Ieri si è concluso il torneo tennistico combined [1] di Roma, evento che appartiene al circuito dei Master 1000 (dopo i quattro Slam, i tornei più importanti). Tra la vanagloria degli organizzatori, che ossessivamente ripetono che Roma vuole il Quinto Slam [2] a ogni conferenza stampa per sottolineare il grande successo, la crescita della manifestazione e le lamentele dei giocatori nei confronti di un campo centrale goffamente costellato di buche – pare che la superficie sia stata preparata in ritardo –, si è arrivati alla finale del torneo maschile tra Novak Djokovic e Roger Federer.
LA STRATEGIA PRIMA DEL MATCH - Numero 1 contro 2 del ranking, era la miglior finale possibile. La loro sfida, liberatasi da ogni complesso di inferiorità rispetto alla grande rivalità tra Federer e Nadal, è ormai un classico del tennis contemporaneo. Il bilancio tra loro vedeva davanti l’attuale numero 2 in un serrato 20-18, e lo stesso equilibrio si aveva contando i match disputati sul rosso: 4-3 per il basilese.
Nelle loro rispettive semifinali hanno agilmente disposto dello spagnolo Ferrer (il punto più bello del match lo trovate qui) e del connazionale Wawrinka. In particolare, Federer ha messo in mostra un gioco brillante con sequenze come quella qui sotto.
Era prevedibile che il match si sarebbe giocato sull'asse servizio di Federer contro la risposta di Djokovic: il serbo ha infatti la miglior risposta del circuito e forse di sempre, e per Federer era obbligatorio risolvere questa difficoltà a suo favore con un’alta percentuale di prime palle per non essere attaccato sulla seconda e/o costretto allo scambio lungo.
INIZIA L’INCONTRO: IL PRIMO SET 6-4 Djokovic - Federer vince il sorteggio e sceglie di non scegliere: Djokovic si prepara al servizio. I primi due turni di servizio per il serbo scorrono senza problemi: Federer riesce a ottenere soltanto un punto, quello del 40-15 nel primo game, con una risposta vincente. Lo svizzero in risposta si posiziona sia sulla prima che sulla seconda molto vicino al campo. Djokovic, da par suo, sembra poco propenso a scambiare e si presenta due volte nei pressi della rete per chiudere con il dritto.
Al servizio Federer mostra idee molto chiare: abbrevia lo scambio con repentine discese a rete, volée e demi-volée fanno parte del repertorio. Djokovic risponde ancor più vicino al campo rispetto a quanto faccia il suo avversario, soprattutto sulla seconda di servizio.
Sul 2-1 Djokovic ci sono le prime difficoltà on serve per lo svizzero: si arriva ai vantaggi dopo un paio di risposte micidiali del serbo. Con un bel rovescio lungo linea Federer chiude il game, two all.
Il match in questi primi minuti si sviluppa nella maniera prevista, e l’unica particolarità è data dall’alta temperatura (circa 30°) che rende la terra insolitamente veloce e il rimbalzo ancora più alto.
Il punto che chiude il 5° game per Djokovic testimonia le difficoltà che il serbo propone in questo periodo ai suoi avversari: serve una seconda esterna da destra, un classico slice sul quale Federer si avventa abilmente impattando con il diritto in posizione avanzata. Il lungolinea che ne esce non è profondissimo, ma è abbastanza per mettere in difficoltà l’avversario. Non Djokovic, però. Questi si raccoglie in un lasso di tempo brevissimo e riesce a coordinarsi per colpire di rovescio e scagliare la pallina rapidamente dall’altra parte della rete, profonda abbastanza da obbligare Federer a passare da una possibile azione d’attacco a una difensiva.
Ora è il serbo che comanda, che gioca al tergicristallo con Federer scagliando un paio di diritti molto carichi di topspin. Lo svizzero recupera con alcuni chop – il dritto tagliato verso il basso, tipico dei recuperi verso destra – ma gioca sempre più corto. Nole chiude il punto con uno splendido drop shot di rovescio, uno dei suoi marchi di fabbrica.
Morale della favola? Quando Federer – e qualsiasi altro giocatore – tenta di aggredire in risposta Djokovic, la palla ritorna così in fretta e profonda da non consentire alcuna manovra d’attacco. O si prova la via della rete – ma la palla torna indietro troppo rapidamente, in molti casi – o si gioca come ha fatto Federer in questo passaggio e si spera nell’errore del serbo. Che non arriva (quasi) mai.
La partita continua a seguire l’andamento del servizio e arriva brevemente sul quattro pari. Entrambi i giocatori stanno servendo alla grande: Nole ha il 73% di prime palle in campo e Federer addirittura il 74%. Tenendo conto che lo svizzero spinge di più del serbo con questo fondamentale, questo dato lo premia ancor di più. C’è un dato preoccupante per Federer: ha vinto un solo punto sulla prima dell’avversario. Il break, se Nole continua così, rimane una chimera.
THE SLIDING DOORS: ALL’IMPROVVISO UNA PALLA BREAK - Servizio Djokovic, 40-40. Nole serve una seconda da destra sul rovescio dello svizzero che risponde tagliato sulla sinistra dell’avversario fintando un chip and charge, la presa della rete dopo una risposta corta e tagliata – uno schema da erba che Federer riesce spesso a replicare anche su una superficie lenta come la terra. Federer ha però un attimo di incertezza, probabilmente perché la risposta è rimasta un po’ lunga per avventurarsi a rete, e allora resta a fondo campo, pronto per incominciare il braccio di ferro. Il punto è delicato, e lo svizzero sa che il suo avversario farà di tutto per impostare lo scambio sulla diagonale rovescio-rovescio, essendo quello il colpo meno buono di Federer. Come da previsioni, Nole colpisce in allungo verso la sua destra, stuzzicando il rovescio a una mano di Roger. Colpisce però corto lasciando il tempo a Federer di spostarsi a sufficienza sulla sua sinistra per cominciare a martellare con il suo colpo migliore.
Ora il gioco è in equilibrio perché Federer gioca l’inside out di dritto in diagonale pescando il rovescio di Nole. Un colpo molto bello e solitamente efficace perché la palla acquista immediatamente peso (velocità e spin). E uno, e due, al terzo rovescio Djokovic prende la riga di fondo mettendo in difficoltà Federer, che è costretto a colpire saltando all’indietro. Gioca corto, ma Nole non ne approfitta rimettendo un altro rovescio centrale, e allora è Federer a cambiare direzione allo scambio, mirando verso il diritto di Djokovic. Il colpo è carico di topspin, non profondissimo ma violento. Djokovic stecca e Federer va a palla break.
Niente da dire, esecuzione dello scambio magistrale da parte sua: quando si muove con il dritto, quasi mai lo fa vanamente. I due giocano subito dopo uno scambio lungo, da 20 colpi, e Federer non tiene in campo il recupero in back al quale era stato costretto da un Nole che premeva con il suo diritto sul rovescio svizzero. La palla break sfuma e poco dopo anche il game.
Qualche minuto dopo, Federer è portato ai vantaggi da Djokovic. Al secondo deuce (pari 40), Djokovic tira fuori una risposta simile a quella famosa dello Us Open 2011 e si procura un set point. Al punto successivo, dopo uno scambio lungo e intenso, Federer manda in rete un rovescio coperto e il set se lo aggiudica il serbo per 6-4.
Questo sport è crudele ma ha una sua logica: a Federer non è bastato un 72% di prime palle in campo, e nel game in cui ha subito il break ha servito soltanto due volte la seconda. Ci sono pochi dubbi: i meriti vanno ricercati al di là della rete, nella metà campo serba. Djokovic riesce a tenere agilmente i propri game di servizio e a mettere sotto pressione lo svizzero in quelli di risposta. Federer non poteva pensare di tenere un match basato su scambi medio-lunghi e ha agito di conseguenza: il suo problema è stata l’incapacità di insinuare qualche dubbio all’avversario con la risposta.
IL SECONDO SET 6-3 Djokovic - Il secondo set si apre come si era chiuso il primo: Federer perde il servizio. 2-0 Djokovic. Da segnalare una palla break salvata dallo svizzero con un lungolinea di rovescio semplicemente impossibile. Anche questa situazione evidenzia le difficoltà di Federer. È vero, ottiene il punto: ma come? Con una prodezza balistica a cui era stato costretto da una delle solite risposte di Djokovic. Se per fare un punto Federer ha bisogno ogni volta di “estrarre un coniglio dal cilindro” è chiaro che il match non andrà lontano.
Sul servizio di Djokovic non si gioca più e anzi, il serbo ha ancora una palla break in un momento in cui il dato della prima di servizio svizzera segna un misero 31%. Federer si salva con il 7° ace, e sale sul 3-1.
Il match regala ancora qualche perla: un diagonale di diritto in corsa di Djokovic sul 4-1 40-0 Federer (questo), un colpo che per quasi tutti sarebbe eseguito in recupero ma che, data la velocità del serbo, si sviluppa in piena spinta. O, ancora, nel game precedente, una bella sequenza risposta lungolinea di diritto-schiaffo al volo-volée di Federer.
Il match è ancora gradevole, ma ha perso il pathos del primo set. Nell’ultimo game c’è ancora spazio per un diritto violentissimo in risposta dello svizzero e un recupero incredibile in controbalzo di Djokovic, cui segue il tentativo, da parte di entrambi, di prendere il centro del campo con il diritto e costringere l’altro nell’angolo del rovescio. Sembra riuscirci Nole, ma Federer trova un bel rovescio coperto con un movimento ultrarapido del braccio, sorprendendo un po’ Djokovic, che si trova costretto a giocare un diritto conservativo (traiettoria alta) e senza pretese. Federer vi si avventa con un altro diritto, carico e stretto, sul quale il serbo arriva in ritardo mandando la palla lunga.
Questo è l’ultimo punto ottenuto da Federer; poco dopo Djokovic chiude 6-4 6-3 in un’ora e quindici minuti e vince il torneo di Roma per la quarta volta in carriera [3].
IL GIUDIZIO FINALE - Djokovic ha vinto e convinto, come del resto in tutta la stagione (già cinque trofei vinti, gli Open d’Australia e quattro 1000). In serie positiva da 21 partite, in questo momento il serbo scende in campo con una fiducia nel proprio gioco che gli permette di scegliere lucidamente ogni sua mossa, anche in una partita tesa che si decide in pochi punti (quale è stata quella di oggi per tutto il primo set).
Se a ciò si unisce una condizione fisica ineccepibile – e attenzione! perché nessuno sembra davvero riuscire a portare Nole al limite – il gioco è fatto: difficile trovare qualcuno in grado di batterlo su terra. Forse Murray, ritiratosi qui al secondo turno; di certo non l’ultimo Nadal.
Il Federer ammirato a Roma è stato ottimo – pur con un gioco sempre meno terraiolo fatto di discese a rete e piedi dentro il campo, ma è comprensibile data l’età. Oggi non ha niente da recriminare. Ha perso da un tennista attualmente più forte. Sull’erba sarà certamente competitivo.
Djokovic nel frattempo punta Parigi, dove la prossima settimana si sposterà il circuito, per chiudere il Grand Slam Career, la vittoria dei quattro tornei dello Slam in carriera.
Maurizio Riguzzi@twitTagli
[1] Il termine indica la contestualità dei tornei maschile e femminile. Quest’ultimo ha visto la vittoria della tennista russa Maria Sharapova sulla spagnola Carla Suarez Navarro in tre set.
[2] Un’annosa polemica legata al fatto che non tutti i tornei della categoria 1000 sono trattati ugualmente dall’ATP: in particolare, i tornei nordamericani di marzo (Indian Wells e Miami) godono di uno status speciale e durano praticamente 2 settimane – come uno Slam –, mentre tutti gli altri 1000 hanno il vincolo dei 7-8 giorni.
[3] Non senza però un momento thrilling. Al momento della premiazione, durante il rito della bottiglia di champagne stappata, il tappo è partito improvvisamente ferendo Djokovic poco sopra l’occhio sinistro. Djokovic, dopo i primi sorrisi pubblici, ha chiesto spiegazioni per l’accaduto e sembrava anche piuttosto infastidito.