Venne restaurato, così come lo vediamo oggi, da Napoleone che soppresse il grande porticato di cui era munito nonché una Cappella interna dedicata a San Paolo. Nei suoi sotterranei venne tenuto prigioniero per 18 mesi prima di morire, nel 1292, il famoso Condottiero Guglielmo VII detto il Lungaspada, Marchese di Monferrato. Appena le opere di ristrutturazione saranno terminate sarà la sede prestigiosa della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria.
Una storia, quella di Palatium Vetus, poco nota agli alessandrini, così come non tutti conoscono la storia della lapide in bronzo che troneggia sul lato destro del palazzo, quasi sull’angolo con via Migliara, dove è possibile osservare anche un cannone in bronzo murato sullo spigolo del palazzo stesso.
Appunto, uno dei cento cannoni che vennero collocati sulle mura della Cittadella, così come la lapide fu ricavata dallo stesso bronzo servito alla realizzazione dei cento cannoni, frutto della sottoscrizione avvenuta nel 1856, in seguito alla delibera presa dal Regno di Sardegna (Solo con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861, il Regno di Sardegna cambiò definitivamente denominazione) di rinforzare le fortificazioni di Alessandria, in parte smantellate nel corso delle precedenti occupazioni. Una sottoscrizione, dicevamo, attivata nel 1856 grazie al patriota piemontese Norberto Rosa, nativo di Avigliana (fece anche coniare una medaglietta – vedi foto – da consegnare ai sottoscrittori) e appoggiata dalla “Gazzetta del Popolo” di Torino, all’epoca diretta da Felice Govean, per dotare di cento cannoni la Cittadella di Alessandria in prossimità della guerra contro l’Austria.
La sottoscrizione fu talmente generosa (raccolse in poco tempo 153.914,21 lire) che il 30 marzo 1862, non cento, ma centoventotto cannoni uscirono dall’Arsenale di Torino, e il primo di essi recava inciso il nome di Norberto Rosa. Una curiosità: alla fine i nomi scolpiti furono 123 su altrettanti cannoni, ma poiché alcune città ne donarono più d’uno ecco che il numero dei cannoni fusi salì a 128.
Infatti, gli italiani esuli in California sottoscrissero l’importo per la realizzazione di quattro cannoni, mentre i sudditi degli Stati Romani raccolsero la somma necessaria alla fusione di tre cannoni. Anche gli studenti del neonato Regno d’Italia fecero la loro parte raccogliendo il denaro per la realizzazione di un cannone, ed infatti, su uno di essi venne inciso: “Studenti”. Fu una colletta veramente popolare al punto che, nonostante i mezzi d’informazione non fossero nemmeno lontanamente paragonabili a quelli odierni, coinvolse tutti gli italiani sparsi nel mondo.
Basta scorrere i nomi dei sottoscrittori elencati sulla lapide in bronzo fatta porre dal Ministro della Guerra, Alfonso Lamarmora, nel 1886 (quest’anno ricorre il 125esimo anniversario della posa) in segno di gratitudine per l’iniziativa, per comprendere la portata che ebbe quell’evento eccezionale. Talmente straordinario che venne deciso di elencare i nomi dei sottoscrittori in ordine alfabetico il che fece sì che sulla lapide il nome di Vittorio Emanuele II si trova in penultima posizione. Ma chi era Norberto Rosa (Avigliana, 3 marzo 1803 – Susa, 24 giugno 1862)? Visse sempre in Val di Susa. Era procuratore legale a Susa, nonché poeta in vernacolo, musicista, pittore e giornalista, collaboratore del Messaggero Torinese, della Gazzetta del Popolo e di molte testate di ispirazione liberale.
Oggi, forse, lo definiremmo un romantico sognatore ma ricordiamo che ci troviamo alla vigilia degli atti conclusivi che portarono, cinque anni dopo, all’Unità d’Italia e un tale slancio disinteressato e patriottico non poteva passare inosservato a Cavour il quale inviò al Rosa il seguente messaggio: “10 luglio 1858 – Dispaccio del Ministero della Guerra, saluta Norberto Rosa di Susa, redattore della Gazzetta del Popolo, come primo iniziatore della sottoscrizione patriottica dei Cento Cannoni di Alessandria, ordinando il governo che il nome di lui sia inciso sopra uno dei cannoni”. Ma quei cannoni, fortunatamente, non spararono mai neppure un colpo, infatti, nel frattempo il fronte si era spostato a Montebello e da lì gli austriaci comandati dal generale Gyulai, furono costretti a ritirarsi. Infatti, il 14 maggio 1859, Napoleone III era ad Alessandria e il giorno dopo dava le disposizioni per una nuova dislocazione delle truppe franco-sardo-piemontesi. Dietro gli ordini imperiali, i sardi si disponevano a Casale, Borgo S. Martino e Giarole, con avamposti di cavalleria a nord di Casale e il Quartiere Generale in Occimiano; dei francesi, il 4° corpo occupò Valenza e Pecetto, il 1° occupò Voghera e Cascinagrossa, con una divisione a Castelnuovo Scrivia e la brigata sarda di cavalleria oltre Voghera, il 2° occupò Sale, il 3° si dispose a Tortona con una divisione verso Pontecurone, la Guardia Imperiale si concentrò ad Alessandria, occupando con una brigata Castelceriolo e Marengo. Con la vittoriosa battaglia di Montebello iniziava la II guerra d’Indipendenza… Ma questa è un’altra storia.
Piero Archenti