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Colpevoli di fame

Creato il 20 giugno 2012 da Albertocapece

Colpevoli di fame

 

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Rifugiati, l’allarme della Caritas: “A Roma situazione più difficile”. Nella capitale 1500 persone vivono in insediamenti spontanei (baraccopoli, tendopoli, edifici abbandonati) al di sotto degli standard di salute e sicurezza. Immigrazione, otto migranti dispersi nel canale d’Otranto mentre altre quattro persone sono state tratte in salvo dopo che la loro piccola imbarcazione è naufragataa circa sei miglia dalla punta del Salento, tra Leuca e Torre Vado.
Notizie già scivolate precipitosamente in basso, a pagina 26, tra le “varie dal Mondo”: i neo disperati, i neofiti della miseria guardano a antichi affanni come a una minaccia. Per chi invece soggiorna nelle comode tane del privilegio abituati a distogliere gli occhi staccando un assegno scaricabile dai redditi e preferirli invisibili, meglio non incontrarli con i loro secchi e le scope nei corridoi degli algidi uffici, meglio se sono vittime così li si può frettolosamente liquidare con la pietas e meglio ancora se sono morti chè così ci si toglie il pensiero.

Così la giornata mondiale dei rifugiati diventa un’altra, l’ennesima commemorazione, un giorno della memoria evaporata della solidarietà e della compassione, che non vuole dire pietà o beneficienza ma vivere i dolori degli altri come fossero anche nostri, sia pure nel timore che diventino talmente nostri dal dover provare pena per noi stessi, stranieri in ogni luogo, spaventati dal domani e annichiliti dalla miseria.
Era prevedibile che nei territori della crisi divampasse una guerra contro i poveri e tra i poveri, nutrita dalla diffidenza e dal sospetto, alimentata da chi si rafforza dell’egoismo, gonfiata da una retorica della superiorità di chi si improvvisa più forte con la sopraffazione pur essendo già debolissimo perché espropriato di garanzie, certezze e diritti se non quello di farsela su chi è più vulnerabile o più solo.

L’infamia pubblica declinata nel rifiuto e nella prevaricazione cieca e nella segregazione autoritaria è da anni la politica dei governi, la loro pedagogia disumana che ha estratto dalla gente istinti empi e incivili, corrosivi della cittadinanza, dimentichi di tante sofferenze non poi così lontane di chi poco prima di loro aveva vissuto lontananza dagli affetti, sospetto, marginalità. Ora i sacerdoti della teologia del profitto non devono nemmeno fare lo sforzo di sollecitare in noi l’istinto “difensivo” alla separatezza: chi ormai è privo di garanzie e protezione è già abbastanza incattivito e esautorato della dignità da respingere chi sta peggio, da opporre la negazione alla disperazione, troppo intento al suo bisogno insoddisfatto per sapere che il diritto ad esprimere bisogni e a esigere risposte non ce lo può togliere nessuno se ci si unisce nella solidarietà.
Deve essere successo qualcosa di terribile se stiamo subendo la retorica della disumanità come se fosse ineluttabile e quindi legittima, così come abbiamo accondisceso a essere espropriati della sovranità, offesi nella cancellazione del nostro voto, oltraggiati dalla rapina dei nostri diritti, in nome della divinità più crudele, la necessità. Ci hanno persuaso che è inevitabile, ineludibile e fisiologico volersi male, rompere patti antichi di amicizia e amore, sciogliere vincoli umani.

E deve essere successo qualcosa di ancora più ignobile se anche quelli che vengono visti come interpreti del bisogno di cambiamento proprio su questo non cambiano niente se non in peggio. Se il Movimento 5 stelle pervicacemente chiede un incremento del controllo sociale e della conseguente condanna alla perpetua fame e sete di intere popolazioni, per fronteggiare le “invasioni” e le loro “ conseguenze apocalittiche, tra cui il vertiginoso aumento delle epidemie (AIDS, malaria, tubercolosi,etc.), dei prezzi delle materie prime, della criminalità, del terrorismo, della prostituzione, del degrado ambientale”, come se non fossimo proprio noi, civile occidente, i motori delle forme più rapaci e audaci della nuova criminalità e delle antiche mafie. Se il partito dei sindaci, bi partisan, non avesse praticato un’amministrazione dell’esclusione: controllo dei flussi, sanzioni, barriere, segregazioni, chiudendo gli occhi sui pogrom, le spedizioni punitive e nutrendo malanimo e conflittualità continuamente sfociante in violenza e emarginazione.

Nelle nostre città sorgono ogni giorno accampamenti della povertà, dietro alle siepi dei giardini, si ergono bidonville sui rifiuti, si innalzano monumenti precari dell’edilizia della disperazione. Non vediamo più il nostro vicino e pudicamente non ci chiediamo dove sia andato. Distogliamo gli occhi vedendo qualcuno che fruga nei cassonetti, fingiamo di non vedere i tanti Umebrto D che estraggono furtivamente il buondì motta dalla confezione al supermercato mangiandola frettolosamente, perché la miseria ormai è una colpa.
I ricchi di tutto il mondo hanno saputo unirsi contro di noi. I poveri no, i poveri non si guardano, non si difendono, non stanno insieme. È così che con la libertà e la dignità perdiamo la guerra.


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