Ieri vi avevo lasciato con un dubbio che definire dilaniante sarebbe veramente poco. Abbiamo visto che, sulla carta, l’universita’ italiana e’ stata pensata per essere universita’ meritocratica, libera, in grado di premiare i migliori e di sfornare dottori con i controcosiddetti. Il sistema giapponese invece ai nostri occhi appare alquanto stravagante: c’e’ uno sbarramento all’ingresso per le universita’, per affrontare il quale gli studenti si preparano per un anno intero; dopodiche’ sembrano studiacchiare in confronto a noi (anche se bisogna dire che la cosa dipende dall’universita’, e dalla facolta’).
Ieri alcuni di voi hanno fatto delle domande interessanti, tipo “ho sentito dire che l’universita’ giapponese e’ tosta, come mai?”, oppure “ma Sony assume gente impreparata?”. La risposta al primo quesito e’: dipende.
Da quel che ne so, esistono alcune universita’ difficili (quelle pubbliche, in genere); esistono corsi e corsi (ovviamente se fai medicina gli esami li hai, eccome…) ma soprattutto, esiste una netta disparita’ tra il livello di difficolta’ nel bachelor (la nostra laurea triennale) e nel master degree (la laurea specialistica). Quindi, again: dipende. Posso raccontare quello che avviene piu’ o meno in generale alle giappine studentesse che frequento io: la giornata tipo e’ andare ai corsi, dormire sul banco per tutto il giorno, dopodiche’ in genere c’e’ l’arubaito, il lavoro part-time con cui si pagano gli studi, e/o l’uscita con gli amici. Ogni tot mesi devono fare una presentazione in Power Point o altre menate, che prevede dello studio sulla materia ma certo non e’ un esame dei nostri. In generale hanno molto rispetto per quelli che fanno il master degree, perche’ dicono che li inculano a sangue. Ma giappine col master ancora non ne ho conosciute, per cui non vi saprei dire come funziona.
Per quel che riguarda il secondo quesito, quello riguardante Sony, il discorso si fa piu’ complicato, e per affrontarlo dobbiamo per forza parlare del mondo del lavoro.
Cosa succede in Italia? In genere il laureato esce dall’universita’ con la testa piena zeppa di teoria, ma di pratico in genere non sa fare nulla. Come un computer col sistema operativo installato ma senza programmi: puo’ essere svelto, capace, pronto a imparare… ma cosi’ com’e’ e’ abbastanza inutile.
Il giovane italico a questo punto fa la sua bella festa di laurea, se e’ Veneto si legge pure il suo bel papiro in mutande al grido di “bevilobevilobevilo”, dopodiche’ quando si e’ ripreso dalla sbornia inizia a cercare lavoro, magari dopo un viaggetto di laurea, se se lo puo’ permettere. Tanto vive a casa col papi e con la mami, e ci restera’ comunque per anni a venire.
A questo punto il giovane inizia a cercare seriamente lavoro. Contatta recruiters, agenzie interinali, aziende, eccetera. Quando lo chiamano per i colloqui valutano il suo titolo di studio, il voto di laurea, la conoscenza dell’inglese, ma anche il suo modo di porsi, ecc. Se fa un colloquio di gruppo, nel primo colloquio viene colloquiato da una psicologa o scienziata dell’educazione che valuta la sua attitudine psicosocioattitudinala, ovvero lo accetta se gli piace il suo carattere e lo scarta se gli sta in culo.
In Italia vale la formula E=mc^2; che non ha niente a che vedere con la relativita’ di Einstein: significa che l’Esito della ricerca di lavoro e’ uguale a Merito per Culo al quadrato; e infatti qui entrano in gioco simpatie, conoscenze, e tutti i vari altri cancri della societa’ italiana che ci rendono cosi’ fantasticamente meritocratici; basta vedere il consiglio regionale lombardo. Io il Trota e la Minetti solo per essere stati eletti li condannerei all’esilio, loro e i coglioni che li hanno votati: sul serio. Perche’ non c’e’ destra e non c’e’ sinistra, se voti uno palesemente incompetente come il Trota, come Mastella o come Bassolino vuol dire che non sei un cittadino, sei un tifoso votante. E quindi sei un de-fi-cen-te, che tu sia di destra o che tu sia di sinistra.
Comunque sia, se il giovane italico ha fortuna e riesce a trovare lavoro, e’ facile che entri in un’azienda di sfruttatori che lo sbatteranno a costo quasi-zero a far fotocopie o gavetta varia per alcuni anni, e visto che nessuno ha palle di insegnargli cosa deve fare dovra’ imparare piu’ o meno da solo il mestiere. Dopodiche’ quando ha fatto un po’ di esperienza e sa quelle quattro acche di lavoro, puo’ mandare garbatamente affanculo quel negriero del suo datore di lavoro e cercarsi qualcosa di meglio. Questo al netto di paraculi, crisi economiche e sfighe varie.
Come vedete, questo modello comporta infinite variabili, per cui nessuno sa cosa riservera’ il futuro. A 19 anni il giovane studente sceglie la facolta’ a seconda dei suoi gusti, nessuno lo puo’ fermare dal fare quella scelta sciagurata, l’universita’ non ha idea e neppure si cura di sapere quanta gente di quella facolta’ sara’ assorbita un domani dal mondo del lavoro, ma in fondo sono un po’ cazzi dello studente, diciamo: se l’e’ voluta lui. All’uscita dell’universita’ sulla strada dello studente appare un punto interrogativo grande come il monte Everest, e nel futuro la sua vita dipendera’ da fortuna, capacita’ personali, conoscenze, mafie, voti di scambio, eccetera. Morale della favola: il nostro modello iperdemocratico in teoria e’ bellissimo, ma in pratica e’ un colabrodo perche’ funzionerebbe solo in un mondo ideale fatto di professori onesti, datori di lavoro onesti, politici onesti, genitori onesti, figli onesti. Solo che a noi ce piace la scorciatoja e l’imprevedibbbilita’ della vita, ma soprattutto ci piace lamentarci, quindi va bene cosi’.
Alla fine dei conti da un modello del genere che cosa emerge? Emerge una societa’ in crisi, come un motore fuorifase che funziona al 10% delle sue potenzialita’. Ma allo stesso tempo in questa arena che e’ il mondo del lavoro emergono due realta’: nel pubblico e comunque negli ambienti della politica vince la nostra tendenza a fare mafia, per cui fa carriera il leccaculo, il paraculato e recentemente anche la velina pompinara; mentre nel privato emerge il genio, quello che ne sa una piu’ degli altri, quello di talento, il designer, l’imprenditore di successo, lo scienziato con due palle cosi’. Gente che emerge nonostante il sistema-Italia perche’ ha due palle cosi’, due palle che pero’ allo stesso tempo sono state forgiate dallo stesso sistema-Italia, dalla stessa arena in cui sono cresciuti. E qui infatti potremmo dire che tra universita’ e mondo del lavoro in Italia si passa dal sistema-Calcio al sistema-Colosseo. E’ ‘na guera, aho’.
Come funziona invece il sistema-Giappone? All’universita’ parlavamo di sistema-Baseball, con tutte quelle statistiche… ora e’ facile fare il paragone: una volta che si affacciano al mondo del lavoro, i giapponesi passano al sistema-Giardino Zen. Ma con questo concludo, perche’ il tempo e’ tiranno, e oggi ho scritto pure troppo.
Di giardini Zen parleremo a volonta’, nel prossimo episodio.