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Ieri ho sostenuto un colloquio alla Direzione Generale di Vodafone sede di Roma. Questo incontro, richiesto da loro senza mia candidatura per il ruolo, ha avuto una durata di ben due minuti. Giusto il tempo per essere umiliata, rifiutare "l'offerta" e riuscire ad uscire da quel palazzo pieno di protezioni elettroniche di tutti i generi.Dopo quest'esperienza, che mi è costata un viaggio di un'ora e mezza e quattro cambi di mezzi, mi sono ritrovata con molte emozioni fosche. Quest'ennesimo buco nell'acqua mi ha, però, fatto capire molto sulle motivazioni che mi spingono a cercare lavoro e sui perché non riesco a trovarlo.
Il tutto prese avvio la scorsa settimana. Una chiamata dal classico numero anonimo, a cui ho risposto per caso. "Abbiamo trovato il suo curriculum su uno dei siti per trovare lavoro. Ci interessa e vorremmo vederla per proporle un posto come responsabile commerciale. E' disponibile per un colloquio?" chiaro che lo sono. Se fosse vero, tante problematiche sarebbero risolte. Accetto, fisso, leggo l'e-mail di conferma e rispondo all' sms di recall. Mi organizzo, si sa mai che si tratti di qualcosa di interessante.
Parto da casa rifiutandomi di far castelli in aria. Dopo tanti colloqui, ho imparato a non farmi aspettative. Un'ora e mezza sui trasporti pubblici di Roma, nel momento di punta. Arrivo in anticipo (come sempre). Entro in ascensore alle 09:55. Entro nella fatidica stanza 205 un minuto più tardi. E sento: "Non abbiamo il suo curriculum." Iniziamo male. Mi avete chiamata voi; da qualche parte il mio numero l'avete preso.
Cerco di non farmi prendere dallo sconforto e tento di sorridere. "Il suo nominativo l'abbiamo preso da uno di questi siti ... ma non me l'hanno stampato, non ho idea di chi lei sia. Se mi racconta il suo curriculum..." Ho riassunto che sono laureata, con master e nuova iscrizione per una seconda laurea. Che ho esperienze nell'editoria, nei contenuti digitali e nei social network, che mi sono occupata di una campagna di fundraising per il non profit in ambito oncologico e che, in conclusione, mi occupo di comunicazione. La loro risposta è stata: "Non è la candidata che stiamo cercando. Il profilo non corrisponde. Però, vediamo... bisogna vedere se lei sarebbe comunque disposta..." non concludo la sua frase al posto suo e attendo di sentire la cazzata che ne sarebbe seguita, la quale è arrivata puntuale: "Noi ASSOLUTAMENTE non assumiamo, non vogliamo dipendenti. Il lavoro che le propongo ha l'obbligo di partita I.V.A., non c'è fisso mensile, ma le nostre provvigioni sono alte". Sentito tutto questo ho messo lo stop. "No, grazie. Cerco altro. Arrivederci". Ore 09:59.
Sono uscita e ho avuto la fortuna di incontrare una persona della mia famiglia allargata che mi ha portato via e che mi ha aiutato a distrarmi. Dentro di me sentivo una voragine nera sprofondare. Un vuoto che annullava i suoni. Non percepivo né la rabbia, né l'indignazione. Frastornata. Solo dopo è emersa la collera e la frustrazione. In seguito, alcune persone mi hanno detto che avrei dovuto reagire duramente alla mancanza di rispetto di questi responsabili delle risorse umane. Perché dirmi che ero risultata interessante per un posto di responsbailità, contattarmi spontaneamente, mandarmi e-mail ed sms per ricordarmi l'appuntamento sottolineando anche le "aperture in area manageriale", farmi perdere tempo e poi propormi un lavoro da consulente esterno porta a porta, senza fisso mensile, contratto, con partita I.V.A e la precarietà formato gigante. Non prima di avermi detto che non ero adeguata, che non andavo bene e che il mio curriculum non era in linea con il profilo. Ma chi ti ha cercato?
Poco distante da Via della Grande Muraglia, ho composto il numero dell'altra associazione con la quale mi sono incontrata la scorsa settimana. Lavorano nell'ambito delle tossico dipendenze. Ho deciso di accettare la loro proposta con dei limiti. Non essendo un lavoro retribuito e trattandosi di un luogo lontano da Roma 55 minuti di treno, la mia disponibilità avrà dei limiti imposti dai costi che dovrò sostenere (non ho alcun rimborso spese) e dal tipo di impegno che sono disposta a mettere in campo. Andrò là una tantum. Quando saranno nella sede legale di Roma, andrò lì e, per il resto, tele lavoro (forma che preferisco).
Accetto per due motivi: l'argomento in questione mi interessa molto e unisce psicologia, social media, fundraising e progettazione regionale; le mie mansioni e gli ambiti in cui potrò crescere mi permettono di non perdere il patrimonio di conoscenze acquisite (e che, al momento, non trovano alcun impiego). Con sei esami riconosciuti, potrò studiare e ri-laurearmi prima del previsto. Accetto questa offerta anche perché uscire da Roma, andando verso il mare, mi aiuterà a curare questo periodo di depressione che sto vivendo e a lenire la solitudine che affronto stando a casa a cercare lavoro. Accetto anche perché la libertà negli orari e nella presenza mi permetterà di svolgere volontariato in uno dei canili di Roma e questo, per me, significa continuare a curare quel nero profondo che sento nel mio cuore stando a contatto con gli animali e con la natura, potendo beneficiare dell'affetto che queste creature sanno dare incondizionatamente. Avrò anche il tempo di trovare una nuova casa, visto che l'attuale proprietario ci ha sbattuti fuori (Luglio: "Vi rinnovo per 4 anni"; Settembre: "Devo vendere!Domani avete l'agente immobiliare in casa").
In questo periodo non ho voglia di essere social; non ho la forza per sprizzare energia ed entusiasmo da tutti i pori. Non ho motivi per essere entusiasta. Ho motivi per pensare a soluzioni di riparo o recupero. Ma questo non è un contenuto adatto a Twitter o a Instagram o a chi per loro. Ci sono momenti in cui mi chiedo: che cosa ho realizzato nella mia vita? Quando ci rifletto, mi prende un forte senso di difficoltà, acuito da frasi che si sono conficcate nella mia mente nei periodi in cui sono tornata nella mia ex terra. Ieri, una persona mi ha fatto notare che c'è troppo affollamento nella mia testa. Ci sono troppe persone che vogliono avere una parte nel mio lavoro futuro. Ci sono troppe pretese e troppi buchi neri. Devo smentire la diffusa credenza che persiste in Friuli: che io sia stupida e che non valgo niente. Questo è come un cancro, dentro di me. Mi devasta e mi acceca. Come qualcuno disse: "Al massimo puoi fare la cameriera". E come qualcun altro, che ha un lavoro non per merito ma per legami di parentela, sostenne: "La tua laurea non vale niente. Lascia stare i social network, che non sei capace". Per fortuna che non ho più nulla a che fare con queste illuminante lingue di serpe friulana. Quel che rimane è smantellare la loro cattiveria dai miei ricordi che condizionano il presente.
Se qualcuno volesse chiedermi perché accetto di lavorare gratis per questa associazione, ma me ne sono andata dall'altra (più blasonata, se volete e con un tema socialmente accettabile), la risposta è semplice. Perché questa di adesso non mi ha ingannato per mesi sventolandomi sotto il naso contratti, anticipi addirittura di 1500,00€, retribuzioni mensili che mai si sono realizzati. Questa associazione è stata chiara da subito. Mi sono seduta e la direttrice mi ha detto, onestamente: "Noi stiamo tentando di sopravvivere. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a trovare fondi, ma non possiamo retribuirti perché non abbiamo disponibilità". Non ha aspettato l'ultimo minuto del colloquio per dire quello che si sapeva già dall'inizio, anche se non era esplicito nell'annuncio. Nell'altro contesto, invece, ho sperato per otto mesi di seguito che si concretizzassero le parole e i propositi detti e scritti. Nulla si è avverato. Dentro di me si è creato un logoramento psichico insostenibile, acuito dalle costanti notizie di smantellamento lavorativo dell'istituto di ricerca in cui lavora il mio lui. Nel primo caso, infine, si tratta di volontariato (anche se definito come stage non retribuito). Nel secondo, era solo sfruttamento indefesso, senza possibilità di futuro.
Inviato il 27 settembre a 10:32
Sono dei bastardi....non crucciarti per quei poveri cacciatori di teste ;-)