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I.‘insensibile come un pesce’
si tratta di una de-strutturazione, o meglio: una demolizione, dell’istituzione familiare. demolizione in senso materiale: viene fatta proprio a pezzi. nella cornice dell’opera, il matricidio è già avvenuto (la prima moglie) e il parricidio è in divenire, sull’orlo della concretezza: solo l’incursione selvaggia dell’esuberante Murata salva il grigio Shamoto e (apparentemente) il suo matrimonio. impiegando Mitsuko nel suo super-negozio (e quindi sottraendola alla famiglia) toglie al padre il fardello di un rapporto che è chiaramente incapace di gestire, e alla matrigna Taeko le umiliazioni e le vessazioni quotidiane. e fin qui tutto bene. ma la prepotenza e l’aggressività con cui Murata si introduce nelle loro vite, ne manovra i fili e ne indirizza le sorti, più che porre in evidenza i modi subdoli (e dubbi) del primo, fanno risaltare- per conseguenza- la gelida quiescenza del mite Shamoto: le suo indecisioni, la sua mancanza di carattere, la sua impreparazione, la sua incapacità di prendere l’esistenza per le corna.
II.Monte Harakiri
il messaggio che, alla fine, la pellicola lascia passare attraverso i fotogrammi è virato su un nero profondissimo e ineluttabile, che spazia su tutte le gradazioni- morbosità, brutalità, frustrazione, odio, ipocrisia, perversione, alienazione- più oscure e degradate che l’essere umano può permettersi. annichilimento totale e totalizzante, assoluto e sistematico. lo scoppio del travet Shamoto, i suoi nervosi assalti finali alla roccaforte delle sue insicurezze (Murata), il luogo-persona che ha messo in moto, velocizzato ed estremizzato, rendendogliela così palese, la sua apatia e la sua inadeguatezza. l’affermazione personale- la fuoriuscita da un contesto alienato- passa solo attraverso il dominio violento, la coercizione, il ricatto, le menzogne, l’autoritarismo. autorità che, per l’appunto, finisce sotto un tritacarne. autorità (quella del pater familias, in particolare, ma anche quella dell’uomo nei confronti della donna e via dicendo) che esiste in maniera complementare alla violenza: le fulminanti scene finali ne sono l’esempio lampante. il ‘ritratto di famiglia in un esterno’ dipinto da Sono è macchiato dal rosso ematico e dal nero delle viscere squartate delle vittime- praticamente degli oggetti- che si susseguono nel film: non c’è speranza, non c’è candore, c’è solo sopraffazione.
titolo originale: Tsumetai nettaigyoun film di Sono Shion2010
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