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Colloqui con commessa inguainata

Creato il 07 maggio 2012 da Koalalondinese @farego

Colloqui con commessa inguainata

Ero appena sbarcata in UK, e loro erano stati uno dei primi a contattarmi.

 

Miss Mar- Me- Martini?

 

Yes?!! – Avevo risposto speranzosa alla visione di quel numero sconosciuto, assetata di qualche news positiva, di una chiamata alle armi, per combattere sui campi chiamati lavoro e assicurarmi una lunga permanenza sul sulo inglese.

 

Siamo la L.K. Benneth e cerchiamo una sales assistant, lei é ancora libera?

 

Libera?!!

 

Con fare da donna che ha tanti colloqui – in realtá scoppiavo dalla felicitá mentre stavo benedicendo ogni Santo del calendario – le rispondo con un tentennato: hum… sí lo sono.

 

Questa mi fissa il colloquio, riattacca e io comincio a cantare inni di gioia infinita.

 

Un pó di cultura ragazzi, per chi non conosce questo brand vi dico solo che é uno dei piú indossati dalla Kate Middleton, e qui mi fermo.

 

Solitamente fa sempre un effettone quando lo dico, vedi la faccia della gente che si illumina al pensiero di strizzarsi in un abitino come fa la Kate.

 

La Kate che veste come il popolo, sí perché questi abiti non costano svariati milioni, insomma non ti devi impegnare nonno e macchina per acquistarne uno.

 

Questo brand nasce per le scarpe, alte, da scalata nell’ufficio, da donna in carriera, da mangiatrice chic di uomini, da… fanno male #sapevatelo!

 

Nel mio department store, c’era un grosso corner loro, e ovvio per obbligo le commesse dovevano indossare le loro scarpe, preferibilemente AKA tassativamente, quelle tacco 12.

 

Ora spieghiamolo magari agli uomini, che non ne conoscono i letali effetti – almeno per ora, poi se indossate di nascosto quelle della vostra ragazza, allora é un altro paio di maniche – stare piú di un’ora su un tacco 12 equivale ad avere due cucciolottoni di squali, che hanno chiuso a ghigliottina i tuoi piedi, nelle loro giocose e affamate bocche.

 

Queste poveracce, camminavano alcuni con passi meccanici alla Robocop, altre glielo leggevi in faccia, su quel viso pallido con il sorriso tirato, da vaffanculo a te che stai con le ballerine ai piedi!

 

C’era chi non se le toglieva neanche a pausa pranzo, perché poi il piedie esplodeva, e non rientrava piú nella scarpina.

 

Molte di loro difatti non duravano, se ne andavano, oppure si facevano ingravidare cosí da dover esser “costrette” a portare le cibatte ai piedi.

 

Insomma continuando con questo mio colloquio, mi trovai davanti una store manager italiana, e grazie a lei ho capito il concetto – piú in la ribadito nuovamente da altri miei incontri – che l’italiano inglesizzato nun te aiuta, e neanche ti parla piú italiano.

 

Mi sciroppo giú un colloquio in inglese, con questa che mi spiega quello che vogliono, chi cercano, che ci fai qui, perché vuoi venire qui, che ti piace, non ti piace, dove vivi, con chi… e via dicendo, ovviamente ripeto tutto in inglese, ma vabbé – mi dico – vorrá testare il mio livello di conoscenza.

 

Poi mi dice che le piaccio, e se voglio fare un paio di ore di prova.

 

Ecco di questo ne parleró in un altro post, perché merita davvero la vostra attenzione: la prova di lavoro!

 

Vado alla prova e questa mi mette in guardia, dicendomi che la Area Manager é una tosta, una diciamo … stronza ecco il termine piú giusto era questo.

 

Arriva la Mega-Farabut-Stronz-Manager e mi squadra dalla testa ai piedi, fa un sorrisino falso quanto una Vuitton sulla bancarella al mercato, e se ne va ridendo e lanciandomi occhiate divertite con la store manager.

 

Io beata innocenza, mica ho preso le mie cosine e voltato il sacro e largo dereteano no, mi sono fatta infliggere un’ora di prove vestito, manco fossi stata una sposa!

 

Dovete sapere che spesso questi grandi marchi vi danno la loro divisa, o meglio vi invitano – maddeché é tassativo – a indossare i loro capi, cosí da sfilare su e giú per il negozio, in attesa della cliente che estasiata vi dica: uh che bella cosa che porta, la voglio anche io!

 

La mia era composta tutta da vestitini aderenti e scollati.

 

Il tutto ovvio accompagnato da un paio di scarpettine con un tacco assassino, apri porta, segna sportello dell’auto, sadicismo puro, ficca chiodi nel muro, stappa bottiglie, e cosí via.

 

Esco con questo vestitino scollacciato, che se mi inchinavo facevo morire di crepacuore qualcuno, cercando di reggermi su 2 stecchini, e mi trovo tutte le altre commesse, lí prese a guardarmi battendo le manine contente del risultato.

 

Sei bella, come stai bene, che carina!

 

False stronze.

 

La Manager mi guarda e fa: vedo il segno delle mutande.

 

Io annuisco non volendo risponderle che sí, ebbene sí, mi piace portarle, é un vezzo che ho fin da bambina.

 

Lei invece con un sorrisetto mi dice, comprati una guaina cosí non le indossi e pialla tutto quanto.

 

Io la fisso con la faccia di chi sta per assassinarti con il simpatico tacchetto-limetta da carcerato.

 

Non sono un acciuga, hai 2 occhi, abbiamo parlato per ore, e ora che “guaina” vuoi da me?!!

 

Mi rimanda a spogliarmi, dopo avermi fatto camminare su e giú per il negozio a mó di sfilata, mi ricompongo, scendo da quei 2 grattacieli ed esco dal camerino.

 

A me piaci, peró sai che la divisa te la devi comprare tu?

 

Coooooosa caxxo stai dicendo?!! – dentro di me – Ah ma davvero? – quello che ho detto.

 

Sí mi fa lei ma é scontata per noi, se mi prendi un outfit sono un 100 Pound cose cosí.

 

Cose cosí un par di ciufli per una come me che se apriva il portafoglio questo le diceva: lasci sta sorella, qui nun c’é nulla!

 

Morale della favola la cosa si concluse con un reciproco non fai per me, e ne fui anche sollevata, visto poi come andarono le cose che presi un lavoro migliore, in cui indossavo quello che volevo e soprattutto ballavo in punta di … ballerine!

 


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