Lo spettacolo si chiama Coluche&Renaud ma in realtà è solo di Michel Colucci, in arte Coluche, che Giangilberto Monti e Daniele Biacchessi vogliono parlare e cantare. Al teatro Verdi di Milano fino all’ 8 Febbraio potete assistere alla mise en scène della vita del grande comico satirico francese.
Nato in povertà, ribelle sin da piccolo, insofferente nei confronti delle regole e della disciplina, Coluche comincia come cantante in alcuni bar della capitale, affiancando altri artisti, ma la sua voce al pubblico proprio non piace. Da sempre iper critico nei confronti del potere e del governo, Coluche non abbraccia una fede politica e spara a zero su tutti, evidenziando i vizi e le zone d’ombra d’ogni partito: è così che esplode la sua vena satirica, che associata alla sagace irriverenza, ne farà un comico irresistibile.
Daniele Biacchiessi parla a nome di Coluche, raccontandone la vita piena di alti e bassi e di sbandate, tante per le donne quante per le droghe, una vita passata sperperando soldi e regalando amare perle di saggezza e d’avvedutezza ad amici sprovveduti e politici bastonati. Mentre Biacchiessi racconta, Giangilberto Monti gli va dietro con la voce, intervallando la narrazione con delle divertenti chansons, accompagnato alle percussioni da Paolo Rigotto. Seguono pedissequamente e in modo un po’ didascalico la vita di questo scapestrato comico, perennemente incazzato con tutti, uno che non le mandava mai a dire, né a destra né a sinistra, censurato per volgarità e tacciato di antipatia. Un vero anarchico e anticonformista che, per puro divertissement, perché pare che l’idea sia venuta dalla domanda di un giornalista, nel 1981 si candidò alle elezioni presidenziali, riscontrando anche un certo successo tra gli elettori.
Ça vous rappelle quelqu’un? Très bien, perché l’incontro-scontro con un altro comico politico non è solo una vostra associazione mentale: Beppe Grillo e Coluche si conobbero e lavorarono insieme, per un film di Dino Risi, Scemo di Guerra (e del resto già Freccero li aveva accomunati).
Coluche lavorò in radio, in tv, nel cinema, si esibì nei bar e nei cabaret (il bar de la Gare fu il suo trampolino di lancio) e Renaud fu un suo caro amico, forse uno dei pochi veri che abbia incontrato, perché il nostro aveva un talento infallibile nel circondarsi da derelitti e approfittatori, sia maschi che femmine. Un personaggio complesso, iper carismatico, indefinibile: neanche la parola anarchico può rinchiuderlo.
La sua morte arriva di colpo, improvvisamente, all’infame: tranciato da un camion mentre correva libero con la sua moto. Una casualità incredibile e assurda, cui Renaud dedica una canzone Putain de Camion, scioccato da questo evento imprevedibile e su cui pare aleggi ancora qualche dubbio.
Spettacolo che arriva con grande tempismo, dopo la strage di Charlie Hebdo, giornale molto amico di Coluche, e che solleva dubbi circa la curiosa e similare parabola politica con il Grillo italiano; e che forse non rende abbastanza giustizia a Coluche, che resta da approfondire. Ma del resto incastrare un essere umano in una storia scritta è un’impresa ardua, specialmente se parliamo di qualcuno dal carattere così invasivo come Coluche. Si può solo tratteggiare, riprendendo le sue sparate e le sue provocazioni, e magari, cantare, in suo onore.