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Collezionismo, una malattia?

Da Enricobo2

Collezionismo, una malattia?

Foto dal web

Niente da fare, difficilmente la femmina è sensibile a questa attrazione. E' più portata ad ammirare la singolarità, l'unicità della bellezza, il fascino del meglio, magari per abbandonarlo dopo poco e passare ad altro giudicato più interessante. Invece il maschio no. Deve essere una cosa genetica, il collezionismo. Sempre parlando in generale naturalmente, absit iniuria verbis, l'uomo è attratto morbosamente dalla possibilità di accumulare tutti, e ripeto tutti se possibili, gli esemplari esistenti dell'oggetto che in quel momento attrae il suo interesse. Tralasciando le figurine dei calciatori, esempio fin troppo ovvio, già da ragazzino, raccoglie le cose più strane e diverse ed il fine è proprio quello di accumularle tutte e poiché questo non è quasi mai realizzabile, almeno in una grande quantità di esemplari. Non vuole solo i più belli o i più rari, come farebbe una rappresentante del suo sesso avversario, ma anche quelli brutti, comuni, di scarsa rilevanza, perché proprio quelli gli mancano nella collezione. Anche mia figlia bambina ha fatto qualche album di figurine femminili, ma vedevo chiaramente che non le interessava cercare, scambiare con le amiche per finire la raccolta, voleva magari avere quella di Sailor Moon in tutto il suo splendore, ma alla fine non se ne faceva un cruccio. Altro che capannelli assatanati con in mano il mazzetto da fare scorrere veloce, con professionale andamento del pollice, alla voce di celo, celo, celo, manca, celo, che ha rischiarato la mia infanzia.
Ho visto uomini seri cercare come cani da tartufi su bancarelle improbabili, lamette da barba, bustine di zucchero, schede telefoniche, per non parlare dei famigerati miniassegni da 50 e 100 lire che qualcuno neanche ricorda più. Diciamo che è un po' una cosa che va a mode. Mentre eravamo al liceo andavano i pacchetti di sigarette vuoti. Intanto si trovavano per terra e non costavano niente, poi qualche parente che arrivava dall'estero ti portava qualche pacchetto straniero e che piacere aggiungere al mucchio di carte colorate quei pacchettini così diversi che conservavano ancora un lieve sentore di tabacco. Non parliamone se poi i caratteri erano diversi dai nostri. Pacchetti greci o russi e qualcuno che ne aveva addirittura qualcuno con scritte giapponesi o indiane. Che meraviglia, che divertimento guardarseli amorosamente. Io mi ero fatto un graticciato di fettucce su cui attaccavo quelli morbidi con uno spillino e che tenevo appeso al muro della mia camera, per potermeli rimirare continuamente. Avevo ideato una tecnica di ritrovamento astutissima. Assieme ad un altro collezionista, oggi luminare della medicina, si andava in bici a fare il giro dei passaggi a livello attorno alla città, zone dove la lunga attesa degli automobilisti conciliava il consumo di sigarette che la maleducazione italica imponeva di gettare poi al bordo della strada. Anche se appallottolati, venivano raccolti con giubilo e poi successivamente con gran cura, amorosamente distesi, stirati, infine recuperati alla collezione o per scambiarseli come carbonari nelle segrete sale del Bar Baleta. 
Una volta, un altro collezionista, altro futuro luminare della medicina, aveva fatto un ritrovamento in soffitta. Un pacchetto ancora intonso di AOI, Africa Orientale Italiana, un cimelio coloniale anteguerra, senza prezzo. Inutile dire, che tutti eravamo rosi dall'invidia e dal desiderio di possesso. Come è devastante questo sentimento maschile! Ma bisognava avere pazienza; a poco a poco la passione diminuì, qualcuno si stancò per primo, altri presi da altre cose seguirono. Alla fine rilevai tutte le collezioni della classe con poca fatica o male arti. La più grossa alla fine di una partita di poker, mentre un'altra mi fu addirittura regalata. Alla fine li avevo tutti, oltre mille pacchetti diversi, bellissimi. Poi altri desideri mi presero e vendetti in blocco la collezione, tramite un annuncio su Linus, ad un anziano signore di Milano, così almeno mi pareva allora, avrà avuto 50 anni o poco più. Mi mise in mano, dopo lunga trattativa, 110.000 lire e se ne andò con una strana luce negli occhi. Con il maltolto mi comprai la mia prima reflex, una Asahi Pentax Spotmatic 101, oggetto mitico, senza la quale non avrei potuto continuare a vivere, si sa. L'animo maschile è perverso, ragazze, cercate di capirci, se non sai di averne almeno undici fuori dalla porta non ti sembra di avere niente. Di macchine fotografiche naturalmente, poi saper fare le fotografie, è tutta un'altra cosa.
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