Sarebbero decine, se non centinaia, i volontari musulmani che hanno lasciato le loro case nei Balcani per unirsi ai guerriglieri siriani che combattono contro Bashar al-Assad.
Secondo un’inchiesta del quotidiano elvetico Le Temps infatti svariate decine di giovani islamici aspiranti combattenti sono partiti da Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania e Serbia meridionale al fine di arruolarsi tra le file della resistenza siriana.
Raggiungere la Siria dalla penisola balcanica infatti non è particolarmente complicato: dopo essere arrivati ad Istanbul, i guerriglieri si dirigono verso la città di Antiochia, che si trova nella Turchia meridionale sul confine siriano, dove, con l’aiuto dei ribelli, attraversano il valico di Bab al-Hawa, già più volte preso di mira dai bombardamenti delle forze governative, ed entrati in Siria possono finalmente arruolarsi tra i ranghi del gruppo di insorti di Jabhat al-Nusra, la succursale locale di al-Qaida.
Benché i numeri riguardanti le partenze per la Siria non siano confermabili è invece certo che il fenomeno è reale; nei loro paesi di origine infatti si ha già notizia dei primi caduti in combattimento, già elevati al rango di martiri dagli estremisti islamici che affollano alcune regioni dei Balcani, come ad esempio il Kosovo, e che già in passato si sono resi protagonisti di atrocità compiute contro la popolazione civile, specialmente durante la guerra con cui venne smembrata la Jugoslavia tra il 1991 ed il 1995 e nel biennio ’98-’99 proprio in Kosovo.
Lo stesso genere di guerriglieri che ieri ha combattuto i serbi, oggi si sta invece dirigendo in Medio Oriente per rovesciare il già destabilizzato governo di Bashar al-Assad, probabilmente utilizzando gli stessi sistemi di due decenni fa.
L’incitamento alla guerra santa arriva oggi da internet: è infatti attraverso siti di ispirazione wahabita, un movimento islamico radicale, che vengono arruolati i nuovi combattenti da inviare in Siria, sostenuti economicamente da donazioni di ricchi islamici residenti nella penisola balcanica e dal flusso ininterrotto di denaro che arriva dal Qatar.
Ci sono però anche le voci di chi è contrario all’invio di questi guerriglieri, come quella del leader islamico radicale Ahmed Kalaja, albanese, che incita i giovani che fossero intenzionati a partire a non lasciare le loro case, dati i già cinque loro connazionali uccisi in territorio siriano: “Questa non è la guerra degli albanesi e l’opposizione siriana è divisa. Inoltre un musulmano non può andare a combattere senza l’accordo dei genitori. Ora, quale sarebbe il padre albanese che permette ai suoi figli di andare a combattere in Siria?”.
Così come le forze dell’Armata Popolare Jugoslava di Milosevic, anche le truppe che sostengono il presidente Bashar al-Assad si trovano quindi a combattere contro ribelli islamisti balcanici, probabilmente i figli di quegli stessi guerriglieri macchiatisi dei numerosi crimini perpetrati negli anni delle guerre jugoslave e che, dalle poche notizie che giungono dai combattimenti nelle città siriane, non sembrano aver cambiato i loro metodi.
Combattenti islamici dai Balcani in Siria. Con alle spalle storie di massacri
Creato il 03 giugno 2013 da Giacomo Dolzani @giacomodolzaniPossono interessarti anche questi articoli :
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