“Il sogno americano è made in China”
Basterebbe questa battuta per fornire sintesi ed epilogo di “Come ammazzare il capo 2”. Nella storia del cinema, si sa, i sequel tendono ad essere pallidi ectoplasmi dei predecessori che ne rendono possibile la realizzazione. Caso vuole che “Come ammazzare il capo e vivere felici” - commedia dalle qualità dubbie che, eccezion fatta per il cast, si perde in una trama sfilacciata e gag raramente divertenti - nella proprio seguito diventi, invece, un film godibile che beneficia di ritmo, freschezza e canzonatura grottesca che, mancando, rendevano il prequel un prodotto più televisivo che altro - ad aggiungere prestigio alla cerchia di attori, qui, troviamo un geniale Christoph Waltz-. Si va dunque, come facevamo cenno sopra, ad addentrarsi nelle sabbie mobili sociali/economiche coadiuvate, troppo superficialmente nel primo capitolo, dalle figure dei tre protagonisti - borghesi piccoli piccoli – in primis, per sprofondare poi, in un quadro di matrice probabilmente inconscia - o, perlomeno, indotto da agenti esterni che influenzano le più recenti commedie americane - nell’immaginario degli “squali” che, in branco, ruotano attorno alla preda per poi dilaniarla. Anche senza dare troppo peso alle considerazioni, da prendere con le pinze, fatte in questa sede, “Come ammazzare il capo 2” risulta una commedia ben fatta che, a differenza del capitolo uno, raggiunge pienamente la sufficienza.
Antonio Romagnoli