Oggi è l'ultimo giorno della Milano Fashion Week. Di sfilate ne ho viste, eccome. E ho visto che il filo conduttore del prossimo inverno sarà ancora una volta la donna aggressiva. Nelle più svariate declinazioni: post atomica, tacco a stiletto, trasparenze totali, lussuosamente sadica e via dicendo. Quante stagioni, anni, ore solari, ci vorranno per chiudere con questa immagine fintamente dark. Due borchie nei tessuti non ci trasformano in donne volitive e gli unici intarsi di pelo dovremmo averli sul cuore. Viviamo squarci di estrema fragilità, di spietate contraddizioni, di gioie infinite ma anche di grandi dolori. E' vero, un tacco alto ci può alzare lo spirito e un guanto di pelle nera coprire quell'unghia rosicchiata nervosamente in ufficio. Ma sono stanca di collezioni crocerossine. Ne aspetto una dunque che faccia pensare, che abbia una trama sottile e una storia da raccontare. Mi aspetto un linguaggio del corpo, una suggestione che mi accompagni. Insomma una svolta. Non è necessario scrivere se non hai nulla da raccontare. Ma nemmeno cucire se il rocchetto di filo è giunto alla fine.
Un applauso però lo devo fare. Ai giovani emergenti. E agli stilisti che hanno cambiato direzione. Perché in alcuni casi mi sono riconosciuta.