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Com’è che era? Il fine giustifica.. ?

Creato il 15 maggio 2011 da Ilcasos @ilcasos

Brava gente, quest’oggi ci occupiamo di uno fra i nostri più illustri compatrioti: Niccolò Machiavelli, in arte Segretario fiorentino.

machiavelli

Niccolò Machiavelli

Quante volte avrete sentito il saccente di turno declamare il famoso motto «il fine giustifica i mezzi», attribuendolo al famigerato Niccolò Machiavelli! Ebbene Italiani di tutto il mondo, S. è qui per darvi modo di dare una bella bacchettata di mani metaforica per i vostri amici pedanti.

Signore e Signori, Machiavelli … non l’ha semplicemente mai detto!

Utilizzando le più moderne tecniche offerte da quei geni della Silicon Valley, qualsiasi filologo politico o storico in erba potrà constatare la totale infondatezza dell’aforisma:

  1. Basta cercare sul web l’opera omnia del nostro
  2. Svolgere una banale ricerca di parole nel testo digitando “il fine giustifica i mezzi” – o più “machiavelliche” combinazioni dei fini e dei mezzi
  3. Constatare che non c’è alcun risultato!

Ora che il mito è sfatato, lasciateci raccontare in pochissime righe – che potrete riutilizzare a libero piacimento – la causa di tale comune errore.

Qualsiasi sintesi rischia di essere lacunosa, ma si da il caso che «il fine giustifica i mezzi» de facto vilipenda il pensiero politico di questo autore spesso odiato tra i banchi di scuola.

Una “giustificazione” dell’agire politico non è infatti contemplata nella weltaschaung[1] machiavelliana. L’idea che un’azione politica, la commisurazione dei mezzi al conseguimento dello scopo, possa essere giustificata lascia infatti supporre l’esistenza di una morale, in base ai cui canoni commisurare l’agire umano. Beh, Machiavelli spese le sue più aspre parole proprio per criticare quanti applicavano (o pretendevano retoricamente di farlo) i principi della morale cattolica alla gestione della cosa pubblica!

Mentre la filosofia politica della Scolastica[2] , infatti, si era fondata sul riconoscimento dei dogmi biblici e dei padri della Chiesa, le dottrine politiche da Machiavelli in poi si emancipano dalle categorie del pensare teologico ed ecclesiologico.

In questa ottica, si può comprendere come anche l’uso di “Fine” sia latore di facili dubbi: ci può forse essere per un satanasso come il Fiorentino un Fine, magari anche ultimo? Certo che no, il buon governo che Machiavelli deduce grazie al suo metodo di indagine storica e politica (basato sui modelli del passato e sull’esperienza) non ha, infatti, alcuna tensione teleologica[3].

Vale la pena ricordare che Machiavelli, almeno quello che ci parla dalle pagine del Principe, fu tecnico della politica, un burocrate diremmo oggi, è la sua non è che una descrizione pragmatica de «la verità della materia».

In sintesi, il motto così come formulato contiene un sedizioso giudizio di valore che per nulla sarebbe calzato nel gergo e nello stile del nostro pensatore moderno. Una versione più vicina è l’economichese “scelta dei mezzi più adeguati al conseguimento dello scopo”; ma, sebbene sia da riconoscere alla Microeconomia grande fascino e capacità di comunicazione (!), ci sembra molto improbabile che questa formulazione riesca a scalzare l’ormai difusissimo adagio mendace.

Per dare un’attenuante ai saputelli sopra citati, però, è opportuno ricordare che la coniazione dell’apodittica[4] è avvenuta sullo strascico del cosiddetto machiavellismo, un atteggiamento psicologico e politico che, sebbene da esso ispirato, non è che un lontano e prodigo nipote del pensiero di Machiavelli e dei suoi epigoni, che non è machiavellico, bensì machiavelliano.

È machiavellico, al contrario, quanto si è sviluppato all’ombra della nuvola fantozziana che ha svolazzato sull’opera del Segretario dopo la sua condanna postuma all’Indice dei libri proibiti. Un ambito, quello del machiavellico, che ha finito per identificarsi nel linguaggio comune di tutto il mondo con “furbizia” e “spregiudicatezza”.
La condanna senza appello della produzione machiavelliana (scritta «con il dito di Satana» come ebbe a dire un contemporaneo), avvenuta nei territori sotto la giurisdizione del Sant’Uffizio romano sin dal 1559, legò la fortuna di quest’ultima a versioni più o meno snaturate e legittime ed a trasmissioni orali.

La brachilogia[5] in questione, alla fine dei conti, è quindi figlia naturale del machiavellismo, tanto storico quanto quel diavolaccio di un fiorentino.

Rendiamone atto a tutta la brava gente di Italia!

Fra la sconfinata letteratura che smentisce il luogo comune, ci sembra il caso di indicarvi un testo scorrevole ma denso di significati. Si tratta di «Anglo American faces of Machiavelli», un testo in cui i professori partenopei Arienzo e Borrelli ricostruiscono il successo di questa brava gente nelle terre anglosassoni. Per saperne un po’ di più sulla vicenda di Machiavelli all’Indice nel belpaese e nella patria del Quijote e della Paella, vi suggeriamo l’omonimo «Machiavelli all’Indice fra Italia e Spagna».

Note   (↵ returns to text)
  1. un germanismo che altro non significa che visione del mondo.↵
  2. leggi Medioevale.↵
  3. bel termine di derivazione greca che sta per “finalismo”.↵
  4. in altre parole di questa soluzione dimostrativa.↵
  5. simpatico termine che altro non significa che ragionamento spicciolo↵

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