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Colpo a libera energia

Creato il 05 aprile 2011 da Libereditor

Colpo a libera energiaMi è capitato qualche mese fa di leggere per caso di Giuseppe Braga sul web dopo che anche diversi amici me ne avevano parlato bene. Sono poi andato alla ricerca del suo libro “Ma tu lo conosci Joyce?” (edito da Sironi) per mercatini (visto che nelle librerie non si trova più) e, dopo qualche tentativo a vuoto, ne ho finalmente trovata (fortuna!) una copia.
La sua lettura è stata una sorta di colpo a libera energia, tanto per citare una tecnica usata nel combattimento di Ken in Guerriero
Raramente mi era capitato di incontrare una scrittura così brillante, giocosa, divertente, spiritosa, spassosa, esilarante, spiazzante.
Finalmente un libro vivace e innovativo (ma anche eccentrico e bizzarro, di notevole intelligenza sintetica), mi dicevo. Un tripudio di magnifiche assurdità, di stravaganti giochi di parole, di battute frizzanti, di ironia puntuta, di frasi irriverenti e argute che fatalmente catturano…

Ho voluto contattare Giuseppe (scoprendo, tra l’altro, di avere in comune con lui l’anno di nascita) e sottoporgli qualche domanda.
Come potevo sottrarmi a questa fortissima tentazione?

(L.B. sta per Libereditor’s Blog, G.B. per Giuseppe Braga)

(L.B.): Le scuole di scrittura sono ancora una questione aperta? Il tempo, si sa, sistema le cose…

(G.B.): Le scuole di scrittura, per chiunque voglia avvicinarsi alla pratica della scrittura creativa, ritengo siano uno strumento parecchio utile. Molto dipende dall’impostazione data, dalla serietà e dalla competenza di chi le tiene, naturalmente. E poi non vanno caricate di troppe responsabilità, intendo: il solo fatto di frequentarle, non significa automaticamente diventar scrittori. A me, personalmente, sono servite. Mi hanno fornito nuovi strumenti, nuove opportunità di confronto e di conoscenza, regalato una nuova prospettiva. Ho altresì avuto modo di conoscere un ambiente che prima ignoravo, o perlomeno, che conoscevo, sì, ma solo per sentito dire.

(L.B.): Il “giovin scrittore” è oggi un animale sempre meno raro. Troppi intrusi bussano alla porta e la gente si fa diffidente… Il troppo stroppia?

(G.B.): Il troppo stroppia sempre, anche quando all’apparenza non sembra. Il senso della misura pare non esistere più. Chi fa la voce grossa, chi fa il gradasso, chi le spara più forti, spesso e volentieri riesce a ottenere quel che vuole (ma ricordatevi, il tempo è galantuomo, e molte volte il successo così ottenuto, si rivela effimero). Detto ciò, trovar l’equilibrio, la giusta via, è roba per pochi eletti, quindi, sa che le dico, evviva il troppo (anche nelle donne, intendo)! Guardiamo in faccia alla realtà. Le case editrici, ad esempio, sono sommerse di manoscritti, il più delle volte illeggibili (non perché ne ricevano troppi, ma perché scritti, semplicemente, male), non me ne vogliano gli autori aspiranti. Così facendo ne vanno di mezzo un po’ tutti. Inoltre, si pubblica di tutto, a getto continuo (il mistero permane, nessuno legge, ma tutti scrivono!). E sugli scaffali delle librerie poi, non si fa in tempo ad adocchiare una nuova uscita che già non si trova più. Ne è già arrivata un’altra.

(L.B.): La lettura, secondo lei è ancora cibo per la mente o rischiamo di essere mangiati vivi da certe letture cosiddette “pericolose”?

(G.B.): Più che dalle letture, direi che ormai siam stati già mangiati dalla televisione, dalla playstation e dagli smartphone. E lo dice uno che sta alla tecnologia come Joyce stava alla punteggiatura (battutona, lo so!). Inoltre, lo ammetto, la tv non ce l’ho (ammetto pure che è la prima cosa che guardo, appena invitato a casa da qualcuno). So quasi a memoria tutta quanta la programmazione rai e mediaset. Sono un feticista masochista, lo so bene.
Riguardo le letture pericolose, una volta ho provato a leggere Melissa P., e ancora mi sto chiedendo come ci sia riuscito. A non andarla a cercare con una spazzola in mano, intendo. Sia come sia, pericolosi o meno, io gli scrittori li invidio tutti, senza alcuna eccezione, Melissa in testa. Che loro, gli scrittori in generale, più o meno pericolosi, dico, son capaci di imbastire una trama (l’intreccio, così ti insegnano nelle scuole di scrittura che io tra l’altro, si sarà capito, ho frequentato). Io invece, le trame, giuro ma non serve che lo faccia, non so proprio dove stanno di casa, le trame.
Detto questo, non mi piace fare lo snob, anzi, se c’è una cosa che detesto è quella roba lì, lo snobismo per partito preso. Il circolo chiuso dei buoni lettori o degli intellettuali che storcono il naso appena qualcuno gli fa notar qualcosa di insolito o diverso. A me piace sperimentare, provare cose nuove, anche deragliando, se necessario. Anche rischiando di non pubblicare più. Io scrivo per il piacere di scrivere innanzitutto. E anche come lettore son piuttosto curioso (le barzellette di Totti, no, però, quelle no, dai…). Dimenticavo, auguro lunga vita e infinito successo a Moccia (anche se non l’ho mai letto, lo ammiro per le splendide trame dei suoi bellissimi romanzi).

(L.B.): Però è anche vero che “non si può assolutamente prescindere dalla Recherche”…

(G.B.): L’avevo sentito dire da Aldo Busi, durante una puntata di Amici della De Filippi (ai tempi la televisione ce l’avevo). Naturalmente, letteralmente folgorato da quelle parole illuminanti, non m’ero lasciato scappare l’occasione e avevo inserito quel piccolo episodio nel mio romanzo (quasi dimenticavo, è senza trama, il mio romanzo). Sia come sia, tornando all’opera di Proust, confesso di averne letti, parecchio tempo fa, solo pochissimi stralci. E onestamente, a tutt’ora, non so se rammaricarmene o meno. Nel mio libro (il virgolettato della domanda è una citazione, in effetti), ne parlavo in maniera leggermente ironica. Ovvero. Come col Joyce del titolo. Molti a riempirsi la bocca, pochissimi a leggerlo. E però, in tutta onestà, evviva i Classici, e che dio li abbia in gloria. Arriveranno tempi migliori anche per loro, ne sono certo (soprattutto quando penso a un altro soggetto pericoloso – ma si sa, e lo ammetto, parlo soprattutto per invidia – Fabio Volo)!

(L.B.): Scriveva Roland Barthes che “se Balzac scrivesse un romanzo ai nostri giorni non potrebbe mancare di includervi un’assemblea di condominio”.
Secondo lei cosa si potrebbe aggiungere oggi a un romanzo classico per renderlo digeribile ai più? Forse tutto ciò che i media non sono più capaci di raccontare?

(G.B.): Credo che i media, ormai, a mio modesto parere, siano arrivati ovunque. Ci manca solo che ci regalino un reality show sulle scoregge più fragorose emesse da volti (volti equivarrebbe a culi, in quel caso) più o meno noti del jet set. Tornando serio per un momento, mi vengono in mente le ore e ore di trasmissioni inutili trascorse a spaccare il capello in quattro su dettagli relativi a tragici episodi di cronaca nera. Con la scusa che la gente, il pubblico sovrano!, aveva il diritto di essere informato. Davvero disgustoso. Provando a rispondere alla domanda, ecco, mi viene in mente che forse basterebbe raccontare filologicamente, correttamente, cronologicamente, crudamente, dietro le quinte inclusi, una puntata a caso dell’Isola dei Famosi o di Uomini e Donne. Più specchio dell’Italia (di oggi) di quello…

(L.B.): E’ ancora valida la sua auto-definizione di scrittore auto-referenziale?

(G.B.): Lo dicevo prendendomi un poco in giro. Il senso sarebbe effettivamente un altro. Ovvero. Io (e l’ho capito dopo una serie di tentativi, prove, esperimenti più o meno riusciti, fallimenti, ecc.) riesco a raccontare solo le cose che conosco bene, anzi, più che bene. Partendo dal mio circostante, insomma, riesco ad allargare lo sguardo e a scrivere e raccontare cose che, pur se molto personali, accomunano e (perlomeno lo spero) interessano anche altre persone. Ci ho ragionato un po’, su questo. E in effetti, negli ultimi sei, sette anni, è come se avessi scritto (stessi scrivendo), più o meno inconsapevolmente, un lungo diario ininterrotto, diario che a suo modo, è andato a toccare gli eventi più o meno salienti – definiamoli degni di venir raccontati – della mia vita. A partire dall’esperienza delle scuole di scrittura (ma più in generale della vita agra di un aspirante scrittore), passando attraverso il luogo di lavoro (gli uffici pubblici, nei quali lavoro, sono il regno del paradosso e del grottesco), la nascita di mia figlia, la scomparsa di mio padre e altro ancora. Ogni situazione, ogni avvenimento, un piccolo grande pretesto paradigmatico per raccontare alcuni piccoli grandi temi della mia vita (ma, allargando lo sguardo, in maniera centripeta, potenzialmente, di ognuno di noi). Insomma, per spararne una un po’ grossa, concedetemela, ecco, è come se vivessi la vita (anche) per raccontarla.

(L.B.): A quando il prossimo lavoro “su carta”? Da quello che mi risulta sono molti gli estimatori in attesa…

(G.B.): Anzitutto fa molto parecchio piacere sapere di avere estimatori, lo dico col cuore gonfio di gioia e gratitudine. Per uno che scrive, già, sono soddisfazioni, e non sto scherzando. Effettivamente, dall’uscita del mio primo romanzo (potrei anche dire unico, ma suona molto peggio, già), son trascorsi, ridendo e scherzando, cinque anni. Tra poco festeggio il compleanno, ora che mi ci fa pensare. Pur avendo venduto non molto (potrei dire poco, ma anche qui suonerebbe male, già già), ecco, è curioso che se ne continui a parlare e che ci siano persone che ancora adesso lo leggano (cercandolo e trovandolo solo su internet o in qualche mercatino). Detto questo, ho in lettura, preso alcune case editrici, alcuni miei lavori, senza alcun dubbio molto belli (me lo dico da solo, per tirarmi un poco su), ma di difficile definizione e collocazione (li definirei romanzi/non romanzi). Resto in attesa, fiduciosa, come sempre. L’ottimismo resta il sale della vita, dopotutto. Certo che, dipendesse da me, manderei tutto in stampa anche domani… Nel frattempo, pubblico le mie cose  sul mio blog Piani Alti, cultura bassa, qui: http://giuseppebraga.wordpress.com/


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