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Colombu: generiamo occupazione di qualità con la digitalizzazione di impresa

Creato il 06 marzo 2015 da Alessandro Ligas @TTecnologico

Colombu: generiamo occupazione di qualità con la digitalizzazione di impresa

Intervista a Stefano Columbu – Innovation Manager e Digital Champion del Comune di Terralba (Oristano)

di Alessandro Ligas

l’impresa digitale è quella impresa che fa un utilizzo intenso ma ragionato del fattore di produzione internet in combinazione con il fattore produttivo lavoro qualificato (Stefano Colombu )

Colombu: generiamo occupazione di qualità con la digitalizzazione di impresa
Oggi veniamo insistentemente ed in maniera via via crescente esposti a termini nuovi quali: social media, cloud, sharing economy, digital manufactoring, e tanti altri che hanno a che fare con il digitale. La verità è che il digitale è una competenza che da sola non esiste

Il digitale viene visto sempre in contrapposizione all’analogico, ovvero le cose fisiche in antitesi con la rete internet come se facessero parte di due mondi separati e che soltanto l’Internet delle Cose, o Internet of Things, (IoT) e l’Internet of Everything (IoE) può far riavvicinare.

Stefano Colombu, Innovation Manager, ci dice “l’impressione, è quella di trovare in ognuna di queste voci, le quali rappresentano per i loro ambiti, delle nuove frontiere di innovazione, delle possibili soluzioni per la nostra ripresa economica, per lo svecchiamento della nostra economia, per il dramma della nostra disoccupazione giovanile.

La parola digitale ci porta a fare ragionamenti che ci portano a cambiare radicalmente il nostro modo di vedere il mondo, a cambiare i paradigmi con cui leggiamo la realtà. Questo significa non soltanto modificare il nostro rapporto con gli oggetti che ci circondano, ma anche cambiare il nostro modo di leggerci dando un valore nuovo al modo di rapportarci agli altri, alla condivisione di esperienze e di progetti. Un modo nuovo di fare networking che modifica le relazioni, traccia un nuovo quadro di diritti e che cambia il mercato del lavoro. Oggi giorno si può essere digital anche senza avere una piattaforma. È un linguaggio che deve essere sempre presente. È un modo di pensare. Uno stare sempre all’ascolto.

Un approccio “integrato, ragionato e consapevole di queste nuove frontiere” continua Stefano Colombu che all’interno delle nostre imprese porta ad un percorso di digitalizzazione e di costruzione di reti che abbiano come obiettivo la realizzazione di un territorio competitivo”.

Durante il nostro viaggio all’interno dell’ecosistema dell’innovazione della Sardegna abbiamo incontrato Stefano Colombu del Percorso Innovation Manager del Formez PA di Cagliari e Digital Champion del Comune di Terralba (Oristano) con il quale abbiamo parlato di imprese digitali e territori competitivi

Ciao Stefano. Ci spieghi cosa sono le imprese digitali ed i territori competitivi. Potresti darne, in una battuta, una definizione?
Ciao Alessandro. Ci provo! Definisco l’impresa digitale come quella impresa che fa un utilizzo intenso ma ragionato del fattore di produzione internet in combinazione con il fattore produttivo lavoro qualificato. Il territorio competitivo invece è quel territorio formato da delle reti modulari di imprese digitali che in tal modo è in grado di competere nel mercato interno e internazionale.

Come l’impresa passa da tradizionale a digitale?
All’interno dell’impresa digitale vi è una combinazione del fattore produttivo internet con il fattore produttivo lavoro qualificato. A mio parere questo avviene in due macro aree che chiamerò Web e Comunicazione/Gestione/Sviluppo, sebbene sia consapevole che le definizioni sono un po’ strette per i reali contenuti che voglio esprimere ma provo lo stesso a tracciarne le linee di demarcazione. All’interno della macro area web l’impresa che da tradizionale diventa digitale, oltre a disporre di una presidio responsive su internet, è dotata di una unità di web intelligence che utilizza strumenti di Adptive Web e Data Mining per raggiungere i suoi clienti, studiarne i comportamenti e modelli di navigazione, scelta e consumo e, con gli stessi strumenti, cerca di intercettarne di nuovi nel mercato interno e internazionale.

Mentre per la macroarea Comunicazione/Gestione/Sviluppo?
Questa si declina invece in due sotto aree: interna ed esterna. A livello interno si realizza sia nella la gestione del processo che per la creazione di nuovi prodotti. Nella gestione del processo: tramite l’utilizzo di sistemi in cloud per la gestione del project management e nella gestione ottimizzata delle relazioni con fornitori, clienti e dipendenti. Ma non solo in questo livello trovano spazio anche le tecniche di fabbricazione digitale, con la possibilità di intervenire ed ottimizzare interi comparti come potrebbero essere quelli della distribuzione e della logistica. Per la creazione di nuovi prodotti invece, l’impresa digitale fa ampio utilizzo di tecniche di cocreazione a basso costo (tramite applicazione dei principi Lean Start Up) con i clienti (customer development).

Per quel che riguarda la comunicazione esterna mi riferisco all’evoluzione digitale e moderna del marketing, e con ciò faccio riferimento al social media marketing ma anche al racconto testuale (storytelling tramite blogging) o visivo (visual storytelling) dei luoghi, produzioni e tradizioni, così come ne ha parlato Stefano Micelli su CheFuturo. Sino a forme più evolute di social customer care ecc. Secondo lo schema adottato, l’impresa tradizionale che pianifica e interviene in queste due macroaree intraprende un cammino di digitalizzazione.

In generale il tessuto economico Italiano e quello Sardo sono composte da PMI, come si concilia questo con la necessità di avere al proprio interno unità dedicate a queste macroaree.
Sono del parere che sia la micro che la piccola impresa siano le prime che possano beneficiare maggiormente di questo processo di digitalizzazione ma, purtroppo, sono depositarie dei vincoli più stringenti. Mi riferisco ai vincoli culturali, finanziari, ed anche normativi. Il problema è capire come superarli.

Cosa si può fare?
Penso che una risposta potrebbe provenire dalla applicazione dei principi della sharing economy declinati su modelli B2B. Per farlo ti propongo di ragionare come in precedenza, individuando altre due macro aree. Le chiamerò Reti e Internazionalizzazione.

Per ciò che riguarda le reti mi riferisco a reti di comunità. Micro e piccole imprese partecipi di reti modulari, anche informali, tramite le quali sono in grado di ridurre i costi e massimizzare le opportunità del processo di digitalizzazione. E, come anticipato, sotto questo punto di vista mi riferisco ai vantaggi che sono propri della sharing economy con una forte matrice B2B. Nel dettaglio, ma con degli esempi non esaustivi, intendo la condivisione del management in una rete trasversale che potrebbe interessare imprese del comparto produttivo e turistico guidate da un unico manager in un processo di digitalizzazione (sharing management o manager di reti); condivisione di fornitori come potrebbero essere le unita di Web intelligence (sharing supplier), che hanno più senso in una rete piuttosto che all’interno di una singola impresa, specialmente se micro. Ma sotto questo punto di vista intendo anche la possibilità di far emergere dei bisogni latenti tali da favorire la creazione di nuove imprese (sharing needs) . E ancora, nella individuazione di nuovi modelli di business con approcci di tipo Open Innovation (sharing knowledge);nell’introduzione di circuiti di credito commerciale Sardexlike (sharingfinancing).

Mentre per quanto riguarda l’internazionalizzazione?
Per quanto riguarda l’internazionalizzazione faccio riferimento sempre al concetto di rete di comunità (la quale nasce variabile, libera e sfumata e si evolve con modularità) in grado a questo punto di competere con la giusta scala nei mercati internazionali sia dal punto di vista tradizionale (e quindi missioni commerciali, accordi internazionali, fiere, intermediazione delle camere di commercio,ecc.) ma anche e soprattutto tramite un offerta valida e competitiva nei canali del commercio elettronico.

Dunque, come si realizza il concetto di Territorio competitivo?
Tramite l’unione di queste quattro macro aree: Web, Comunicazione/gestione/sviluppo, Reti, Internazionalizzazione si forma un quadrante che definisce un territorio competitivo. All’interno di un territorio competitivo operano le imprese digitalizzate, multinazionali tascabili che tramite approcci di rete ad hoc e modulari, incentrati sui principi della sharing economy, sono in grado di competere nei mercati interni e internazionali generando economie, occupazione di qualità, favorendo la nascita di nuove imprese in grado di supportare l’intera di rete. Ma attenzione, il quadrante qui descritto va interpretato come una strumentazione al servizio delle comunità. Ma se le comunità non esistono o fanno fatica a riconoscersi come tali, allora nessun quadrante potrà cambiare il loro destino. Occorre dunque iniziare a costruire dei veri e propri percorsi di comunità, occorre essere presenti sui territori e implementare, grazie alla cultura del fare, processi virtuosi, sensibilità comuni, visioni di sviluppo, idee di un cambiamento possibile, facendo in modo che l’innovazione tradizionale integri l’innovazione tecnologica come leva per potenziare e rafforzare i propri asset di valore. Per questa ultimissima riflessione sono in debito con Gennaro Di Cello, con cui ho recentemente discusso di questi temi.

Ti ringrazio


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