA TIFFANY, IL LIBRO

Ero partita con l’idea di confezionare un post sull’amore – di cui ho una copia in bozze. Ma poi la tesi, il caldo, la bella musica, le ferie finite: chi ha onesta volontà di condividere amore con voi che vi aspettate vanità di vanità, non amore, da me. E se volete amore non posso darvelo . Per cui, diamo adito a questa montatura, col rischio di passare per un’abulica geisha, e parliamo di recensire i libri.

Vi dirò in poche righe che per me una recensione non abbisogna d’altro che di citazioni dal testo; questa cosa l’ho maturata dopo anni di lettere quindi capirete bene l’utilità degli studi. Se devo analizzare un testo lo so fare; se devo smontarlo in mille pezzi e trarne i lati positivi e negativi lo so fare – senza, purtroppo avere la lucidità analitica di un (che Dio l’abbia in gloria) Dante Isella.

Però però questa è la prima parte di un post che vuole fare qualche riflessione su Colazione da Tiffany: il libro e il film. Non dirò quelle banalità intellettuali che vedono in pole position il libro, così, a priori. Certo, a dire la verità io preferisco i libri. Ma solo perché tra guardare un film e leggere un libro, ho sempre preferito leggere un libro – una bambina, adolescente, giovane adulta d’altri tempi forse? O un’arrogante presuntuosa che ama immaginarsi le storie e i personaggi, senza mediazioni? Quale delle due sia, quasi non ha importanza. C’è chi va a correre per dimagire e chi per fumarsi un pacchetto di sigarette dopo. Chi fa sesso per conseguire orgasmo e chi per donare gioia. Chi va in bagno 7 volte al giorno e chi si ammazza di kiwi. Un’incallita realista o una romantica sfrenata. O il colon irritabile. C’è chi riesce a essere tutt’e due, a giorni alterni. Free.

Il testo, in italiano, la biblioteca di repubblica.
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“Oh, ci si abitua a tutto”, risposi, irritato con me stesso, perché in realtà ero orgoglioso della mia sistemazione.
“Io no. Non mi abituo mai a niente io. Chi si abitua a tutto tanto vale che muoia”.
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“A proposito” continuò lei “ conoscete per caso qualche simpatica lesbica? Sto cercando una compagna di stanza. Su, non ridete; sono maledettamente disorganizzata, io, e non posso permettermi il lusso di una domestica. Sul serio, le sporcaccione sono meravigliose donne di casa, vogliono sempre sbrigare loro quello he c’è da fare, non c’è mai bisogno di pensare alle scope, al frigorifero da sbrinare, alla biancheria da mandare dal lavandaio. Avevo una compagna di stanza a hollywood, che recitava nei western, la chiamavano la Guardia a Cavallo; ma devo riconoscerle che in casa era meglio di un uomo. Naturalmente, gli altri non potevano fare a meno di pensare che fossi un po’ lesbica anch’io. E lo sono, naturalmente. Tutte lo siamo, un po’. (…)”
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La ragazza (Mag wildwood, modella amica di Holly) rappresentava un trionfo sulla bruttezza spesso più attraente della vera bellezza, se non altro perché sottintende un paradosso. Nel suo caso, in contrasto con lo scrupoloso metodo del semplice buon gusto e dell’acconciatura scientifica, aveva ottenuto l’effetto ricorrendo al trucco opposto, quello di esagerare i difetti; li aveva resi ornamentali, sottolinenandoli sfacciatemente”
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Mildred Grossman e Holly Golightly avevano questo in comune. Non sarebbero mai cambiate perché avevano assunto il loro carattere troppo presto. Il che, come le ricchezze improvvise, porta una deficienza di senso delle proporzioni: una era diventata un’incallita realista, l’altra una romantica sfrenata. Le immaginai in un ristorante del futuro: Mildred che studiava ancora il menù per calcolarne i valori nutritivi, Holly ancora golosa di tutto ciò che elencava la lista”
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“Non amate mai una creatura selvatica, signor Bell “ lo ammonì Holly. “E’ stato questo lo sbaglio di Doc. Si portava sempre a casa qualche bestiola selvatica. Un falco con un’ala spezzata. E una volta un gatto selvatico adulto con una zampa rotta. Ma non si può dare il proprio cuore a una creatura selvatica; più le si vuol bene più forte diventa. Finché diventa abbastanza forte da scappare nei boschi. O da volare su un albero. Poi su un albero più in alto. Poi in cielo. E sarà questa la vostra fine signor Bell, se vi concederete il lusso di amare una creatura selvatica. Finirete per guardare il cielo”
“ E’ ubriaca” mi informò Joe Bell
“Moderatamente” confessò Holly.
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(Holly)
“ Devo aver speso un dollaro per ogni maledetta stella del maledetto planetario. E’ una seccatura, ma rispondono sempre che le cose buone ti capitano soltanto se sei buona. Buono? Questo è già più vicino a quel che intendo io. Non un’onestà di tipo legale – io non ci penserei due volte a profanare una tomba e a rubare gli occhi a un morto se pensassi che può contribuire al mio divertimento quotidiano – ma un’onestà nei confronti di se stessi. Sii quello che vuoi ma non un vigliacco, un fanfarone, un ladro di emozioni, una sgualdrina; preferirei avere il cancro piuttosto che un cuore disonesto. Il che non significa essere pii. Semplicemente pratici. Il cancro può stenderti, ma quell’altra cosa ti stende di sicuro. Oh ma al diavolo… dammi la chitarra, bello, e ti canterò un fado nel più perfetto portoghese”
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“tesoro” mi istruì, “Vuoi frugare in quel cassetto e darmi la mia borsa? Una ragazza come si deve non legge lettere di questo tipo senza rossetto”
Guidata dallo specchio, si incipriò e si verniciò (…). Con un tubetto si disegnò le labbra, con un altro si colorì le guance. Si passò la matita sull’orlo degli occhi, si tinse di azzurro le palpebre, si spruzzò il collo di colonia, si mise un paio di orecchini di perle, e sfoggiò di nuovo gli occhiali neri; così corazzata, e dopo aver osservato con riprovazione lo stato delle proprie unghie, aprì la lettera e la scorse, mentre il suo piccolo sorriso pietrigno si faceva ancora più esile e più duro. Alla fine mi chiese una picayune. Aspirò una boccata. “Ha un sapore perfido, ma è divina,” disse e mi buttò la lettera. “leggila ad alta voce, mi va l’idea di sentirla”
Attaccava: “Mia bambina carissima…”
Holly mi interruppe subito. Voleva sapere che ne pensavo della scrittura. Non pensavo niente: era una grafia sicura, leggibilissima, normale.
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Insomma Holly Golightly è una montatura. Una di quelle persone libresche che non esistono, e non potrebbero esistere se non per gioco, in un hic et nunc. Uno di quei personaggi così sfacciatamente romantici,da, quasi, oscurare il precariato e il cinismo che per forza di cose appesantisce le nostre giornate, come muricciolo innalzato a difesa, per un battito di ciglia. Sotto occhiali neri, ovvio.

A proposito, quelli di Audrey erano Rayban.

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COLAZIONE DA TIFFANY, IL LIBRO


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