Vincent, 25 enne poliziotto , preferisce la balistica e lo studio di nuove pallottole da fabbricare all'azione e ai gruppi operativi di cui non intende far parte perché di temperamento solitario e schivo. Preferisce fare l'istruttore di tiro e il consulente ma quando conosce il poliziotto corrotto Milo Cardena viene tirato dentro una guerra tra diverse fazioni di poliziotti, una guerra sangunosa che vede implicato anche il suo superiore, il comandante Chavez e che lo costringerà a venire a patti con il suo lato più oscuro.
Per sopravvivere dovrà passare per forza all'azione.
Colt 45 è un film diretto da quel diavolaccio belga di Fabrice Du Welz , uno che si è scavato un bel solco nella memoria di un cinefilo militante come il sottoscritto con opere come Calvaire, Vinyan e Alléluia ( che trovate ambe-tre recensiti sul blog da qualche parte).
Teoricamente Colt 45 è stato realizzato prima di quest'ultimo ma varie vicissitudini produttive con annessa una post produzione in cui pare che Du Welz non abbia partecipato hanno reso il progetto più travagliato e gli hanno fatto vedere la luce dopo Alléluia.
Se dovessi definire in maniera tranchant un film come questo direi che è un'entrata a gamba tesa ( o a piedi uniti fate un po' voi, ma di quelle spaccacaviglie) nel genere del polar francese tanto caro agli spettatori di Oltralpe e figlio di quell'hardboiled che vede la sue radici oltreoceano.
Si vede un po' meno la mano autoriale del regista belga in una storia lineare nel suo essere torbida, fatta di azioni e reazioni ( anche sproporzionate se vogliamo), una sorta di furia beluina e primigenia che mette da parte sottotesti , riletture e sbriciatine tra le righe dello script.
Qui si narra principalmente della discesa nell'abisso di Vincent , uno che non ci ha mai voluto mai gettare uno sguardo dentro a quell'abisso, uno che ha sempre preferito gli studi, fabbricare pallottole, starsene chiuso nel suo antro da solo con il suo piombo e le sue traiettorie ellittiche.
Ebbene quando Vincent uno sguardo lì dentro ce lo butta, costretto da Milo Cardena, l'abisso guarderà dentro di lui e verrà fuori un altro tipo di poliziotto.
E il sangue zampillerà copioso.
Colt 45 è un polar moderno , alla Marchal per intenderci, ha una visione del genere assai vicina a quella proposta al pubblico dal grande Olivier.
La polizia è un nido di serpi letteralmente stracolmo di banditi che si trincerano dietro l'egida dell'uniforme e del ruolo di tutore della legge.
Cosa già vista ampiamente in 36 Ouai des Orfevres ( film che a mio parere viene ampiamente citato ) oppure in quella misconosciuta serie poliziesca sempre d'Oltralpe, Braquo, creata dallo stesso Marchal.
A prima vista Colt 45 è il film meno personale di Du Welz anche perché si inoltra in lidi a lui sconosciuti fino ad ora nella sua carriera da regista, forse non è all'altezza degli altri ma per sua stessa ammissione dopo il flop commerciale di Vinyan aveva bisogno a suo modo di riconciliarsi col pubblico e con la sua idea di cinema popolare, cinema che ha sempre amato.
Ma è una full immersion senza compromessi di alcu tipo in un genere che qui a bottega viene gradito moltissimo: un film duro, cattivo, livido come la sua fotografia virata verso tonalità plumbee, con una sfilata di volti noti del cinema francese di genere che non fanno altro che aumentare il gradimento per una pellicola che fila via come una schioppettata per gli 85 minuti della sua durata.
Un po' come le traiettorie delle pallottole studiate dal giovane Vincent che non esita a sporcarsi le mani col sangue quando necessario.
Ecco , la metamorfosi del suo personaggio, abbastanza improvvisa e priva di quelle sfumature che ne avrebbero descritto meglio il travaglio è la parte del film che si digerisce meno.
E' difficile immaginare un cambiamento così repentino, la trasformazione in un assassino senza scrupoli di un uomo che rifiuta quasi il contatto fisico e che preferisce starsene rinchiuso nel suo poligono di tiro piuttosto che ritagliarsi un qualsiasi ruolo operativo.
Ma forse, tornando al discorso di prima è l'abisso che guarda dentro di te, è l'abisso bellezza!!!
PERCHE' SI : scene d'azione ben concepite, un gruppo di facce troppo giuste, ritmo invidiabile, citazioni del mio amatissimo Marchal come se piovesse.
PERCHE' NO : la trasformazione di Michel è un po' troppo repentina, viene qualche dubbio sulla verosimiglianza della trama ( possibile che questi poliziotti possano fare il comodo loro in questo modo?)
LA SEQUENZA : le sessioni di tiro, il primo incontro con Milo Cardena.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Nel polar francese si pesca sempre bene.
L'esame di Du Welz alla prova con un film non horror è decisamente superato.
Perchè i polizieschi francesi sono così cazzuti mentre quelli nostri risultano sempre o quasi mosci e poco credibili?
Ma quanto è inquietante la faccia di Joey Starr?
( VOTO : 7 + / 10 )