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Si, perché Hazel è giovanissima eppure ha un'aspettativa di vita estremamente limitata a causa della sua malattia.
A una riunione del gruppo conosce August, 18enne, a cui un osteosarcoma ha portato via una gamba e il sogno di diventare giocatore di basket.
Però con la sua protesi convive meglio di quanto faccia Hazel con la sua bombola.
La naturale ricerca di un appiglio in un momento di grande difficoltà , lo scambio di un libro e di vari messaggi, incanala l'amicizia tra i due verso qualcosa di più profondo.
E galeotto fu il libro che Hazel ha prestato a Gus e il viaggio ad Amsterdam per conoscere chi ha scritto quel libro per sapere qualcosa di più sul finale.
Ma la malattia,bastarda, è in agguato.
E colpisce dove meno te lo aspetti....
Hollywood sulla retorica della lacrima facile ci ha costruito parecchie fortune, in termini economici.
Così come succedeva in Italia quando negli anni '50 i melodrammi di Raffaello Matarazzo ( nessuna ironia, in confronto a quello che passa la casa oggi , il suo era grande cinema) facevano lacrimare a profusione orde di spettatori accorsi al cinema per farsi un pianto liberatorio.
Credo anche che esistano varie tecniche e trucchetti per estorcere liquido lacrimale al pubblico.
Tutto questo per dire che il sottoscritto,è uno che è solito piangere come una fontana davanti a film di questo genere, sono stato colpito e affondato anche da Love Story, per dire, che è uno dei film più ruffiani e rubalacrime a tradimento della storia del cinema.
Cioè, tipo mi bastava vedere Ryan O' Neal di spalle e sentirlo chiedersi di una ragazza a cui piacevano Beethoven e i Rolling Stones ( sto citando a memoria, quindi mi si perdoni qualche strafalcione) per cadere al suolo affranto della sua perdita.
Ecco apprestandomi alla visione di Colpa delle stelle ( ma quanto è bello il titolo originale The Fault in our stars , quanto suona meglio?), temevo di sottoporre a un tour de force senza costrutto i miei canali lacrimali.
Amore e morte come raccontato dal sopracitato Love Story e così come recentemente raccontato da Van Sant in L'amore che resta.
Se il film di Van Sant non indugiava sulle tecniche hollywoodiane per estorcere commozione, pur raccontando una storia " forte" , temevo che Colpa delle stelle fosse semplicemente il suo contraltare hollywoodiano, perché in fondo raccontano due storie molto simili pur partendo da angolazioni diverse.
Beh, posso dire che non è propriamente così.
Non avendo letto il libro non posso fare paragoni con la pagina scritta ( per cui , guardando il lato positivo, non ne sono neanche condizionato) ma posso dire che , pur non essendo d'accordo sul come è gestita la "poetica" del dolore , direi che non si oltrepassa mai quella linea sottilissima che demarca quella che ho appena definito "poetica" del dolore, dalla pura e semplice "pornografia" del dolore.
C'è il vizio smaccatamente hollywoodiano, diciamo un impulso commerciale per fare breccia soprattutto nel cuore dei teenagers ( ma soprattutto delle teenagers, presumo) con alcune sequenze "fabbricate" all'uopo, ma oltre a questo c'è un film che non irrita nel raccontare una storia ad elevato rischio di retorica.
Hazel e Augustus sono due personaggi vivi, pulsanti, a tutto tondo, hanno preso la loro malattia da prospettive diverse: Hazel ha il terrore di lasciare soli i suoi genitori, senza uno scopo per cui vivere, Augustus invece vorrebbe sfuggire all'oblio che ammanta tutti dopo la morte.
Curioso che lei vorrebbe essere dimenticata e non condizionare la vita futura dei suoi genitori, mentre lui abbia la smania di dover fare qualcosa per chi debba essere ricordato da tutti.
Non possono avere tempo per il loro amore ma decidono di viverlo fino in fondo perché sanno di non avere un domani, o meglio sanno di non avere ancora troppi domani da vivere.
Ed è proprio il loro disincanto, il loro cogliere l'attimo facendone filosofia suprema di una vita purtroppo a breve scadenza, che fa emergere il film dal marasma dei melodrammoni adolescenziali hollywoodiani.
Sono due supereroi al contrario, ma hanno uno spirito indomito che li fa combattere fino alla fine senza dimenticare generose secchiate di ironia.
Di solito gradisco poco la voce off che si affanna a spiegare di tutto e di più, ma stavolta non mi ha disturbato più di tanto, così come mi ha convinto la prova di Shaleine Woodley che è passata dallo status di semplice clone di Jennifer Lawrence in Divergent all'essere un'attrice vera e propria, brava a colorare un personaggio sfumato e difficile senza scendere al livello della caricatura.
Convince anche il suo partner Ansel Elgort che , ironia della sorte, nel succitato Divergent faceva la parte del fratello.
E mi preme anche sottolineare la presenza di Lotte Verbeek che con la sua bellezza aveva animato un piccolo cult di cui avevamo già parlato qui, Nothing personal, un film decisamente da scoprire.
Il cast di contorno per il resto è abbastanza sbiadito a partire da Laura Dern che incide poco nel suo ruolo di madre di Hazel per arrivare a Willem Dafoe che eccede nel caratterizzare un personaggio scomodo....
PERCHE' SI : storia d'amore adolescenziale in cui i due protagonisti non sono i soliti bimbominkia, bravi i protagonisti, non si scivola nella pornografia del dolore..
PERCHE' NO: astenersi fanatici del lieto fine, cast di supporto piuttosto sbiadito, gestione della commozione tipicamente hollywoodiana ma , stavolta , con misura.
( VOTO : 7 / 10 )
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